martedì 12 marzo 2013

Il "Cunctator": un massimalista?

Nella prima riunione preparatoria del conclave, in cui ha fatto la sua comparsa, il cardinale
Wyszynski, arcivescovo di Varsavia, ha informato che era programmato un pellegrinaggio a piedi di 300 mila polacchi - tra i quali quasi 7.500 universitari - al famoso santuario della Madonna di Czestochowa, per implorare sui cardinali i lumi del cielo, affinché la Chiesa abbia un nuovo Papa all’altezza delle difficili condizioni dei giorni che corrono. Una significativa salva di applausi degli altri cardinali ha coronato le parole del cardinale Wyszynski.

Non ne mancavano ragioni. Anzitutto, il carattere marcatamente spirituale della iniziativa, che dà riposo e respiro agli spiriti saturi della ossessione socio-economica che ha invaso la Chiesa negli ultimi tempi. Inoltre, la constatazione che, sotto lo spesso strato di ghiaccio del regime comunista, vi è in Polonia un fervore religioso tale da risvegliare in una così grande massa umana l’animo necessario per il lungo percorso (Varsavia-Czestochowa: 240 km.). Questo fatto colpisce in modo particolare, se si tiene conto della sottoalimentazione connaturata a ogni economia comunista. Motivo di particolare simpatia, poi, il riferimento ai 7.500 universitari.


Il cardinale Wyszynski è apparso così, agli occhi degli elettori del futuro Papa, come la figura carismatica, o quasi tale, che è riuscita a preservare i suoi fedeli dagli attacchi dell’ateismo. Tale era già la sua leggenda. Già da molto si diceva, e ha ancora ripercussioni nei mezzi di comunicazione sociale delle più diverse posizioni ideologiche in Occidente, e (il che è infinitamente più importante) si ripete a mezza voce nei più diversi circoli intellettuali e sociali del mondo libero, che il prelato polacco ha trovato una formula di convivenza tra la Chiesa e il comunismo.

Dal momento che questa formula corrisponde a una convenienza fondamentale dell’umanità (ossia, evitare tensioni religiose che favoriscano una guerra tra l’Oriente e l’Occidente), si pone naturalmente la domanda se la leggenda che circonda l‘arcivescovo di Varsavia ne faccia un papabile.

La salva di applausi cardinalizia di cui è stato oggetto può certamente essere interpretata come una cardinalizia approvazione della sua politica nei confronti del comunismo. E, in questa prospettiva, non pare eccessivo immaginare che, davanti alle naturali difficoltà di trovare una candidatura capace di ottenere la totalità dei suffragi, o quasi, il Sacro Collegio opti per acclamare Papa l’arcivescovo di Varsavia, applaudito tanto dalla destra quanto dal centro e dalla sinistra. In questo caso salirebbe sul trono di san Pietro un uomo-simbolo, un uomo-programma. Simbolo di che? Programma di che? E quanto rimarrebbe da definire.


Tenterò di farlo, presentando la linea di azione del cardinale Wyszynski nei suoi aspetti più applauditi.

1. Oltre la cortina di ferro, il blocco cattolico più compatto e influente è costituito dalla Polonia, con i suoi trenta milioni di cattolici. Posto che, alla fine dell’ultima guerra, gli occidentali hanno abbandonato ingloriosamente – per dire soltanto questo - l’eroica resistenza dei cattolici polacchi, contemporaneamente antinazista e anticomunista, questo grande blocco è stato sepolto nella notte tenebrosa della dominazione comunista.

2. Per diventare effettiva, la dominazione comunista incontrava due ostacoli: la secolare allergia dei polacchi al colonialismo russo e, soprattutto, la incompatibilità tra la cattolicissima popolazione polacca e il regime marxista, che è, per definizione, ateo, morale e ugualitario. Tali ostacoli imponevano ai comunisti di Mosca una alternativa : colonizzare ancora una volta la Polonia, assoggettandola brutalmente a proconsoli russi, e nello stesso tempo scatenare nel paese una persecuzione neroniana; oppure concedere alla nazione un minimum di autonomia, governarla attraverso Comunisti polacchi e non russi, e nello stesso tempo riconoscere alla Chiesa un minimum di libertà.

3. Evidentemente, la seconda formula era l’unica praticabile. Soprattutto tenendo presente il principio di Napoleone, secondo cui con le baionette si può fare tutto, ma non sostenere sulla loro punta un trono stabile. Per i sovietici, però, la saggezza politica non stava soltanto nell’optare per la seconda formula, ma anche, e in modo principalissimo, nel determinare questo minimum da concedere, in Polonia, al sentimento nazionale e alla fede. Il punto delicato consisteva nel sapere se quello e questa si sarebbero accontentati di un minimum che permettesse loro proprio solamente di sopravvivere. E in condizioni così precarie che, con il passare del tempo, il comunismo riuscisse a estinguere tanto la fede quanto il sentimento nazionale. Diversamente, la concessione di questo minimum sarebbe stata, per i sovietici, una capitolazione.

