sabato 7 novembre 2009

La terza guerra del crocifisso: riflessioni e prospettive

L’iniziativa contro-rivoluzionaria.

Di fronte alla Rivoluzione e alla Contro-Rivoluzione non vi sono neutrali. Vi possono essere, certamente, non combattenti, la cui volontà o le cui velleità sono, però, consapevolmente o no, in uno dei due campi. Per rivoluzionari intendiamo, infatti, non solo i partigiani integrali e dichiarati della Rivoluzione, ma anche i “semi-contro-rivoluzionari”. La Rivoluzione ha potuto procedere, come abbiamo visto, a patto d’occultare il suo volto totale, il suo vero spirito, i suoi fini ultimi. Il mezzo più efficace per confutarla di fronte ai rivoluzionari consiste nel mostrarla intera, sia nel suo spirito e nelle grandi linee della sua azione che in ciascuna delle sue manifestazioni o manovre apparentemente inoffensive e insignificanti. Strapparle, dunque, la maschera significa sferrarle il più duro dei colpi. Per questa ragione lo sforzo contro-rivoluzionario deve dedicarsi a questo compito con il massimo impegno. (Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, Parte II, Cap.V, 3 A)


La terza guerra del crocifisso: riflessioni e prospettive

Nel 2003, è bastato che un tale Adel Smith, dall’alto della sua condizione di presidente dell’Unione musulmani d’Italia, ottenesse da un magistrato filo‑comunista dell’Aquila l’ingiunzione di rimuovere il crocifisso da un’aula scolastica nel paese di Ofena per scatenare quello che più di un commentatore aveva allora chiamato “la guerra del crocifisso”, felicemente conclusasi con la vittoria dei cattolici su tutta la linea.

A distanza di sei anni ecco che ci riprova la Corte di Strasburgo dei diritti umani, che d’altronde comprende anche un giudice turco di fede musulmana. Accogliendo il ricorso d’una cittadina italiana di origini finlandesi, la Corte ha intimato l’immediato ritiro dei crocifissi dalle aule scolastiche, in palese violazione dei diritti umani degli italiani, e particolarmente dei cattolici che, in più d’una occasione e appoggiati da sentenze della Corte di Cassazione, hanno accolto questo tradizionale simbolo in luoghi pubblici. Anche questa volta, grazie a Dio, si è sollevato una fortissima reazione, per di più bipartisan. Mentre il Vaticano riteneva la sentenza “miope e sbagliata”, Rocco Buttiglione l’ha qualificata “aberrante”. Perfino il leader del PD Bersani, dimostrando come anche a sinistra il tema sia piuttosto scottante, ha commentato: “Io penso che un’antica tradizione come il crocifisso non può essere offensiva per nessuno”.

Sull’altra sponda (microscopica come dimensione, rilevante come fattore di disturbo), Raffaelle Carcano, segretario generale dell’Unione degli atei e degli agnostici razionalisti (sic), esulta: “Questo è un grande giorno per la laicità italiana”. E non poteva mancare il già noto Adel Smith che, in nome dei musulmani in Italia, si è dimostrato molto soddisfatto, magari ringraziando anche Allah per la sentenza della Corte di Strasburgo. Al di là di eventuali sviluppi (la ministro Gelmini ha già annunciato ricorso) la vicenda offre diversi spunti di riflessione. Fra tutti, ci preme rilevarne uno per le notevoli conseguenze che potrà comportare: la vivacissima reazione dell’opinione pubblica italiana, che ha preso in contropiede la sinistra laicista italiana ed europea. Da dove proviene questa reattività? Cosa può presagire per il futuro?

“Vedo che la Madonna vuole proprio soccorrere l’Italia in modo molto speciale”, rifletteva il prof. Plinio Corrêa de Oliveira in una delle sue ultime riunioni di lavoro, il 18 agosto 1995, due mesi prima della morte. Si riferiva alle reazioni dell’opinione pubblica italiana in occasione dell’inaugurazione della moschea di Roma (21 giugno 1995).


