Il tempo passa,
ma la strategia della Rivoluzione è sempre la
stessa...
«A proposito
del Cile - mi scrive un'anonima lettrice - Le chiedo la gentilezza di una
spiegazione. Allende è il propugnatore
dell'attacco alla proprietà privata, o è un moderato, costretto da estremisti a
una parte che ripugna al suo temperamento? Vedo nel suo comportamento
sintomi che sembrano giustificare l'una e l'altra ipotesi. E da questo nasce la
mia perplessità.
«Veniamo ai
fatti. Nel periodo di instaurazione del suo governo, Allende fu salutato come
un moderato perfino dai suoi oppositori. Sembrava essere la garanzia contro una
radicalizzazione totale e rapida. Ebbe così le simpatie, almeno relative, di
ogni categoria di imprenditori, agricoltori, commercianti e industriali.
Speravano da lui che stroncasse i terroristi del MIR [Movimiento de izquierda
revolucionaria], ed evitasse le riforme violente.
«Questa prima
immagine non tardò a svanire. Egli infatti amnistiò i terroristi del MIR,
incrociò le braccia di fronte alle invasioni delle fattorie, e subito stimolò
una riforma agraria illegale e violenta.
«Adesso Allende
sembra desideroso di recuperare il suo primo volto. Benché acceleri l'esproprio
di fattorie con più di 80 ettari, garantisce le altre dalle occupazioni
illegali e dalla riforma confiscatoria. In questo modo imprime un ritmo lento
alla esecuzione del programma agrario dei socialisti e dei marxisti. E nello
stesso tempo si mette contro il nuovo segretario generale del Partito
Socialista, Carlos Altamirano, il quale discorda da quella che è o sembra
essere la "moderazione" di Allende.
«Le chiedo di
spiegarmi quali sono le rivalità personali e gli scontri dottrinali che danno
origine a una tale confusione, e qual è all'interno di questa confusione la
meta di Allende».
Ho l'impressione che la lettrice sia una insegnante, a
giudicare dalla chiarezza e dalla concatenazione con cui narra i fatti, e dalla
precisione con cui enuncia le domande.
Detto ciò, passo a rispondere, rettificando subito il
presupposto che, nella sua domanda, la simpatica insegnante dà come scontato.
Il Partito Socialista, al quale appartengono Allende e
Altamirano, è ufficialmente marxista, quindi comunista. Perciò gli avvenimenti
interni del partito di Allende e Altamirano non devono essere giudicati - come
fa la lettrice - secondo criteri validi per partiti liberali e borghesi, ma
secondo quelli adatti a partiti totalitari. Un partito democratico è, internamente,
una democrazia liberale in miniatura, e in esso i membri operano con la
elasticità di movimento inerente a questo regime. I partiti totalitari sono
soliti essere, nella loro vita interna, uno Stato dittatoriale in miniatura, in
cui la ragione degli avvenimenti deve essere cercata molto più nella decisione
suprema di un dittatore, che non nello scontro delle opinioni o delle ambizioni
personali.
Ciò posto, la vera domanda non deve essere quale sia
il ruolo di Allende, semplice fantoccio, come sono in generale i comunisti alla
ribalta. Quello che in realtà interessa
scoprire è se il comunismo ricava
qualche vantaggio dagli andirivieni di Allende, e quale sia questo
vantaggio. Solo chiarendo questo problema si può scoprire il senso dell'azione
del presidente del Cile.
Passo dunque a questo punto.
In politica - in Cile, come in Brasile o in
qualsiasi altro paese - non basta sconfiggere l'avversario. Perché
una vittoria sia definitiva sono necessarie due condizioni:
a) che il vinto si veda spogliato di qualsiasi
possibilità di reazione;
b) che il vincitore non esca dalla lotta tanto
indebolito, che gli manchino i mezzi per risolvere i mille problemi inerenti
all'esercizio del potere.
Salito alla carica suprema, tocca ad Allende, il
presidente riformista, sconfiggere l'imprenditore rurale, industriale e
commerciale. Se potesse, se li mangerebbe. Ma ne deriverebbero scontenti
profondi, risentimenti non sopibili, reazioni di disperazione di incalcolabile
portata. E un ovvio indebolimento del governo.
In queste condizioni, la vera formula per ottenere una
vittoria duratura sugli imprenditori - e anche sulla grande maggioranza dei cileni,
che è anticomunista -consiste nell'indurre gli stessi scontenti ad accettare
le riforme con rassegnazione.
Come creare questa rassegnazione? Una persona si
rassegna a un male solo quando si persuade della impossibilità di evitarlo, o
quando il danno che deriva dall'accettazione è minore di quello della reazione.
