Prima che il coro
intoni le Lamentazioni del profeta Geremia, permettetemi di
tessere qualche commento.
Come
sapete, il profeta Geremia pianse la caduta di Gerusalemme e, allo stesso
tempo, la Passione e Morte di Nostro Signore Gesù Cristo. In questo senso, egli
è forse il profeta più addolorato, più carico di tormenti e di lamenti. A tal
punto che, perfino oggi, di qualcuno che piange troppo si dice che è un
“Geremia”, e di un lamento terribile si dice che è una “geremiade”. Geremia fu
il profeta delle lacrime, colui che profetizzò meglio il pianto e il dolore di
Nostro Signore e della Madonna.
Ecco i
brani che saranno cantati fra poco:
“Ah! Come mai siede solitaria la città un tempo ricca di popolo! È divenuta
come una vedova, la grande fra le nazioni, la Signora delle province, è ridotta
a servire e a pagare tributo!”.
Infatti,
Gerusalemme era sovrana e governava province, e adesso è costretta a servire e
a pagare tributo. Ha perso la sovranità che la adornava ed è soggetta al potere
straniero. Ha perso il meglio della sua gloria ed è ridotta in uno stato di
somma prostrazione.
Continua
Geremia:
“In amaro pianto trascorre le notti, le sue lacrime scendono sulle guance;
non vi è chi la consoli fra tutti i suoi amanti; tutti i suoi amici l’hanno
tradita, le sono divenuti nemici”.
La
Principessa è completamente prostrata. Quelli che la amavano l’hanno
abbandonata, gli amici adesso la disprezzano. Ed ella piange durante la notte,
nell’oscurità e nell’isolamento. Gerusalemme è abbandonata, gli avversari
l’hanno espugnata ed hanno ridotto il popolo in schiavitù, nessuno la cerca
più, non c’è più culto divino, non c’è più legge, non c’è più commercio, non
c’è più vita. La città è un ammasso di rovine…
Questo
pianto profetico sulla città di Gerusalemme si applica anche alle sofferenze
della Santa Chiesa Cattolica nel corso dei secoli e, soprattutto, alla più
angosciante di tutte le sofferenze della Chiesa dalla Pentecoste ai giorni
nostri: il dolore per la terribile crisi
che oggi la attanaglia e che diventa sempre più accentuata. Possiamo
applicare alla Chiesa di oggi le parole di Geremia: “Ah! Come mai
siede solitaria la città un tempo ricca di popolo!”.
La
Chiesa cattolica una volta era piena di gente. Tutti la frequentavano, la
adoravano, la riverivano, la onoravano. Oggi
le chiese sono ancora piene ma la Chiesa è vuota. Si vedono molte persone a
Messa, il numero delle comunioni è in aumento. Quando arriva l’ora della
comunione, in alcune chiese quasi tutti si accostano alla mensa eucaristica. Si
direbbe che è in atto una rifioritura della Fede. Quanto è vana tale fioritura!
Quanto sono pochi coloro che, all’interno della Chiesa, si possono considerare
veri figli!
Cos’è
un vero figlio della Chiesa cattolica? È colui che crede in tutto ciò che la Chiesa crede, ama tutto ciò che la Chiesa ama e, quindi, non dubita di nulla di ciò che la Chiesa insegna. Allo stesso
tempo, detesta quanto sia contrario alla
Chiesa. È, quindi, un individuo completamente ultramontano, che non dà il
suo cuore a nulla che non sia il cuore della Chiesa. Questo è il vero
cattolico.
Io mi
chiedo: di tutte queste persone che affollano le chiese oggi, quante sono
veramente cattoliche? Quante la pensano in tutto come la Chiesa e sono piene
del suo spirito?
Una
volta le chiese erano strapiene di veri cattolici, di fedeli ciascuno dei quali
era un vero tempio dello Spirito Santo. La Chiesa viveva nelle anime dei fedeli
che la frequentavano. Oggi la Chiesa ha perso quel dominio, è stata abbandonata
dai popoli. Oggi certi pastori guidano
il gregge in una direzione opposta alla Chiesa.
