L'ex
presidente del Brasile "Lula" conduceva una ingente
corruzione
finanziaria, perpetrata durante il suo governo neo-socialista.
Ma,
ancor peggio, promuoveva la corruzione ideologica
voluta accanitamente dal clero progressista della "Chiesa nuova",
perché ispirata
alla sinistrorsa "Teologia della liberazione",
già condannata dalla
Chiesa.
Infatti, "dove non c’è religione né moralità,
dove i
valori religiosi non contano e la Fede è dimenticata,
le cose
andranno necessariamente verso il disfacimento
di
tutto l’ordine economico, politico e sociale".
Riflessioni utili
[...] È lecito finanziare i candidati politici?
È legittimo, per principio, che un uomo ricco, un
imprenditore, spenda una somma importante per favorire l’elezione di un
politico difensore di idee simili alle sue?
In tesi, il fatto che una persona ricca faccia una
donazione per l’elezione di qualcuno che non possieda mezzi economici non è, di
per sé, un atto disonesto. Può persino essere considerato un atto di virtù.
Anzi, sarebbe un uomo molto meschino chi, essendo in grado di facilitare,
attraverso contributi finanziari, l’accesso a una carica pubblica importante di
un candidato che presenti un programma in grado di salvare il paese, non lo
faccia.
Orbene, la situazione cambia quando egli lo fa, non
per affinità ideologica o per idealismo patriottico, bensì per un accordo falsato.
Infatti, se questi finanzia un candidato solo perché gli saranno concessi
vantaggi nello svolgimento delle sue attività economiche, per esempio ricevendo
in cambio un appalto privilegiato, la combinazione diventa falsata. Una tale
combinazione implica, molte volte, che l’appalto sia vinto non dall’azienda più
competente, bensì da quella che ha facilitato i soldi al candidato o al
partito. Un tale accordo trasforma un atto idealista in qualcosa di affaristico,
mostrando il lato nascosto e spurio di un tale sistema.
Vengono meno le regole della libera concorrenza e si
stabilisce un sistema che puzza di monopolio, poiché il vincitore dell’appalto
potrà applicare il prezzo che vuole. Questo è un atto profondamente disonesto,
perché la ditta vincitrice scaricherà sulle spalle dei cittadini il costo del
favore ricevuto.
Ci si domanda: questo problema è intrinseco alla
democrazia o al capitalismo?
Considerate le cose in tesi, questo tipo di corruzione
non squalifica la democrazia stessa, né il sistema economico di libero mercato.
È una distorsione che può facilmente verificarsi in qualsiasi forma di governo,
sia esso democratico o monarchico. E succede sia nel sistema economico
capitalista sia in quello comunista. Conviene ricordare che nel comunismo i
membri del Partito - specialmente la cosiddetta nomenklatura - costituiscono
una casta, che ottiene tutti i vantaggi.
Il livello della moralità pubblica
Il problema è fondamentalmente morale e religioso. Il
nocciolo del problema non si trova nella forma di governo o nel sistema
economico. Risiede nel grado di moralità pubblica e, in particolare, nel
comportamento degli uomini pubblici. Quando ci sono persone che prendono sul
serio l’esistenza di Dio e seguono la Sua Legge, tali cose non succedono.
Dove, invece, la popolazione non prende sul serio
l’esistenza di Dio e non segue la Sua Legge, è inevitabile che molte persone
rubino, si appropriano cioè di beni che non appartengono loro.
Si tratta, dunque, di un problema che, pur contenendo
riflessi economici e politici, è fondamentalmente morale e, come tale,
coinvolge un problema religioso. Dove non c’è religione né moralità, dove i
valori religiosi non contano e la Fede è dimenticata, le cose andranno
necessariamente verso il disfacimento di tutto l’ordine economico, politico e
sociale.
E la repressione del furto?