Ad esempio, il padrone di casa non espelle un intruso soltanto se sa di non
disporre delle forze necessarie a questo fine, o se teme di subire, in seguito
alla espulsione, una terribile vendetta.
Allende recitava le due parti
Così ad Allende conviene incutere nei sostenitori
della proprietà privata entrambi i sentimenti: quello dell'impotenza a
resistere, e quello della paura di conseguenze peggiori, in caso di
resistenza, anche se legale e pacifica.
Per ottenere questo duplice risultato, è necessario, da un lato,
incutere nell'avversario molta paura di quanto potrà succedere se cadesse
Allende. A questo fine servono Altamirano e il MIR. Ed è necessario, d'altro
lato, ottenere un po' di simpatia dall'avversario, garantendogli che non gli si
porterà via tutto, se accetta di buon grado la sconfitta, ecc.
Anche questo non è difficile. Lo fa la quinta colonna
inserita negli ambienti imprenditoriali. Il difficile, l'impossibile, sta
nel recitare nello stesso tempo le parti di vincitore orco e di vincitore
bonaccione.
Come uscirne? Recitando successivamente l'una e
l'altra parte.
A questo punto la lettrice può vedere quanto sia
conveniente per il comunismo che Allende faccia alternativamente la parte
dell'orco onnipotente, che può distruggere tutto e tutti con un decreto, e del
bonaccione, che distrugge solo la metà, e che fa uno sforzo terribile contro
coloro che vogliono costringerlo alla distruzione totale.
La povera vittima, se non si accorge del gioco, finirà
per difendere Allende contro i «distruttori» più terribili di lui (Altamirano e
il MIR), e per consegnargli con rassegnazione metà del mantello, per conservare
l'altra metà.
Potrebbe essere più chiaro il gioco di Allende?
Insistiamo sui due elementi necessari perché Allende
vinca la partita.
Anzitutto, comparse piene di furore, con l'aria di
essere pronte ad abbattere Allende e a fare, in una volta sola, le riforme più
radicali. Queste comparse sono Altamirano e il MIR (Movimento di sinistra rivoluzionaria).
L'altro elemento è la «quinta colonna» che influenza
la classe vinta, e che favorisce il gioco diffondendo, da orecchio a orecchio,
informazioni «riservate», che fanno di Allende un «buon gregario»,
dolente di essere costretto a perseguitare gli imprenditori, e disposto a
essere blando nelle riforme.
Non è difficile trovare degli Altamirano, dei MIR e
delle «quinte colonne». Lo prova la storia di tutti i tempi.
La destra si rassegnava al demagogo in uniforme
Napoleone, per esempio, voleva imporre
agli avversari della Rivoluzione l'accettazione dello Stato ugualitario da essa
prodotto. A questo fine, ebbe chi fece la parte di Altamirano. Fu la corrente
dei giacobini, i terroristi dell'epoca. Il Corso la conteneva con pugno
di ferro. Se fosse caduto, il giacobinismo sarebbe rinato. Davanti all'orrore
di questa prospettiva, la destra si rassegnava al demagogo in uniforme. Contemporaneamente
i suoi agenti andavano bisbigliando nei salotti della nobiltà che Napoleone la
stimava, e che le imponeva dei sacrifici soltanto per non esasperare i
giacobini. Così, la destra si rassegnava a perdere più della metà del suo
mantello.
È chiaro che non tutti si lasciano raggirare dalla
manovra. Alcuni tra i vinti resistono alla farsa.
Da questo fatto deriva un altro prezioso vantaggio per
il gioco: dividere l'avversario. «Divide et impera», insegnava
anche il Machiavelli. Coloro che si rassegnano, sopravvivono un poco; coloro
che non si rassegnano devono affrontare, isolati e indeboliti, una lotta dura e
incerta.
Matias Rakosy e
la "tattica del salame"
La tattica di dividere l'avversario per divorarlo a
poco a poco - tanto favorita dalla commedia appena descritta – ha
un nome. Il leader rosso Rakosi l'ha portata, in Ungheria, alla massima
perfezione. L'ha chiamata la «tattica del salame». Nessuno mangia in un
solo boccone un intero salame. Tagliandolo a fette, sì. È persino gradevole.
Così i comunisti separano e divorano i loro avversari.
È impossibile una qualsiasi resistenza a questo
processo? Solo la resistenza morale, fatta con prestigio e
forza, può guastare molte cose. Ne è prova Mindszenty, il cardinale eroe.
Avrà il Cile qualche Mindszenty, con o senza talare?
Speriamo, perché senza eroi nessun popolo oggi sopravvive...
Plinio Corrêa de Oliveira - Folha
de S. Paulo, 14 febbraio 1971
(Cfr.
"Il crepuscolo artificiale del Cile cattolico", Cristianità 1973)
(I
grassetti sono nostri)
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