La
Chiesa è completamente sola. Lei che era la Signora delle nazioni, perché
governava su tutti. Lei che era la Principessa delle province, perché ogni grande nazione della terra era come
una provincia amorevolmente soggetta al suo dominio. Ebbene, questa
Principessa giace sola e abbandonata...
Ricordo
un quadro medievale che raffigurava una Messa pontificia. Il Papa era
accolitato dall’Imperatore del Sacro Impero e dal Re di Francia, mentre il Re
di Spagna e quello dell’Inghilterra erano lì a fianco. Questa era la Santa Chiesa, Signora delle province! Il Sacro Impero, la
Francia, la Spagna, l’Inghilterra, tutti la adoravano e la servivano!
Come è
tutto diverso oggi! Ecco perché la Chiesa piange, piange di notte, piange sola.
È la notte dell’incomprensione, nessuno più la capisce, nessuno più la segue. E
lei piange. È il pianto della Madonna a
Siracusa, il pianto della Madonna a Rocca Corneta. A La Salette e in altri
luoghi, la Madonna è apparsa piangendo o mostrando tristezza. È lo stesso pianto della Chiesa, sola e di
notte.
Spetta a noi accompagnarla in questo
pianto solitario, oggi, stasera. Dobbiamo cercare il dolore della
Principessa delle nazioni per consolarla! Mi viene in mente una bella
espressione di Chateaubriand. Parlando della sua fedeltà ai legittimi eredi al
Trono di Francia, che lo avevano molto deluso, egli scrisse: “Sono un cortigiano della sventura!”. Noi
dobbiamo essere cortigiani della sventura. In
questa terribile notte, in cui la Chiesa giace prostrata per terra, abbandonata
da tutti, noi dobbiamo avvicinarla con venerazione e con tenerezza. Con i
nostri cuori trasbordando di amore, dobbiamo dire alla Chiesa ciò che ella deve
sentire.
Innanzitutto, dobbiamo dire che crediamo
nella Chiesa dal fondo delle nostre anime, totalmente, completamente. Vogliamo
pensare come ella pensa, sentire come ella sente, volere come ella vuole. Dobbiamo –
letteralmente – ubriacarci di amore per la Chiesa, con la casta ebbrezza dello
Spirito Santo. Quando gli Apostoli ricevettero lo Spirito Santo, a Pentecoste,
la gente diceva che erano ubriachi. Era l’entusiasmo del divino Spirito Santo.
Riempiamoci
dello spirito della Chiesa e proclamiamo che, nonostante tutto, noi rimaniamo
fedeli: conserviamo l’antica dottrina,
manteniamo un Magistero che non cambia, serbiamo gli usi perenni in cui si
riflette l’autentico spirito della Chiesa. Noi conserviamo la certezza che
la Chiesa è viva, che un giorno ella vincerà. Teniamo i nostri occhi rivolti
verso la Chiesa, verso i suoi trionfi
futuri, verso il Regno di Maria. La nostra adorazione per la Chiesa giunge
così lontano che, proprio quando sta
sola e prostrata per terra, offriamo a lei questo atto di suprema obbedienza.
Nel
momento in cui tutti sembrano abbandonarla, noi ci inchiniamo davanti a lei.
Nella misura del ragionevole, del necessario, e secondo la sua costituzione divina, diciamo che obbediamo alla sua
gerarchia e ai suoi legittimi pastori. Questo è il nostro atteggiamento.
Se uno
di noi morisse in questo momento, svegliandosi alla vita eterna contemplerà Dio
in faccia e sarà accolto dalla Madonna con una tenerezza ineffabile. Udirà da
Nostro Signore, con una voce intrisa di amore, queste parole riguardanti il
Giudizio Finale: “Io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho
avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e
mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a
trovarmi”.