4. Vedendo la situazione esattamente con gli stessi occhi dei suoi avversari comunisti, il cardinale Wyszynski avrebbe optato per l’accettazione di questo minimum. Ma per un’accettazione sagace, sfruttandolo al massimo per mantenere accesa la fede. E nello stesso tempo reagendo coraggiosamente contro tutti i tentativi comunisti di ridurre gradualmente questo esiguo minimum. Sagacia e coraggio: proprio le due virtù che rifulgono nella leggenda del cardinale Wyszynski.

5. Il risultato sarebbe stato che, evitando in questo modo alla Polonia gli orrori di una persecuzione religiosa, Wyszynski ha conservato al suo popolo il dono inestimabile della fede. Un risultato indubbiamente brillante. Tanto brillante che da esso si leva una leggenda. Quella di Wyszynski il cunctator, cioè il temporeggiatore, del quale si potrebbe dire, come del suo celebre analogo romano, Quinto Fabio Massimo, che «cunctando restituit rem». Anche Wyszynski, temporeggiando, avrebbe salvato la causa pubblica.


Le leggende creano un clima sfavorevole a un certo genere di analisi. Se il cardinale polacco è riuscito a difendere millimetro per millimetro la minuscola area di libertà che il comunismo ha lasciato alla Chiesa, ciò è dovuto al fatto di avere sempre disposto di strumenti efficaci. Nel caso concreto, questi strumenti si riducevano alla prospettiva di trasformare la Polonia in un braciere umano, come accadde alla Spagna cattolica al tempo della invasione della penisola da parte delle truppe rivoluzionarie e anticlericali di Bonaparte. E se tale prospettiva ha contenuto i sovietici nei dovuti limiti, è il caso di chiedersi se il cardinale-cunctator non avrebbe agito meglio se fosse stato un cardinale-crociato. In altri termini, se avesse scatenato sui piccoli proconsoli sovietici la tempesta di una opposizione religiosa come quella che aveva prostrato a terra lo stesso Napoleone.

A rigore di logica, questa domanda si impone. Ma contiene nel suo senso molte altre domande minori, per le quali il pubblico occidentale non ha assolutamente gli elementi per una risposta. Per esempio, era forse esaurito, nella nobile e gloriosa Polonia del dopoguerra, lo spirito combattivo, così vivo negli spagnoli? Un soprassalto di non rassegnazione epico e sacrale del popolo polacco avrebbe potuto contare sull’appoggio anglo-americano, analogo a quello che l’Inghilterra del secolo XIX (mossa da britannicissimi interessi, sia ben chiaro) diede agli spagnoli, inviando Wellington nella penisola? E così via.

Ogni leggenda è brillante, attraente, incantatrice. Ma anche aggressiva. Male ne incoglie a chi cerca di discutere con essa! Non sarò tanto temerario, in questa piccola parte di articolo che rimane. Non sono mosso dal desiderio di mettere in questione questa leggenda, di fronte alla semplice ipotesi che il cardinale-cunctator sia acclamato Papa.


Accanto alle leggende vive bene soltanto la speranza. Manifesto la mia. Ed è che, se Wyszynski il cunctator avesse a insediarsi sul sommo trono di san Pietro, moltiplichi la sagacia con la sagacia, il coraggio con il coraggio e la leggenda con la leggenda, e dia al mondo lo spettacolo abbagliante di trasformarsi in un nuovo Urbano II, il beato banditore della prima crociata. Infatti, il coraggioso minimalismo, forse consigliabile per l'arcivescovo di Varsavia, non è, almeno in questo momento, altrettanto consigliabile per il successore di Pietro.

In realtà, i seicento milioni di cattolici che vivono nel mondo libero possono nutrire ben altre speranze che non quelle dei loro amati e gloriosi fratelli polacchi. Non si tratta, per i primi, di ottenere solamente un posticino al sole, semischiacciati dallo stivale sovietico. Ma, assolutamente al contrario, si tratta di evitare che questo stivale osi intraprendere lo stritolamento di quanto rimane di libero nel mondo. Un programma di apostolico ardire, un programma tutto fatto di ciò che Camões qualificava come «cristiani ardimenti», ecco quanto spero - e con me tanti e tanti milioni di cattolici! - dal successore di Paolo VI.

Il cardinale-cunctator ci appare rutilante della gloria di leggendari e «cristiani ardimenti» nella difesa di un minimum. Quanto desideriamo che brilli sul trono di san Pietro con la stessa gloria dei «cristiani ardimenti», ma questa volta nella difesa del maximum! «Ad majorem Dei gloriam», «per la massima gloria di Dio», questa era la divisa di sant'Ignazio di Loyola.

Tanto più che oggi il maximum può ancora essere ottenuto, forse senza l'effusione del sangue cristiano, del sangue che i crociati hanno versato così splendidamente e generosamente.

Plinio Corrêa de Oliveira (I grassetti sono nostri)

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