La storia e i suoi grandi personaggi - Capitolo XVI
Cosa significano Umanesimo e Rinascimento.

I termini "rinascenza" e "Rinascimento" derivano dal verbo "rinascere", infatti si diceva che la cultura era morta con le invasioni barbariche e la caduta dello Impero Romano, e rinasceva solo allora, dopo mille anni. La espressione "Età Media" - che oggi noi pronunciamo con tanta venerazione- fu coniata allora dagli umanisti per designare, in modo spregiativo, i secoli a loro anteriori, dalla caduta di Roma, come un periodo meramente di intermezzo fra due ere di apogeo dell'umanità, il mondo antico e la loro stessa epoca. Il Rinascimento è, per così dire, l'espressione artistica dell'Umanesimo, movimento filosofico e culturale che fu caratterizzato dall'abbandono degli ideali medievali e dalla adozione di principi pagani della vita e del pensiero. La espressione deriva da "humanes", che significa "colto", "erudito". Ben inteso, "colti" ed "eruditi" erano solo coloro che veneravano gli autori pagani. Gli altri erano chiamati "barbari". Anche il termine "gotico" sorse nel Rinascimento, ed era impiegato spregiativamente, per indicare l'architettura medievale, che, non essendo ispirata ai modelli greco-romani, era considerata opera di barbari, di "goti". Questo movimento fu una vera rivoluzione intellettuale, e può essere considerato uno dei segni iniziali dei tempi moderni.
Origine e cause.

Nel secolo XIV comincia ad osservarsi, nell'Europa cristiana, una trasformazione di mentalità che nel corso del secolo XV diviene sempre più nitida. Alcuni esempi caratteristici illustrano bene la direzione che la società cominciava a prendere allora. I romanzi di cavalleria presentano un ideale di cavaliere ben differente dalla concezione del guerriero cattolico, la cui figura fu immortalata nelle canzoni di gesta (poemi epici in cui erano narrati fatti di grandi guerrieri cristiani; la più famosa di esse è la "Chanson de Roland" che racconta un episodio della storia di Carlo Magno e dei Dodici Pari di Francia nella lotta contro i saraceni spagnoli). Il cavaliere dell'epoca d'oro del medioevo è un crociato. Lotta per una causa che ha sempre relazione con la Chiesa. Ciò che caratterizza il suo spirito è l'abnegazione, la rinuncia. Lotta, ma per amore della Croce.
Nel romanzo di cavalleria, il cavaliere smette di essere un idealista, per diventare un vanitoso. Si cominciano a raccontare favole assurde, di un cavaliere che con un solo colpo trapassa 5 mori come fossero 5 salsicce. E mentre all'ideale di servire la Croce si sostituisce una vuota manifestazione di forza e di coraggio, nel romanzo cavalleresco appare il sentimentalismo, incarnato dalla figura della dama romantica. Così il fine del cavaliere non è più Cristo, ma attraverso il sentimentalismo quello della sensualità. La dama romantica sostituisce la Croce. La cavalleria comincia ad essere un modo per godere la vita. Le due maggiori passioni dell'uomo, l'orgoglio e la sensualità, sono in movimento: il primo si manifesta nella vanità, nell'ostentazione della forza fine a sè stessa, nella pompa slegata dalla sacralità; il secondo, nella nascita dello spirito di cortigianeria e galanteria.
Nell'architettura si opera la stessa trasformazione. Lo stile gotico muta di aspetto. Nel secolo XIII esso è austero. Nel secolo XIV comincia a sorridere, ed appare il cosiddetto gotico "flamboyant", "fiammeggiante", che si abbellisce di fiori per ogni dove ed assume l'apparenza dei ninnoli. Si direbbe che il gotico cominci a ballare. Nello stesso tempo in cui i costumi e le istituzioni cominciano a paganizzarsi, anche l'architettura diventa allegra, giovialona.
Un nuovo stato d'animo.

L'ammirazione esagerata e non di rado delirante per il mondo antico, servì come veicolo di espressione per il desiderio di godere la vita. Si fece lo studio dell'antichità pagana nella sua arte e nella sua letteratura, si imitarono i modelli classici, considerati la fonte di ogni ispirazione. Si esaltò il dominio esclusivo della ragione, si diffuse l'idea che la conoscenza delle lettere antiche avrebbe reso l'umanità più civilizzata, più fortunata e felice. La scienza e l'arte tentarono di emanciparsi dall'autorità della Chiesa. Le tradizioni medievali furono sostituite dal gusto appassionato per l'antichità. L'anima pagana, disordinata e insubordinata, cercava di vincere la nozione cristiana della vita. Quando analizziamo i punti in cui il Rinascimento si discosta dalla cultura medievale, notiamo che tutti obbediscono a questo impulso: il desiderio di godere la vita.
L'Umanesimo prepara il protestantesimo.
Gli umanisti si dedicarono ardentemente alla ricerca e allo studio delle opere dell'antichità classica.

