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Intervenendo in Vaticano al Seminario internazionale organizzato dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace sul tema “Cambiamenti climatici e sviluppo”, il professor Antonino Zichichi, Presidente della World Federation of Scientists, ha spiegato l'origine naturale dei cambiamenti climatici.
L'illustre scienziato ha infatti sottolineato che l’intervento delle attività umane influisce per meno del 10% e che i modelli utilizzati dall’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change, Commissione ONU fondata nel 1988) per simulare e prevedere i cambiamenti climatici sono incoerenti e non validi dal punto di vista scientifico. Con una argomentazione precisa e scientificamente dettagliata, il professor Zichichi, che è anche membro della Pontificia Accademia delle Scienze, ha prima spiegato quali sono le basi matematiche del metodo scientifico, dopodiché ha precisato che i modelli matematici utilizzati dall’IPCC non rispondono a questi criteri.
A questo proposito il professor Zichichi ha ricordato che nei volumi dei Seminari Internazionali svoltisi a Erice (Sicilia) nel 2004, 2005 e 2006, i modelli utilizzati dall’IPCC sono stati puntualmente criticati per l’approssimazione scientifica.
Secondo lo scienziato l’IPCC ha utilizzato “il metodo del 'forcing' [forzatura] per arrivare alle conclusioni che le attività umane producono variazioni meteorologiche”.
Il Presidente della World Federation of Scientists ha quindi affermato che sulla base delle attuali conoscenze scientifiche “non è possibile escludere che i fenomeni di cambiamento climatico possano essere di origine naturale” e che è plausibile che “l’uomo non c’entri niente”. A tal proposito Zichichi ha spiegato come il motore della meteorologia dipenda da fenomeni naturali come per esempio “l’energia inviata dal sole e le attività vulcaniche che sputano lava e una enorme quantità di sostanze in atmosfera”. “Le attività umane incidono in questo sistema per un massimo del 10%”, ha continuato lo scienziato.
Guardando alla storia del pianeta, Zichichi ha ricordato che 140 milioni di anni fa Oslo e San Pietroburgo sarebbero state parte del circolo polare artico. Che lo stesso polo nord 280 milioni di anni fa copriva zone dove adesso si trova il canale di Suez, Lhasa in India e Houston in Nord America. Nello stesso tempo però bisogna ricordare, ha continuato, che in mezzo milione di anni la terra ha perso per quattro volte il polo nord ed il polo sud. Per quattro volte i poli sono scomparsi e poi si sono riformati.
Il Presidente del World Federation of Scientists ha infine detto di non essere per nulla convinto che il riscaldamento del pianeta sia dovuto all’aumento delle emissioni di anidride carbonica prodotte dalle attività umane, perché i cambiamenti climatici dipendano in maniera più significativa dal flusso di raggi cosmici.
(Città del Vaticano, 26 aprile 2007)
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