Si sveglia l’Italia profonda

Prima dell’inaugurazione, regnava nella massa un clima descritto dal dott. Plinio come “sonnolento e ottimista”, caldeggiato dalla “cecità volontaria delle numerose élite intellettuali, economiche, politiche e religiose”. Agli occhi degli italiani, l’islam assomigliava a “un mostro nelle nuvole, che non sarebbe mai sceso sulla terra e che, quindi, non comportava nessun pericolo, né religioso né politico”. Di colpo, questo mostro è sceso e si è insediato, minaccioso, nel cuore della Cristianità. La moschea è stata inaugurata. Come un fulmine in cielo fosco, mortale ma chiarificatore, la notizia ha squarciato la sonnolenza ottimista.
 
E dal più profondo dello spirito pubblico, quasi per una reazione fisiologica, è tornata a galla la secolare angoscia che i nostri antenati manifestavano al grido di “mamma, li turchi!”. In un ambiente così galvanizzato, esplodeva allora la notizia di un fatto che avrebbe dovuto invece rimanere privato: mentre si svolgeva la cerimonia di inaugurazione, l‘On. Irene Pivetti, allora presidente della Camera dei Deputati, aveva pregato un Rosario di riparazione, accompagnata da pochi fedeli, nella chiesa di S. Luigi Gonzaga, nei Parioli, a due passi della moschea. Una bomba avrebbe forse causato un boato minore. Dalla Sicilia all’Alto Adige si levava allora un possente coro di approvazione: era tempo che qualcuno facesse qualcosa! Quella sera stessa, le forze dell’ordine sono entrate nel centro islamico di viale Jenner, a Milano, trovandovi materiale sovversivo e prove di rapporti con organismi legati al terrorismo internazionale. Secondo fonti della Questura, da tempo si conoscevano le attività sospette di questo centro, ma non c’era il “clima” per compiere una tale azione. Cosa era cambiato? Lo shock causato dall’inaugurazione, ulteriormente accentuato dal gesto simbolico della Pivetti, aveva finito col frantumare il clima di apparente consenso ecumenico, mettendo alla luce in larghe fasce dell’opinione pubblica italiana un animus belligerandi nei confronti dell’islam di cui forse nessuno intuiva l’esistenza. D’altronde, un cattolico non poteva non porsi la domanda sulla parte giocata dalla grazia divina in questa reazione. Per il prof. Plinio Corrêa de Oliveira questa era innegabile, tanto da indurlo a parlare appunto di “soccorso della Madonna”.

Aggrediti dalla realtà

Lo stesso fenomeno si è poi ripetuto in altre occasioni. Ricordiamo, per esempio, gli episodi del G8 nel luglio 2001, quando il movimento no‑global, fino ad allora tollerato e perfino coccolato da quelle stesse élite cieche e cedevoli, ha messo Genova a ferro e fuoco. Il delirio distruttivo dei contestatori ha duramente scosso un vasto filone di opinione pubblica, svegliandola alla dura ed inquietante realtà: il terrore rivoluzionario era sceso nuovamente in piazza. Tante acquiescenze nei confronti dei no‑global sono svanite, accompagnate da una reazione che ha finito col danneggiare seriamente il movimento, sino a farlo praticamente scomparire. I postumi di questa sorta di shock collettivo non si erano ancora riassorbiti, che ci entravano in casa le immagini di quei due aerei lanciati contro le Torri Gemelle, mandando definitivamente in frantumi le ultime vestigia dell’ottimismo sonnolento. Era scoppiato il primo conflitto del terzo millennio, che cominciava dunque male, lontano anni luce da quella “civiltà dell’amore” che in tanti auspicavano. L’ecumenismo era ancora una volta brutalmente smentito dai fatti. E l’idea che l’Occidente dovesse scendere in guerra tornava nuovamente a farsi largo nell’opinione pubblica. Non passava neanche un anno che l’Italia si ritrovava nuovamente dilaniata, con cattolici e laicisti che si caricavano a vicenda.

