Da una lettera di Santo Isidoro di Pelusio, monaco del deserto di Lychnos (sec. V), al Vescovo di Theon.
Siamo ugualmente colpevoli, tanto nel voler vendicare le offese fatte a noi, quanto nel non sentirci attinti da quelle fatte a Dio. Se si tratta di noi, molto bene: usiamo la mansuetudine e l’indulgenza quando ci offendono; ma quando è Dio l’oltraggiato, non conviene assolutamente tollerarlo. Bisogna manifestare la nostra indignazione per quel fatto.
Vedete, tuttavia, quale è la nostra debolezza! Siamo sensibili tanto da non volere perdonare i nostri nemici, eppure non abbiamo che affabilità verso coloro che insorgono contro Dio. Mosè non agiva così, benché fosse il più affabile degli uomini. Egli non rinunciò ad incollerirsi contro gli israeliti quando questi fecero il vitello d’oro, e la sua collera, in quell’occasione, fu molto più santa di tutta la mansuetudine che egli avesse potuto manifestare.
E in un altro dei suoi scritti...
Elia si ribellò contro gli idolatri, Giovanni Battista contro Erode, San Paolo contro Elima. Questo non fu altro che per vendicare gli oltraggi fatti a Dio; per quanto riguardava loro stessi, dimenticavano facilmente quelli diretti a loro.
È ben vero che Dio è assai potente da farSi giustizia; ma Egli vuole che gli operatori di bene detestino il peccato e lo facciano detestare ed è in questa condotta zelante che i santi facevano consistere la virtù e la vera filosofia.
(“Esprit de Saints illustres” – Abbé L. Grimes – Sagnier et Bray, Librairies-Èditeurs, Paris, 1853 – vol. I, pp.149-150)
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