Un punto importante per capire la
situazione a Cuba:
l’appoggio che, sin dall’inizio, un
certo catto-comunismo
ha dato alla dittatura dei fratelli
Castro.
Ne parla Armando Valladares,
saggista e poeta,
prigioniero politico a Cuba per ben
22 anni,
già ambasciatore degli Stati Uniti
presso la Commissione Diritti Umani delle Nazione Unite, Medaglia presidenziale
del Dipartimento di Stato.
Valladares è autore di numerosi
libri, tra i quali il best-seller mondiale
«Contro ogni speranza: 22 anni nel
Gulag delle Americhe»
È
triste, ma i fatti lo dimostrano: alla guida dell’arcidiocesi de L’Avana da
oltre 34 anni, il cardinale Jaime Lucas Ortega y Alamino è diventato uno dei
più grandi e indispensabili sostenitori del regime comunista a Cuba.
Lo
scorso 5 giugno, Sua Eminenza ha concesso un’intervista alla radio spagnola
“Cadena Ser”, nella quale affermava che “a Cuba non ci sono prigionieri
politici”, e che quelli graziati in occasione della visita di
Benedetto XVI, nel 2012, erano “criminali comuni”
(“Diario de Cuba”, 7 giugno 2015).
Le
dichiarazioni cardinalizie hanno causato costernazione. L’ex prigioniero
politico Ciro Casanova Alexis Pérez ha affermato, con mal celata rabbia, che le
parole del cardinale Ortega circa la presunta mancanza di prigionieri politici
a Cuba “è una bugia totale” atta a “puntellare
la dittatura dei fratelli Castro” (“Diario de Cuba”, 11 giugno
2015).
Da
Cuba, il giornalista indipendente Mario Félix Lleonart ha sottolineato: “È
al limite della pazzia. Come è possibile che questo uomo possa affermare una
cosa che tutti a Cuba sanno di essere falsa? Questo non favorisce né la Chiesa
né se stesso. D’altronde, la folle dichiarazione butta per terra tutta la
dottrina sociale della Chiesa, che Ortega dovrebbe, invece, difendere”
(“14 y Medio”, 12 giugno 2015).
Pure
l’ex prigioniero politico Daniel Ferrer ha deplorato: “Negare
che ci siano prigionieri politici a Cuba mi sembra un tradimento a Colui che è
morto sulla croce per salvare l’umanità e per difendere i poveri, i
discriminati e i perseguitati. (…) Il cardinale Ortega non mostra di essere un
buon samaritano quando nega l’esistenza di prigionieri politici, invece di
condannare apertamente le flagranti violazioni dei diritti fondamentali dei
cubani, compresi i diritti dei cattolici, e quando minimizza consapevolmente
l’importante lavoro di coloro che lottano con amore per la libertà, la
giustizia e il benessere della nazione” (“Religión en Revolución”,
giugno 2015).
Ada
María López Canino, membro del movimento Damas de Blanco, che
domenica 7 giugno è stata assalita e ferita da militanti castristi a L’Avana,
ha detto: “Se non ci sono prigionieri politici, chiedo allora al
Cardinale cosa ci fanno in carcere Ángel Santiesteban e Danilo Maldonado, per
citare appena due nomi? (…) Che mi perdoni, ma quello che ha detto è una palese
bugia. Noi Damas de Blanco ci battiamo pacificamente per liberare ogni
prigioniere politico a Cuba. Ecco alcune fotografie. Sua Eminenza vuole dire
che sono false? Che stiamo mentendo?” (“Cubanet”, 10 giugno 2015).
Da
parte sua, la Commissione cubana per i diritti umani ha affermato che le
dichiarazioni del Cardinale non hanno niente a che fare con la realtà del
paese: “In questo momento, a Cuba ci sono più di 50 prigionieri
politici” (“Radio Martí”, 8 giugno 2015). In realtà è difficile
conoscere il numero dei detenuti politici a Cuba, perché molto spesso il regime
condanna gli avversari politici incriminandoli per reati comuni, in modo da
nascondere che si tratti di persecuzione politica. Secondo la filosofia
totalitaria del regime, e in conformità con la Costituzione e il Codice penale,
esiste libertà di religione fintanto che non ci si opponga all’ideologia
comunista. Il che, per un cattolico, è cosa impossibile sotto pena di tradire
il Vangelo.
Cuba
è un’immensa isola-prigione, con 12 milioni di persone ridotte a “prigionieri
di coscienza”, controllati da un implacabile sistema politico, poliziesco e
giudiziario. I recenti “rilasci” di prigionieri sono stati amplificati dai mass
media, e dai vari leader politici e religiosi. Tuttavia, gli oppositori hanno
sottolineato che si tratta di misure cosmetiche che servono a facilitare i
negoziati con il presidente Obama.
Alcuni
prigionieri recentemente “rilasciati” sono stati minacciati dalle forze di
sicurezza, che hanno loro proibito qualsiasi dichiarazione, pena il ritorno al
carcere. Ad altri “rilasciati” sono stati trattenuti i documenti, costringendoli
a vivere in una sorta di limbo giuridico, come relitti all’interno della
società comunista. (“La Vanguardia-Europa Press”, 9 gennaio 2015).
Queste
manovre sono perfettamente note alle ambasciate straniere e alle cancellerie di
tutto il mondo. Perché si sceglie di non sollevare il problema?
I
cubani conoscono benissimo questa tattica. L’operazione cosmetica oggi fatta
per facilitare i negoziati con gli Stati Uniti, e per preparare la visita di
Papa Francesco a Cuba a settembre, era già stata realizzata alla vigilia delle
visite di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI. Poi tutto è tornato, in
sostanza, come prima.
Tuttavia,
permane un misterioso silenzio su queste farse del regime cubano. Forse, mai
prima d’ora nella storia tanti leader mondiali hanno unito i loro sforzi per
salvare una dittatura, come oggi nel caso del regime dei Castro.
I
cubani che, dentro e fuori dell’isola, dedicano la vita per combattere sul
piano delle idee, in difesa della libertà e della dignità di Cuba, sono
disposti a continuare a esporre le manovre della dittatura castrista, sperando
contro ogni speranza.
Il
caso del cardinale Jaime Ortega merita un commento. Siamo dinanzi a una persona
che, alla guida della Chiesa cubana da oltre tre decenni, ha dimostrato di
essere un pastore pronto a dare la propria vita non per le pecore a lui
affidate, bensì per il lupo che vuole mangiarle.
L’appoggio
cattolico al comunismo castrista, però, non è l’unico mistero del dramma
cubano. Questo mezzo secolo di ingiustizie inimmaginabili, di miseria e di
sangue si è svolto sotto l’Indifferenza – con la I maiuscola – di gran parte
dell’opinione pubblica mondiale. Perché una tale indifferenza quando di fronte
ad altre dittature – quella nazista per esempio – dimostra, invece, una
reattività al limite dell’isterismo?
Un
ultimo commento, con una nota di biasimo, sulla collaborazione, testarda ed
enigmatica, che un macro-capitalismo, legato a una certa élite politica e
finanziaria mondiale, ha sempre dato al regime comunista cubano.
Che
Dio, a Cui a questo punto mi appello chiedendo giustizia, aiuti gli indifesi,
gli orfani, gli indigenti, le vittime di tanti abusi, rimuova l’indifferenza
del mondo e risollevi la nazione cubana.
Armando
Valladares
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