Dall'umanesimo nacque il Rinascimento letterario. L'espansione dell'umanesimo portò con sé conseguenze molto importanti; infatti, gli umanisti, come si è già detto, ebbero un'ammirazione esagerata per il mondo antico, che cominciò ad essere visto come il modello di tutte le attività umane, non solo culturali, ma anche politiche e sociali. Caratteristica di questo movimento fu, inoltre, l'assenza di preoccupazioni extraterrene, oltre alla maggiore inclinazione a godere la vita: le opere degli umanisti sono segnate a fondo dalla sensualità e dallo spirito pagano e naturalista.
Il libero esame degli umanisti aprì il campo al protestantesimo: mentre alcuni di essi non giunsero a rompere con la Chiesa, altri rifiutarono la sua autorità e si predisposero così alla Pseudo-Riforma protestante o al Libero Pensiero. La grande arma usata dagli umanisti per attaccare la Chiesa fu il sarcasmo. Il più grande maestro di quest'arte fu il tristemente noto Erasmo da Rotterdam, religioso agostiniano, la cui opera più importante è l'elogio della pazzia, nella quale inveisce contro tutte le istituzioni e costumi della epoca. Erasmo ebbe relazioni con Lutero, anch'egli dell'ordine di S. Agostino. Gli umanisti costituirono anche delle associazioni segrete, e molte di esse svolsero un ruolo attivo nella Pseudo- Riforma protestante.
Il Rinascimento in Italia.
Il Rinascimento ebbe origine in Italia e da qui si espanse in tutti i paesi d'Europa. I principali centri di diffusione furono la Roma dei Papi, Firenze e Venezia. Il Rinascimento italiano si espresse dapprima nel campo dell'architettura, con il ritorno ai metodi di costruzione usati nell'arte greco-romana. Lo stile gotico fu abbandonato per tornare alle linee rette dei templi greci. L'arco acuto fu sostituito dall'arco romano e la volta dalla cupola.
L'architetto più notevole fu il Brunelleschi, che costruì la cupola della cattedrale di Firenze. Nella scultura emergono Ghiberti, autore dei bassorilievi delle porte di bronzo del Battistero della cattedrale di Firenze, e Donatello, che introdusse il nudo nella scultura rinascimentale. Ad introdurre il nudo nella pittura fu il Botticelli.

La scuola veneziana divenne famosa per i colori e la luminosità della sua pittura. I suoi pittori erano generalmente paesaggisti; in essa si distinsero Tiziano e Tintoretto. Il primo fu il pittore di Carlo V e lasciò vari ritratti di questo imperatore. Nel campo della letteratura emersero vari poemi, come la "Gerusalemme liberata" di Torquato Tasso e "L'Orlando furioso" di Ludovico Ariosto. Macchiavelli scrisse "Il principe". La sua filosofia politica si può sintetizzare nella formula "il fine giustifica i mezzi", che rappresenta l'introduzione dello spirito pragmatico e amorale nel terreno politico.
La diffusione del Rinascimento.
Una numerosa serie di fattori contribuì alla diffusione dello spirito rinascimentale dall'Italia in Europa. In grado maggiore o minore, tutti i paesi europei soffrirono l'influenza del nuovo movimento.
I personaggi più famosi del Rinascimento in Francia appartengono al campo della letteratura. Rabelais, nella sua opera "Gargantua e Pantagruel" fa una satira sulla monarchia e la vita ascetica dei cristiani. Per Montaigne, altro nome di rilievo dell'epoca, religione e morale sono prodotti della abitudine o della moda, poiché Dio non può essere conosciuto dall'uomo; egli disdegnava l'idea di una vita futura e diceva che gli uomini devono cercare di approfittare della vita terrena. La sua opera più famosa si intitola "Saggi".

