La combattività esige uno spirito eroico.
L'eroismo è la caratteristica primaria non solo della cavalleria, ma della
santità. Non ci riferiamo solo al grande numero di santi combattenti
canonizzati dalla Chiesa, ma alla santità che, in quanto tale, presuppone l'esercizio
eroico delle virtù.
Sotto quest'aspetto, afferma
Plinio Corrêa de Oliveira, "ogni
cavaliere dovrebbe essere un santo, nel vero senso della parola. Se le sue
condizioni di vita dovessero cambiare - ad esempio, se capitasse che un
cavaliere del re e crociato Baldovino il Lebbroso venisse trasportato
attraverso i secoli e nominato Cardinale Segretario di Stato di san Pio X -
egli si adopererebbe in favore di quest'ultimo, in quanto cardinale della curia
Romana, allo stesso modo del cardinale Merry del Val.
Sta
nell'essenza del cavaliere affrontare ostacoli enormi.
Per
sconfiggerli: dedizione, amore a Dio, alla Madonna e alla Santa Chiesa; e
ancora, generosità e dono di sé. Perciò la persona deve subire due forme di martirio. La prima è quella di condurre una
vita che non meriterebbe di essere vissuta, se non ci fosse il desiderio del soprannaturale, a causa
della fede. Perché se non avesse la fede, la persona non accetterebbe mai
una vita simile. In secondo luogo, è andare
avanti fino al martirio, qualora ve ne sia bisogno, con la grazia speciale che Dio concede al martire nell'ora X che
non è la stessa grazia che uno ha finché non è giunto quell'esatto momento.
Con
ciò è definito il santo".
San Luigi Gonzaga, san Stanislao Kotska e
san Giovanni Berchmans furono tre santi in cui brillò in maniera sovreminente
la castità. Essi esercitarono in grado eroico questa virtù, che arrivò al punto
tale da far dimenticare il loro eroismo. "Ma Dio ha costituito i cavalieri
come una famiglia di anime, che sta all'eroismo come i tre santi gesuiti
stanno alla purezza, quali personificazioni della purezza. I cavalieri sono
simili, e in loro si percepisce l'eroismo come in san Giovanni Berchmans si
percepiva la purezza. La Provvidenza ha
creato la Cavalleria affinché essa potesse realizzare, in modo
super-eccellente, l'opera della glorificazione dell'eroismo; infatti, tutte
le altre virtù hanno un così grande valore quando vengono praticate in grado
eroico, che ci fanno quasi dimenticare l'eroismo".
Questa concezione militante della vita è,
per Plinio, un'espressione dell'amore verso il prossimo. In Paradiso ameremo
senza bisogno di immolarci, ma sulla terra la carità presuppone il sacrificio.
La combattività è dunque una forma di immolazione. "La combattività ha una forma speciale di bellezza, quella
dell'immolazione. Se prendiamo la parola 'immolazione'- non nel senso di colui
che si lascia trucidare, ma nel senso di colui che lascia tutto quanto ha di suo, rinuncia a tutto ciò che è suo, per immergersi più interamente nello sforzo
della lotta, per amore a qualcosa che va
al di là di quello che è suo, e perfino al di là di ciò che è di altri -
comprendiamo il motivo per cui, chi è
guerriero per intero, è anche un cavaliere".
"La
fede capace di ispirare l'eroismo è quella che ha uno spirito militante. Per noi, è sinonimo dell'amore alla
croce, perché la nostra croce va portata
alla maniera dei cavalieri. La nostra croce sta nell'essere 'cavallereschi'".
Il XIX secolo è stato un'epoca di grande
rinascita spirituale, soprattutto in Francia. La nazione che più profondamente
era stata colpita dall'uragano della Rivoluzione, vide svilupparsi, come
reazione, una nuova atmosfera di devozione e di pietà e un forte movimento di
affermazione dei diritti della Chiesa, detto ultramontano.
Agli ultramontani si opposero i cattolici liberali che rifiutavano l'atteggiamento di categorica
opposizione alla Rivoluzione e tentavano di stabilire forme di accomodamento con il mondo moderno. Essi erano
disposti a rinunciare all'affermazione pubblica dei diritti della Chiesa, pur
di mantenere la libertà di culto e di religione.
A questa posizione corrispondeva la
tendenza ad una religiosità intima e
sentimentale, che faceva prevalere
il motivo soggettivo della salvezza della propria anima su quello oggettivo
della gloria di Dio e de, soprattutto, rinunciava all'eroismo. Questo
atteggiamento spirituale intimistico era la conseguenza della separazione liberale tra ordine religioso e
quello temporale. I cattolici erano spinti abbandonare il terreno politico
e sociale per rifugiarsi nelle loro pratiche devozionali. Il nostro autore
attribuisce una forte responsabilità di questo cambiamento al rettore del
seminario di Saint-Sulpice, mons. Emery, di cui analizza il ruolo ambiguo nella
Rivoluzione francese.
Molti cristiani, nel 1792, affrontarono il
martirio, e sono oggi canonizzati, per aver rifiutato quel giuramento
"liberté-egalité" che Emery
consigliò di prestare.
