sabato 28 aprile 2018

L’uomo mediocre, il peggior avversario...interno!


Si presenta con la leggerezza di una piuma,
tutta "buon senso" e "politicamente corretta",
per sabotare l'anima desiderosa di eroismo



L’uomo mediocre onora soltanto l’opinione pubblica

Se affermaste, in un salotto, che la tale celebrità è un uomo mediocre, destereste stupore: vi direbbero che siete paradossali. Il fatto è che non si sa più che cos’è un uomo mediocre (…).

Il segno caratteristico, assolutamente caratteristico, dell’uomo mediocre è la sua sollecitudine verso l’opinione pubblica. Egli non afferma mai, sempre ripete. Giudica un uomo secondo la sua età, la posizione sociale, il successo, la fortuna. Ha il più profondo rispetto per coloro che sono famosi  a un titolo qualsiasi. Farebbe la corte al suo più crudele nemico, se costui divenisse celebre, ma si curerebbe ben poco del suo migliore amico, se nessuno lo lodasse. Non concepisce neppure che un uomo ancora ignoto, un povero che s’incontra e che si tratta alla buona, al quale si dà del tu, possa essere un uomo di genio (…).


Per il mediocre l’ardore è un'esagerazione

L’uomo mediocre può avere questa o quella speciale capacità, può avere del talento; ma l’intuizione gli è impedita. Può imparare, ma non può presagire. Ammette talvolta un’idea, ma non la persegue nelle sue varie applicazioni, e se gliela presentate in termini differenti, egli non la respinge. Egli ammette talvolta un principio ma se giungete alle conseguenze di questo stesso principio, vi dirà che esagerate. Se il termine esagerazione non esistesse, l’uomo mediocre la inventerebbe.

L’uomo mediocre pensa che il Cristianesimo è un’utile precauzione che sarebbe imprudente ignorare. Tuttavia, nel suo intimo lo detesta. Talvolta ha per esso un certo rispetto convenzionale, lo stesso che ha per i libri di successo; però ha orrore al Cattolicesimo: lo ritiene esagerato, preferisce di molto il protestantesimo, credendolo moderato.



È amico di tutti i princìpi e di tutti i loro contrari.

L’uomo mediocre può avere stima per la gente virtuosa e per le persone di talento, ma ha timore ed orrore dei santi e degli uomini geniali: li trova esagerati. Si domanda a che servano gli ordini religiosi, soprattutto quelli contemplativi. Tollera le suore di san Vincenzo de Paoli  perché la loro attività si svolge, almeno in parte, nel mondo visibile. “Ma le carmelitane, si domanda, a che servono?

Se l’uomo mediocre per natura diventa realmente cristiano, cessa del tutto di essere mediocre. Potrà non diventare un uomo superiore, ma viene sottratto alla mediocrità (…). L’uomo che ama non è mai mediocre.

L’uomo veramente mediocre ammira un po’ tutte le cose, ma non ammira nulla con calore. Se voi gli esponete i suoi stessi pensieri e sentimenti esprimendoli con un certo entusiasmo, egli sarà scontento, ripeterà che voi esagerate; preferirà i suoi nemici, se sono freddi, ai suoi amici, se sono ardenti. Ciò che detesta più di ogni altra cosa è l’ardore.



Odia lo splendore della verità

L’uomo mediocre non ha che una passione: l’odio del bello. Ripeterà a volte una verità banale con espressioni banali; esprimetegli la stessa verità con splendore: vi maledirà, perché avrà incontrato il bello, suo nemico personale.

La prima parola dell’uomo mediocre che giudica un libro è sempre relativa a un dettaglio, e di solito a un dettaglio di stile: “È ben scritto”, dice quando lo stile è scorrevole, tiepido, incolore, timido; “è mal scritto”, dice, quando la vita scorre nella vostra opera, quando voi parlando vi forgiate un linguaggio, quando esprimete i vostri pensieri con quel vigore che è la franchezza dello scrittore. Egli ama la letteratura impersonale, detesta i libri che l’obbligano a riflettere.



Ha sempre paura di compromettersi

L’uomo mediocre ama gli scrittori che non dicono né si né no su qualsiasi questione, che non affermano nulla (…). Vorrebbe negare il Cristianesimo, ma negandolo educatamente, con una certa moderazione nelle espressioni. Egli trova insolente ogni affermazione, in quanto ogni affermazione esclude la proposizione contraddittoria. Ma se siete un po’ amico e un po’ nemico di tutte le cose, vi riterrà saggio e prudente, ammirerà la delicatezza del vostro pensiero e dirà che avete il dono dei passaggi e delle sfumature.