In occasione dell’udienza del 28 gennaio del 2002, Giovanni Paolo II aveva definito il divorzio “una piaga devastante”, esortando i magistrati cattolici a non favorirlo. Apriti cielo! Tanto è bastato per scatenare il mondo laicista, che ha accusato il Pontefice di essere “talebano”, “fondamentalista”, “nemico della civiltà” ed altre sottigliezze del genere. Ancora una volta, la ferocia dei laicisti svegliava, in modo piuttosto brutale, gli ottimisti sonnolenti, costretti a fare i conti con la dura realtà: nonostante tutto l’ecumenismo, l’anima giacobina era viva, eccome! Bisognava contrastarla per difendere la Fede e l’identità cattolica del paese.

Pochi mesi dopo, nuova stangata sulla coscienza dei cattolici, e nuova reazione da parte loro. In occasione della Festa dell’Esaltazione della Santa Croce, Giovanni Paolo II auspicava che essa fosse esposta “nelle scuole, negli ospedali, in ogni luogo”. Immediata la reazione dei musulmani, che hanno chiesto la rimozione delle “raffigurazioni del cosiddetto crocifisso e delle madonnine”. Mentre Livia Turco (DS) parlava di “provocazione” del Papa, i Verdi qualificavano la proposta una “offesa a tutti e un’umiliazione per l'intelligenza”. Molto ferme, d’altra parte, le reazioni di ampi settori del mondo cattolico, tanto da indurre alcuni commentatori a parlare di “Guerra del crocifisso”. Una reazione così ferma fece sì che il Crocifisso rimanesse nelle scuole, come lo è stato per tanti secoli, ormai parte dello spirito italiano.


La Seconda Guerra del crocifisso

La memoria di questa “guerra” era ancora fresca quando è scoppiata la vicenda Adel Smith sopra rievocata. Anche questa volta la reazione fu vivacissima. Molti sindaci, per esempio, acquistarono migliaia di crocifissi per affissarli nei luoghi pubblici. Questo portò all’archiviazione della folle richiesta dei musulmani. A vicenda chiusa, più di uno fece notare come si era trattato della “Seconda Guerra del Crocifisso”. Fra i tanti spunti di riflessione offerti da queste vicende, nella logica dell’analisi precedente ci preme rilevarne uno: la vivacissima reazione dell’opinione pubblica italiana. Il New York Times ha parlato di “nervo scoperto”. “In Italia si rischia la guerra religiosa”, avvertiva il quotidiano arabo Al Sharq Al Awsat. E mentre per tutta l’Italia si moltiplicavano le processioni riparatrici e i comuni alzavano croci alte tre metri nelle piazze, gli analisti si chiedevano: ma da dove proviene tutta questa reattività? Nonostante alcune apparenze contrarie, è nostra convinzione che l’opinione pubblica italiana tenda sempre di più a dividersi in due blocchi, separati da fessure molto più accentuate in profondità di quanto non appaiano in superficie. E, sempre più nitido, ecco un filone costituito dalle persone che, aggredite dalla realtà, si scrollano di dosso l’ottimismo sonnolento e cominciano a esclamare: “Adesso è troppo! Bisogna reagire! È in gioco la nostra civiltà e anche la nostra Fede!” Col passare del tempo questo filone tenderà di certo a crescere, specialmente se certe anime si apriranno alla grazia divina. Fin dove arriverà questo spostamento? È una delle grandi incognite del futuro.


Avviso ai naviganti

Il dinamismo di questo nuovo filone implica per i massimi leader del laicismo in Europa (per non parlare poi dei musulmani) un problema, e non solo strategico, che dovranno affrontare nei prossimi mesi. Ogni volta che i laicisti si sono spinti oltre un certo limite, sono andati a toccare una fibra profonda, spesso nascosta ma sempre viva, dell’anima italiana, un “nervo scoperto” per utilizzare la metafora del New York Times, suscitando ondate di reazione che, in qualche modo, riecheggiano il Deus vult! della cavalleria medievale. E qui sorge la domanda cruciale: saranno disposti i laicisti a compiere ulteriori passi col rischio di andare a toccare questo “nervo scoperto”, e quindi di innescare una reazione che, almeno in nuce, ha la potenzialità di trasformarsi in una Reconquista?

Julio Loredo

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