Luis de Camoes fu, senza dubbio, il maggior autore portoghese; nelle "Lusìadas" descrive in forma magistrale la grande epopea del popolo portoghese, che partiva "per mari mai prima navigati" per "nuove cristiane avventure". Albert Durer, ritrattista e pittore di scene terrificanti, è uno dei nomi più celebri del Rinascimento tedesco. Fu un tenebroso realista. Le sue opere principali sono "Cristo crocifisso" e "Melanconia".
Anche i Paesi Bassi, Belgio e Olanda, lasciarono alcuni celebri artisti in questo periodo. Emergono i fratelli Van Dyck, autori della famosa tavola "L'adorazione dell'agnello", considerata il capolavoro della pittura fiamminga e il primo quadro dipinto ad olio.
Lo spirito del Rinascimento.
Il Rinascimento fu una vera rivoluzione. Essa fu ampia ma fatta in nome dell'arte e della cultura, nascondendo il veleno virulento che aveva nel seno e presentandosi con vesti tentatrici per gli uomini della fine del medioevo. In realtà esso fu un primo colpo sparato contro la Cristianità, e, da un certo punto di vista, anche il più carico di malizia, proprio per essere stato il primo. Fu la prima breccia nell'edificio medioevale e da essa penetrarono i germi della distruzione che generarono tutto il resto, dal protestantesimo fino al comunismo.
Aspetti rivoluzionari dello spirito rinascimentale.
Concezione esclusivista della cultura. Per i rinascimentali c'era solo una cultura: quella classica o greco-romana; era questa l'unica capace di soddisfare interamente le ansie dell'animo umano. Tutte le altre culture erano come dei dialetti rispetto alla cultura per eccellenza, quella classica. Il Rinascimento fu, quindi, il rinascere del mondo classico e della sua visione dell'universo, considerata vera in modo assoluto per tutti i tempi e tutti i luoghi.

La cultura come valore supremo. Un altro grave errore introdotto dal Rinascimento fu il fatto che, teoricamente o praticamente, i rinascimentali agivano come se la cultura fosse il valore supremo della vita. Riguardo a questa mentalità, esiste un episodio molto significativo, che avvenne in occasione dell'incoronazione solenne del Petrarca, come poeta, nel Campidoglio a Roma. In quella occasione il poeta disse che "il lavoro intellettuale sarebbe stato il suo salvatore, la sua occupazione costante e necessaria, la missione più elevata e il suo trionfo più bello".
Per il cattolico invece, quanto vi è di più elevato non è il lavoro intellettuale, bensì la fede. Il lavoro intellettuale ha il suo merito, ha un ruolo importantissimo, ma solo se considerato alla luce della fede.
Rinascita del paganesimo. Uno dei tratti più significativi del Rinascimento è un fondo di paganesimo che sorge, nasce e si impone a tutti gli spiriti. Nella pittura rinascimentale appare di frequente un carattere pagano non travestito. L'entusiasmo delirante per gli autori pagani crea negli uomini del Rinascimento un modo di esprimersi che, col pretesto di essere completamente classico, è perfettamente pagano. Questa tendenza è verificabile persino in campo religioso: è il mondo pagano che rinasce. Petrarca, che era cattolico, paragonava i poeti ai profeti e diceva che i poeti, come i profeti, avevano visioni meravigliose. Uno degli umanisti più famosi fu Bernardo Dovizzi, autore di opere immoralissime. Nel corso della sua sepoltura, un oratore lo salutò nella forma seguente: "Non investighiamo a quale punto dell'Olimpo ti innalzò in quadrighe d'oro la tua immortale virtù, ma quando percorrerai i mondi celesti, per vedere gli eroi, non dimenticarti di supplicare il re del cielo e tutti gli altri dei, che aumentino la vita di Leone degli anni che la morte impietosa strappò a Giuliano dei Medici e a te, se vogliono conservare il culto che loro si dedica sulla terra". Vedete come le cose andarono lontano, e come la mentalità rinascimentale era penetrata a fondo: quel Leone a cui l'oratore si riferisce è Papa Leone X. Per fare un elogio al Papa, l'oratore o include in tutta questa mitologia. Se un oratore pagano dell'antichità avesse dovuto fare un discorso ad una sepoltura, avrebbe detto più o meno le stesse parole che furono dette da un oratore, in fin dei conti, ancora cattolico!
Secondo quanto commentò un profondo storico, "in quel tempo si trovava molto naturale che i pastori mescolassero ai loro canti vicini al presepio in cui giaceva il Salvatore del mondo, versi della Quarta Ecloga di Virgilio, così come che il poeta attribuisse a Dio i tratti di Giove, all'arcangelo Gabriele le virtù di Mercurio, e alla Vergine Maria le qualità di Diana, e che, cosa ancora peggiore ai nostri occhi, li designasse direttamente con nomi gentili (...)". Questo produce nelle anime un formidabile scostamento interiore.

