Infine, poiché l’anima ripiena di carità odia coloro che sono odiosi a Dio, tale era la disposizione di san Francesco. Sopra ogni altro genere di peccatori esecrando i diffamatori, diceva che portano nella lingua il veleno, col quale attossicano gli altri. Così se i maldicenti, pulci mordaci, parlavano, evitava di udirli e, come abbiam visto noi stessi, volgeva altrove le orecchie, perché non si insudiciassero ascoltandoli.
Una volta, sentendo un frate denigrare un altro, si rivolse al suo vicario frate Pietro di Cattaneo, e pronunciò questa terribile sentenza: “Gravi pericoli sovrastano all’Ordine, se non si rimedia contro i detrattori. Presto il buon odore di molti sarà corrotto, se non si chiudono le fetide bocche. Su, su, esamina diligentemente, e se troverai innocente il frate accusato, infliggi all’accusatore una punizione cosi dura che serva d’esempio a tutti. Se non puoi punirlo tu stesso, mettilo nelle mani del pugilatore di Firenze. (Chiamava col nome di pugilatore frate Giovanni di Firenze, uomo di imponente statura e di grandi forze). Voglio che tu e tutti i ministri poniate tutta l’attenzione a impedire la maggior diffusione di siffatta peste”.
Talvolta condannava chi aveva diffamato un fratello ad essere spogliato della tonaca, e a non poter alzare gli occhi al Signore prima di aver reso ciò che aveva tolto. Perciò i frati di quel tempo, abiurato in maniera singolare questo vizio, avevano assunto l’impegno di evitare diligentemente tutto quanto potesse intaccare l’onore degli altri, o sonare maldicenza.
Ottima decisione! Infatti che altro è il detrattore, se non il fiele degli uomini, un fermento di nequizia, il disonore della terra? E un bilingue che cosa è se non lo scandalo della Religione, il veleno del chiostro, la scissura dell’unità? Ahimé! Di questi animali velenosi la superficie della terra abbonda e nessun uomo dabbene può sfuggire il morso degli invidiosi! Si promettono perfino ricompense ai delatori e, abbattendo l’innocenza, si dà spesso la palma alla falsità. Ecco, quando uno non può vivere della sua reputazione, si procura vitto e vesti distruggendo la reputazione altrui.
Tommaso da Celano, «Vita seconda di S. Francesco» |
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