Per sfuggire al rimprovero d’intolleranza ch’egli rivolge a chiunque pensi virilmente, bisognerebbe rifugiarsi nel dubbio assoluto, ma non bisognerebbe nemmeno chiamare il dubbio col suo nome: bisogna dargli le apparenze di un’opinione dimessa, che rispetta i diritti dell’opinione opposta, che sembra affermare qualcosa ma che non dice assolutamente nulla: bisogna aggiungere ad ogni frase una perifrasi edulcorante: “mi sembra”, “oserei dire”, “se mi e’ permesso di esprimermi così”. 

Nell’uomo mediocre in attività, in funzione, rimane un’inquietudine: la paura di compromettersi. Esprime pertanto alcune valutazioni, rubate a Monsieur de la Palisse, con la riserva, la timidezza e la prudenza di uno che teme che le sue troppo audaci parole sconvolgano la gente.



Detesta i dogmi e lo spirito soprannaturale

L’uomo mediocre sostiene che Gesù Cristo avrebbe dovuto limitarsi a predicare l’amore, senza compiere miracoli; detesta però ancora di più i miracoli dei santi, soprattutto quelli dei santi di oggi. Se gli riferite un evento che sia allo stesso tempo soprannaturale e contemporaneo, vi dirà che le leggende possono far colpo nella vita dei santi, ma che bisogna lasciarle a loro; e se gli fate notare che la potenza di Dio è oggi quella stessa di una volta, vi risponderà che esagerate.



L’uomo mediocre sostiene che c’e’ del buono e del cattivo in ogni cosa.

(…) Se affermate energicamente la verità, vi dirà che avete troppa fiducia in voi stessi: lui, che è così orgoglioso, non sa nemmeno cos’è l’orgoglio! È allo stesso tempo modesto e orgoglioso, sottomesso a Voltaire e ribelle alla Chiesa. Il suo motto è il grido di Joab: “Audace solo contro Dio!

L’uomo mediocre, nel suo timore delle realtà superiori, sostiene di stimare innanzitutto il buon senso: ma non sa cosa sia il buon senso; con questo termine intende la negazione di tutto ciò che è grande. Egli può benissimo essere capace di quella cosa senza valore che nei salotti viene chiamata arguzia, ma non può avere l’intelligenza, che è la capacita’ di intuire [“leggere”] l’idea nel fatto. L’uomo intelligente solleva il capo per ammirare e adorare, l’uomo mediocre eleva la testa per irridere: tutto ciò che sta al di sopra di lui gli sembra ridicolo, l’infinito gli sembra un nulla.

L’uomo mediocre non crede al diavolo; deplora che la religione cristiana abbia dei dogmi, vorrebbe ch’essa insegnasse unicamente la morale; e se gli dite che la sua morale nasce dai suoi dogmi, vi risponderà che esagerate.

Egli confonde la falsa modestia, che è la menzogna ufficiale degli orgogliosi di basso livello, con l’umiltà, che è la virtù naturale e divina dei santi. Ecco la differenza tra questa modestia e l’umiltà: l’uomo falsamente modesto crede che la propria ragione sia superiore alla verita’ divina e da essa indipendente, ma contemporaneamente la crede inferiore a quella di Voltaire; si crede inferiore al più piatto imbecille del XVIII secolo, ma si burla di santa Teresa d’Avila. L’uomo umile disprezza tutte le menzogne, quand’anche venissero glorificate per tutta la terra, e si inginocchia davanti ad ogni verità. (…)



Odia gli uomini di genio

L’uomo mediocre è il più freddo e il più feroce nemico dell’uomo di genio. Gli oppone la crudele resistenza della forza d’inerzia, gli oppone le proprie abitudini meccaniche e invincibili, la roccaforte dei propri vecchi pregiudizi, la propria malevola indifferenza, il miserabile scetticismo, quest’odio profondo che rassomiglia all’imparzialità; gli oppone l’arma della gente senza errore, l’insensibilità della stupidità. Il genio fa conto dell’entusiasmo, chiede che ci si abbandoni; l’uomo mediocre non si abbandona mai, è senza entusiasmo e senza pietà: queste due cose vanno sempre insieme.

