Nel giugno 2011, per esempio, stabilì che le coppie di fatto erano equiparabili alle famiglie legittime in tema di risarcimento danni. All'epoca Gian Ettore Gassani, presidente nazionale dell’Associazione Avvocati Matrimonialisti Italiani, la definì “una sentenza storica”.
Adesso arriva un’altra mazzata: la Corte di Cassazione difende i diritti delle coppie omosessuali per quanto riguarda l’affidamento dei minori. Il caso è stato scatenato da una causa di affidamento tra un uomo di religione islamica che aveva avuto un figlio con una donna italiana, che in seguito era andata a convivere con la sua compagna. L’uomo ha contestato l’esclusivo affidamento del figlio accordato alla madre dalla Corte d’appello di Brescia, sulla base del fatto che il bimbo era inserito in una famiglia omosessuale per cui avrebbero potuto esserci “ripercussioni negative sul bambino”. La Cassazione gli ha dato torto, attribuendo la sua richiesta a semplici “pregiudizi”. E anche questa sentenza è stata definita “storica” dall’Arcigay.
Sono troppe “sentenze storiche”. I Tribunali si stanno attribuendo un compito che non gli appartiene: quello di sovvertire l’assetto giuridico, e quindi sociale e culturale, del nostro Paese. Oltre a essere un modo di procedere antidemocratico, viola anche l’articolo 29 della Costituzione che riconosce nella famiglia fondata sul matrimonio fra uomo e donna l’ambiente naturale per l’educazione dei figli.
La Magistratura è sempre più ideologizzata. Invece di applicare la legge, i magistrati la stanno creando, in una sorta di ingegneria sociale totalmente al di fuori delle loro attribuzioni.
Tali sentenze sovvertono, inoltre, l’ordine naturale creato da Dio, fondato sulla differenza dei sessi e sulla famiglia monogamica come cellula basica della società. Lo Stato dovrebbe essere il guardiano dell’ordine naturale, non il suo demolitore. Uno Stato che in tal modo viola l’ordine naturale sta ponendo le condizioni per la propria rovina.
“Non si può costruire una civiltà attraverso le sentenze dei Tribunali — afferma monsignor Domenico Sigalini, vescovo di Palestrina e presidente della Commissione Cei per il Laicato — Ci sono studi precisi, dal punto di vista psicologico e filosofico. Non può essere la legge a stabilire quale sia il rapporto migliore con i genitori. Né tocca a un Tribunale dire quale sia la situazione ottimale per un bambino”.
Purtroppo si fa largo in ambienti di Chiesa l’accettazione dell’omosessualità. Lo scorso 31 marzo, per esempio, si è riunito ad Albano Laziale, alle porte di Roma, il Forum dei Cristiani omosessuali. Star dell’evento, il teologo Vito Mancuso, discepolo del cardinale Carlo Maria Martini. Dopo aver affermato che “la Bibbia non è parola di Dio”, Mancuso dichiarava: “Sono contrario alla prospettiva che vuole definire la variante omosessuale come malattia o peccato”. Secondo l’ex docente di teologia moderna, sia l’ordine naturale sia le Sacre Scritture non contengono verità immutabili, ma vanno interpretati secondo il sentire dell’uomo moderno. E questo sentire si sta gradualmente spostando verso l’accettazione dell’omosessualità.
Tale penetrazione degli errori omosessualisti in seno alla Chiesa non è di oggi. Da decenni, il prof. Plinio Corrêa de Oliveira veniva osservando l’avanzare di tali errori. Ho appena trovato un testo in merito, risalente alla metà degli anni 1980, in cui, parlando ai membri della TFP americana riguardo a una loro campagna contro l’omosessualità, il pensatore cattolico getta uno sguardo sul futuro della rivoluzione omosessualista che oggi, col senno di poi, non possiamo che definire profetico.
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