Sempre Erasmo diceva: "Tutte le volte che leggo un discorso di Cicerone, bacio il libro e venero il suo spirito santo e pieno di ispirazione divina". Questo si fa col Santo Vangelo! Erasmo dimenticava che questo rito è cattolico e lo usava in relazione a Cicerone, di cui, dal punto di vista morale si dovrebbero dire tante cose.
Pico della Mirandola è una delle figure più caratteristiche del periodo rinascimentale. Egli aveva in casa sua un altarino a Platone, davanti al quale teneva una lampada accesa; ma siccome era cattolico e non voleva dimenticarsi di ciò, teneva, in un'altra stanza e col permesso dell'autorità ecclesiastica, il Santissimo Sacramento. Davanti al Ss.mo teneva accesa una lampada identica a quella collocata dinanzi all'immagine di Platone.
Lo spirito naturalista. La concezione dell'uomo medievale era basata sull'idea dell'esistenza di un'altra vita e di un ordine superiore di cose; al contrario nel Rinascimento troviamo l'assenza quasi completa di qualunque aspetto soprannaturale. Invece di cercare un ordine di cose trascendente, l'uomo del Rinascimento considera solo ciò che può vedere e sentire in modo naturale.
La ragione degli uomini di fronte al soprannaturale o si appassiona molto, o si irrita molto: la caratteristica dell'uomo orgoglioso è di non volerlo accettare, e, evidentemente, quando l'uomo si abbandona ai piaceri della vita, facilmente rifiuta il soprannaturale in tutte le sue manifestazioni e vi sostituisce il dominio della ragione. Infatti, l'attitudine contraria esige da lui lotta e sforzo, cosa che lo infastidisce profondamente: diventa allora un naturalista.

Razionalismo e superstizione. Andremo ora a constatare come in questa "epoca di cultura" rinacquero antiche superstizioni, e come davanti ad esse si reagiva con estrema condiscendenza. Gli spiriti razionalisti, che cominciavano ad apparire in quel tempo, combattevano uniti tutte le "superstizioni" del medioevo ("riminiscenze barbare"), e nello stesso tempo attaccavano il culto delle reliquie e altre pratiche cattoliche che giudicavano egualmente superstiziose. Ma l'adorazione del mondo antico era in loro così profonda che dimenticavano di combattere le superstizioni dei greci e dei romani.

Nel Rinascimento la Fede subì un notevole infiacchimento. Quello che i rinascimentali persero dal mondo della fede, finirono col perderlo anche nel campo della certezza a riguardo di tutte le questioni della vita. Cominciò a formarsi in essi il corollario necessario della perdita della fede: la perdita di convinzione e di fiducia nella ragione.
Quando una persona è immersa nei piaceri della vita ma comincia ad esserne satura, tutto le pare orrendo, monotono, senza spiegazioni: comincia a trovare necessari altri orizzonti ed altre soddisfazioni. Non trovando più significato nel suo modo di vivere, patisce delle crisi di disperazione che sfociano da un lato nel razionalismo e dall'altro in una corrente che non ha più fiducia nella ragione e che non è razionalista, ma cerca nelle esperienze mistiche quelle certezze di cui ha bisogno lo spirito umano. Comincia allora la ricerca di un'esperienza mistica che possa dare quella certezza che la fede non dà più.
In conseguenza di questo itinerario, nel Rinascimento cominciarono a fiorire la magia, la negromanzia, l'invocazione degli spiriti. In questo periodo lo stregone era la necessaria appendice di tutta la Corte: questa aveva sì il suo cappellano, ma si vantava di avere anche l'astrologo; fra i suoi onsiglieri un re aveva i teologi ma anche i maghi e molte contese venivano risolte ordinando di uccidere delle figurine di cera nei laboratori dei maghi di corte.

Cinismo intellettuale. Il razionalismo condusse ad una sorta di dissoluzione intellettuale che provocò una specie di cinismo nei confronti di tutti i temi della Fede e di quelli che hanno relazione con la verità e l'errore. Lo scrittore di quegli anni è cinico, senza principi, non crede forse nemmeno a quel che dice e scrive, è caratterizzato dall'abusare della parola. Da questo punto di vista si assiste quasi a una completa decadenza dell'intelligenza dell'uomo.
Alcuni esempi sono caratteristici. Ci fu un certo Sebastian Brandt che faceva l'apologia dell'Immacolata Concezione. Adam Werner lo difendeva ardentemente e difendeva questo dogma; ma poi Werner, solo a causa di un litigio con Brandt, si trasformò in un ardente nemico dell'Immacolata Concezione ed iniziò a scrivere per di dimostrare che era falsa. Petrarca nelle sue opere elogiò la solitudine come la cosa migliore che ci sia, ma nella vita pratica ebbe il terrore della solitudine. Benchè elogiasse molto la semplicità degli antichi romani, aveva molti cavalli e molti dipendenti; era un uomo invidioso, in particolare di Dante; diceva che il desiderio di diventare immortale era una specie di malattia che lo perseguitava in tutte le ore della sua vita.
Tristezza, conseguenza della mancanza di serietà. L'uomo rinascimentale era ancora molto vicino al medioevo, ed aveva nel suo subcosciente e nei suoi abiti mentali, moltissime concezioni medievali. Ma a fianco di questo substrato medievale, egli aveva qualcosa di nuovo. Se c'era qualcosa che distingueva l'uomo medievale era la serietà, conseguenza degli alti orizzonti aperti dalla Fede. Al contrario, l'uomo rinascimentale, invece di cercare una vita equilibrata, ordinata, diretta ai fini ultimi, era assetato di risa, sghignazzate, piaceri, divertimenti, allegria, senza la preoccupazione del dovere, senza l'idea di un Dio, di un cielo e di un inferno.