Egli non fu un adepto della Rivoluzione
francese, ma fu il progenitore di quel "terzo partito" che cercava di trovare un punto di incontro, più pratico che ideologico, tra la Chiesa e la
Rivoluzione. A mons. Emery risale quello spirito di conciliazione e di
concessioni che tende a subordinare la
Chiesa al mondo, nella convinzione che il mondo non possa essere pienamente
convertito dalla Chiesa.
Ma se contro il liberalismo cattolico vi fu
una vigorosa reazione, che ebbe il suo manifesto nel Sillabo di Pio IX, non
avvenne un'analoga controffensiva contro questo atteggiamento spirituale.
Plinio definì questa tendenza al compromesso dello spirito "eresia bianca", allo "stesso modo in cui dom Chautard parla di
'eresia delle opere", intendendo con questo termine non un'eresia dottrinale,
ma "una forma di religiosità o di azione in cui la virtù viene
concepita come qualcosa di estraneo
all'eroismo, o eroica ma soltanto su una rotaia".
L'eresia bianca si oppone diametralmente
allo spirito di sant'Ignazio e delle crociate. "Il crociato medievale aveva spesso lidi che la guerra era solo quella
che aveva luogo sul campo di battaglia.. Sant'Ignazio di Loyola amplificò la
nozione, estendendola alla vita intera: tutto diventò lotta. Poi, è arrivata l'eresia bianca, e ha
dichiarato: tutto è non-lotta, eccetto la guerra. È una regressione, poiché
sant'Ignazio aveva esteso il concetto; e noi dobbiamo ampliarlo ancor di più,
in questo senso: tutto nella vita è
soprattutto lotta. Non affermiamo che 'tutto è lotta', ma 'tutto è
soprattutto lotta, il senso principale
di ogni cosa è la lotta".
Oggi all'eroismo rischia di sostituirsi uno
spirito di accomodamento con il mondo, al primato della gloria di Dio quello
della salvezza della propria anima. In realtà, come ben sottolinea dom Pollien,
ciò che di più elevato dobbiamo vedere nella religione non è la nostra salvezza, ma
la gloria di Dio. La religione consiste infatti più nel rispettare i diritti di Dio che nel salvare le proprie speranze;
più nel glorificare Dio, che nel render beato sé stesso. L'essenziale della religione è l'onore di Dio; l'accessorio è la
felicità dell'uomo che segue necessariamente l'onore di Dio.
Caratteristica dell'eresia bianca è l'estinzione delle passioni più nobili
che possono guidare un cristiano: l'amore
alla giustizia in quanto tale, l'odio
al peccato, la volontà di sterminare
il male.
Nasce perciò un nuovo tipo di cattolici, privi di grandi idee e orizzonti
dottrinali, ma anche privi di grandi
passioni, a cominciare dalla capacità di
odio, di indignazione e di collera.
La dissociazione tra virtù ed eroismo è
l'inizio di una decadenza spirituale, che Plinio riassume in questi tratti:
"A
partire dal momento in cui è cominciato il declino dell'ideale della
cavalleria, i sofismi subconsci
apparsi all'interno della pietà dei
fedeli sono i seguenti:
1º
- L'eroismo e la santità sono due cose distinte; si può essere eroe senza
essere santo, e perciò, quando veneriamo un santo, stiamo venerando delle virtù distinte dall'eroismo. Ad
esempio: la purezza di san Luigi di Gonzaga o la sapienza di san Tommaso di
Aquino. Risultato: un santo non ha bisogno di essere eroico.
2°
- L'eroismo, per sua natura, è più
aderente alla sfera laica che non a quella religiosa. Il sacerdote non è un
eroe, nel senso comune della parola. Un sacerdote, divenuto più tardi vescovo,
mi disse che il sacerdote è un essere intermedio fra uomo e donna. I sacerdoti
non hanno familiarità con l'idea dell'eroismo quale era inculcata dalla
Cavalleria, cioè, quell'eroismo che può pervadere tutte le forme della virtù della fortezza.
3°
- L'eroe, a guardarlo bene, è un
uomo sbagliato, allo stesso modo in cui il poeta, a guardarlo bene, è un pazzo.
Si dice allora che è uno che ha uno
spirito unilaterale, o senza viscere,
o senza cuore, ma sempre e comunque è un essere sbagliato.
4º
- La vita umana trova la pienezza del suo significato e della propria
realizzazione senza che ci sia bisogno
di combattimento. Dunque, meglio che non vi siano combattimenti. Ogni
infortunio, ogni difficoltà che ci obblighi alla lotta è una sventura. Il quieto vivere diventa l'essenza
della vita".
Tratto dal libro "Plinio Corrêa
de Oliveira, Apostolo di Fatima e Profeta del Regno di Maria", di
Roberto de Mattei - Edizioni Fiducia 2017, con Prefazione di S.E. mons. Athanasius
Schneider.
San Luigi IX di Francia, Re e
Crociato, all'assalto di Damietta,
in Egitto
(I
grassetti sono nostri)
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