La Santa Chiesa Cattolica, che è il Corpo
mistico di Cristo, è in un certo senso
nuda. Noi dobbiamo coprirla con il nostro amore, sacrificando per lei tutto il
nostro prestigio e tutti i nostri beni terreni, unicamente per esaltarla con
gloria agli occhi degli uomini.
Vogliamo
poter dire: la Chiesa aveva fame e noi le abbiamo dato da mangiare, portando
nel suo gregge figli di una fedeltà perfetta. Era incarcerata, la sua voce non si sentiva più, e noi abbiamo rotto il
silenzio proclamando la sua vera dottrina eterna.
Se, nel
Giudizio Finale, Dio ripagherà in modo magnifico ogni piccola elemosina data al
minimo dei mendicanti, come Egli non ripagherà le elemosine fatte a questa
sublime, questa regale, questa meravigliosa mendicante! La Santa Chiesa
Cattolica è nostra Signora, piena di dolore, coperta di lividi ma Regina come
sempre e più bella che mai!
Quando,
fra qualche minuto, sentiremo il coro cantare le Lamentazioni di Geremia, dobbiamo far sì che le melodie esprimano i
sentimenti della nostra anima, presentati alla Santa Chiesa Cattolica per mezzo
della Madonna e di Nostro Signore Gesù Cristo. Dobbiamo dire alla Chiesa
che noi condividiamo il suo dolore, condividiamo il suo pianto, che le nostre
anime piangono e, piene di amore, bramano per consolarla con un amore
riparatore che copra tutto il male e tutto l’odio che le viene lanciato contro
in questo momento.
Dobbiamo
tener presente che, proprio quando la Chiesa è più perseguitata, se qualcuno le
si avvicina per consolarla nella sua sublime solitudine, per lavare la sua
vergogna con le proprie lacrime, le grazie e i miracoli sgorgano da ogni parte.
Dopo
l’auge dell’Agonia e Morte di Nostro Signore Gesù Cristo, è cominciata l’era
dei grandi miracoli. La conversione di Disma, che da ladrone sentenziato e
giustiziato è passato ad essere un santo: “Tu oggi sarai con me in Paradiso”. Il primo santo della
storia fu canonizzato dall’alto della Croce. La guarigione del centurione
Longino, che trapassò il fianco di Nostro Signore con la sua lancia. Egli, che
era quasi cieco, fu guarito dal liquido che ne scaturì. Poco prima c’era stato
il miracolo della Veronica. Fermatasi per ripulire Nostro Signore, coperto di
polvere, sangue, sputi e ogni sorta di sporcizia, vide il Sacro Volto stampato
sul velo.
Chiediamo
a Nostro Signore Gesù Cristo che, per la nostra fedeltà alla Chiesa in questo
momento supremo, ci conceda il miracolo
della nostra conversione. Chiediamo che ognuno di noi diventi un apostolo degli ultimi tempi, secondo
quanto scrisse san Luigi Maria Grignion de Montfort nella sua “Preghiera
infuocata”. Chiediamo che ognuno di noi sia pienamente ciò per cui è stato creato, che diventi
quel santo che dovrebbe essere. Chiediamo che su questo velo morale col quale
ripuliamo la Santa Chiesa di Nostro Signore Gesù Cristo, si stampi il Suo Sacro
Volto. Noi vogliamo, stampato sulle nostre anime, il Sacro Volto del Signore
nostro Gesù Cristo, cioè lo spirito di Cristo, perché il volto è il simbolo
dello spirito.
E con
queste disposizioni di anima, e invocando il patrocinio del profeta Geremia,
che adesso ascolteremo le Lamentazioni del profeta Geremia.
Plinio
Corrêa de Oliveira - 11 Agosto 1967
Composizione musicale di Thomas Luis de Victoria (Spagna, sec. XVI):
(I grassetti sono nostri)
Nessun commento:
Posta un commento