La rappresentazione perfetta dell'uomo olimpico è il Re Francesco I di Francia: alto, ben formato, simbolo dell'ottimismo e della sghignazzata, con atteggiamento sempre simpatico, continuamente ben disposto nei confronti della vita. È l'opposto del suo antenato S. Luigi, anch'egli ben dotato, ma molto grave, serio, casto, ameno nel tratto, e senza nessuno di quegli ottimismi superficiali propri dei rinascimentali.
Tutte le volte che l'uomo cerca ansiosamente l'allegria nasce la tristezza dentro la sua anima, quella tristezza pesante e oscura che lo divora, che pesa e lo lascia avvilito. In un certo senso il rinascimentale è un liberale: i suoi costumi e le sue idee sono liberi. Ma a fianco di questo aspetto liberale e allegro, notiamo nel rinascimentale il contrario, ossia il nascere fianco a fianco, di due stati d'animo che progrediscono: dapprima l'allegria sbracata, poi, l'altra faccia dell'umanità, che è la tristezza disperata, inseparabile dall'allegria disordinata.

Il desiderio di godere la vita. Quando l'uomo si colloca in un'ottica esclusivamente naturalista, escludendo completamente il trascendente, i valori soprannaturali e la vita eterna, ha due alternative: o la vita gli diventa insopportabilmente penosa oppure si ingolfa interamente nei piaceri. Smettendo di credere in un fine ultimo, l'uomo certamente scivola nell'immoralità. Ci sono molti modi di godere la vita. Le persone allegre, dotate di buon umore, lo fanno col tamburello in mano; quelle melanconiche e lunatiche realizzano questo desiderio attraverso una vita in cui il pianto e i lamenti giocano un ruolo importante. Pertanto, di fianco alla maniera folle di godere la vita, c'è la scuola dei piangenti, di coloro che si compiacciono nella considerazione sciropposa e indefinibile dei dolori, che loro stessi ingrandiscono. Nel Rinascimento troviamo il gusto per il dramma, non solo nel carattere tanto imbronciato di Michelangelo, ma anche in quello tragico di Leonardo da Vinci.
L'uomo ideale secondo lo spirito dell'epoca. Nel Rinascimento si amava pensare, giudicare, comparare, ma, al contrario del medioevo, non lo si faceva più per conoscere la verità, ma per il piacere di fare ragionamenti brillanti, di dire belle frasi, di fare delle gradevoli escursioni su un ordine di cose più elevato. Il pensiero era visto come una fonte di divertimento. Ed anche in questo fu un sintomo della decadenza.
Sorse allora il "bello spirito", che non era l'uomo saggio, conoscitore della verità, ma lo spirito rutilante, che arricchiva la sua anima con la conoscenza di molte cose: egli non aveva più il desiderio di conoscere la verità.

Sul piano politico questa mentalità generò l'assolutismo. Il Re "olimpico" non si sentiva obbligato a difendere i diritti dei suoi sudditi, ma era proprio lui l'uomo che schiacciava tutti gli altri facendo così scomparire anche l'idea dell'autentica fraternità fra le nazioni cristiane.
continua...
Come per il cristiano non esiste una filosofia a sé stante,
così non esiste per lui neppure una Storia puramente umana...
la Storia rappresenta il grande palcoscenico sul quale si dispiega nella sua interezza
l'importanza dell'elemento soprannaturale,
sia quando la docilità dei popoli alla fede consente a tale elemento di prevalere
sulle tendenze basse e perverse presenti nelle nazioni come negli individui,
sia quando esso si indebolisce e sembra sparire a causa del cattivo uso della libertà umana
che porterebbe al suicidio degli imperi...
(Dom Prosper Gueranger O.S.B., Abate di Solesmes)
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