Quando l’uomo geniale è scoraggiato e si crede prossimo alla morte, l’uomo mediocre lo guarda con soddisfazione, gioisce di quest’agonia, dicendo: “l’avevo previsto, quell’uomo era sulla cattiva strada, aveva troppa fiducia in se stesso!” Se l’uomo di genio trionfa, il mediocre, pieno d’invidia e di odio, perlomeno gli opporra’ i “grandi modelli classici”, come suole dire, gli uomini celebri del secolo passato, e cercherà di credere che l’avvenire lo vendichera’ del presente.



Bassezza degli uomini mediocri e grandezza degli uomini superiori

L’uomo mediocre è molto più malvagio di quanto non creda e lo si creda, poiché la sua freddezza vela la sua malvagità. Non si adira mai. In fondo, vorrebbe annientare le stirpi superiori; non potendolo, si vendica facendole i dispetti; commette piccole infamie che, a forza di essere piccole, non hanno l’aria di essere infami. Punge con degli spilli, e gioisce se il sangue scorre, mentre l’assassino ha paura del sangue che versa; l’uomo mediocre non ha mai paura: si sente sostenuto dalla moltitudine di coloro che gli rassomigliano. (…)


Quelli che adulano i pregiudizi, le abitudini dei loro contemporanei, sono spinti e giungono al successo: sono gli uomini del loro tempo. Quelli che rimuovono i pregiudizi e le abitudini, quelli che respirano in anticipo l’aria dell’epoca che li succedera’, questi spingono gli altri e giungono alla gloria: sono gli uomini dell’eternita’. Ecco perché il coraggio, che è inutile al successo, è la condizione assoluta della gloria. Sono grandi coloro che s’impongono agli uomini invece di subirli, che s’impongono a sé stessi invece di subirsi, che soffocano con lo stesso sforzo i loro scoraggiamenti e le resistenze esterne. Ciò che chiamiamo grandezza è l’irradiazione della sovranità.

L’uomo mediocre che ha successo risponde ai desideri attuali degli altri; l’uomo superiore trionfante risponde ai presentimenti sconosciuti dell’umanità. Il mediocre può mostrare agli uomini la parte di loro stessi che già conoscono; l’uomo superiore rivela agli altri la parte di loro stessi che non conoscono.

L’uomo superiore penetra dentro di noi più profondamente di quanto noi stessi abbiamo l’abitudine di discendere. Egli dà voce ai nostri pensieri, è più intimo con noi di noi stessi; ci irrita e ci rende felici, come uno che ci svegliasse per andare a contemplare con lui il sorgere del sole. Strappandoci alle nostre case per introdurci nei suoi domini, ci inquieta, e nello stesso tempo ci dona la pace suprema.




Il mediocre, che si lascia là dove siamo, ci ispira una morta tranquillità che non è la quiete.

L’uomo superiore, incessantemente tormentato e lacerato dall’opposizione tra ideale e reale, avverte meglio degli altri la grandezza umana, ma anche la miseria umana; si sente chiamato con più forza verso quello splendore ideale che è il fine di noi tutti, e danneggiato più mortalmente dalla vecchia decadenza della nostra misera natura e ci comunica questi due sentimenti che subisce. Egli accende in noi l’amore per l’essere e risveglia in noi senza tregua la coscienza del nostro nulla.



L’uomo mediocre in due parole: freddezza e vanità

L’uomo mediocre non avverte né la grandezza, né la miseria, né l’Essere, né il nulla; non è né estasiato ne’ decaduto: resta sul penultimo gradino della scala, incapace di salire e troppo pigro per scendere.

Nei suoi giudizi come nelle sue azioni, sostituisce la convenzione alla realtà, approva ciò che trova posto nel suo casellario, condanna ciò che sfugge alle denominazioni e alle categorie che conosce, teme la meraviglia e, non avvicinandosi mai al mistero terribile della vita, evita le montagne e gli abissi lungo i quali essa accompagna i propri amici.

L’uomo geniale è superiore a ciò che compie: il suo pensiero è superiore alla sua opera. Il mediocre è inferiore a ciò che compie; la sua opera non è la realizzazione di un’idea; è un lavoro eseguito secondo certe regole.

L’uomo di genio lascia sempre incompiuta la sua opera; l’uomo mediocre è pieno della propria opera, pieno di sé stesso, pieno di niente, pieno di vuoto, pieno di vanità. Quest’odioso personaggio sta interamente in queste due parole: freddezza e vanità!

Ernest Hello

Brani dell'opera “L’homme”, Perrin, Paris, 1894, pp. 57-67





(I grassetti sono nostri)



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