È chiaro che ogni tipo di illegalità e di immoralità
pubblica va soppressa categoricamente. Tuttavia, la corruzione non sarà mai
eliminata semplicemente punendo i corrotti. In un paese dove la stragrande
maggioranza della popolazione non adempie i Dieci Comandamenti della legge di
Dio, il numero dei corrotti tenderà a crescere indefinitamente. Se cinque di
loro sono arrestati, chiunque creda che il numero dei criminali diminuirà di
cinque unità si inganna. Sono stati semplicemente lasciati cinque posti liberi.
E per coprirli arriveranno non cinque ma cinquanta candidati, cioè cinquanta
nuovi ladri. E la corruzione aumenterà.
Ufficializzazione del
furto
Se persino gli onesti sono a volte costretti a
prevaricare quando il riconoscimento dei loro diritti dipende da funzionari
pubblici corrotti, cosa dire dei disonesti? Oggidì, quello che corrompe è
tenuto in considerazione come una persona abile. Chi non lo fa è, invece,
disprezzato come ingenuo. L’astuto guadagna soldi. L’onesto vive nella povertà.
La pratica della bustarella si diffonde come una macchia d’olio penetrando
tutta la struttura sociale.
Quando il numero dei corrotti diventa talmente grande, è
praticamente impossibile reprimere il crimine senza mettere l’intera nazione in
carcere. Qualcuno ha pensato a depenalizzare la corruzione, declassandola da
reato a illecito civile, punibile non col carcere ma con una semplice pena
pecuniaria. Questo non è altro che l’ufficializzazione della rapina.
Così, se un ladro è sorpreso rubando polli, può
andare in carcere e macchiare la sua fedina penale. Se, invece, un politico
riceve soldi illeciti, non va in carcere. Paga una multa, e via! Senza che la
sua reputazione sia nemmeno scalfita. Così la corruzione diventa una pratica
ufficiale. La proprietà privata non è più rispettata. Non solo si moltiplicano
gli appalti fasulli, ma lo stesso mondo aziendale si corrompe, essendo fondato
non più sul lavoro onesto ma sulla frode.
In una tale situazione, il lavoro onesto perde prestigio e
influenza. La disonestà diventa il modo privilegiato per fare i soldi. Il furto
diventa padrone. E il sistema economico, comunista o capitalista che sia,
sprofonda nella corruzione. Il Paese diventa una “rapinaland”, dove una
minoranza di ladri si arricchisce ed assume il potere, a scapito della
maggioranza. Risultato: si perde ogni decoro pubblico, e si scivola verso il
caos.
Quale rimedio a tutto
ciò?
Quel che manca nelle società di oggi sono le élite.
Innanzitutto quelle morali. Ma élite composte, per eccellenza, di famiglie in
cui si conserva il ricordo degli avi, dei personaggi celebri per la loro onestà
e che servono da modello.
Ebbene, la democrazia, in concreto, ha rovinato il
prestigio delle vere élite. Se non ci si adopererà per il prestigio delle
élite, nulla potrà essere ottenuto.
Infatti, con l'intenzione di favorire le classi più
modeste della società contemporanea, la democrazia ha dotato la società di una struttura
sempre più egualitaria. Da qui è risultato il progressivo appiattimento delle
vere élite e la graduale scomparsa delle strutture e dei valori che la società
aveva distillato per portare al potere i suoi esponenti più istruiti e capaci.
A questo fatto si deve il disorientamento e la
tendenza al caos, sempre più pronunciati al giorno d'oggi. Se non lavoriamo per
il ripristino delle élite, non potremo mai attuare un profondo cambiamento.
L'unica soluzione di fondo
La radice di ogni male sta nella mancanza della
religione. Se si praticasse la vera religione, non ci sarebbe corruzione. Tutti
si lamentano della corruzione, ma nessuno vuole praticare la religione. In effetti,
molte persone sanno chiaramente che la soluzione sta nel ritorno alla moralità
basata sulla religione, ma non ne vogliono sapere perché un clima di austerità
e di rigore morale li costringerebbe a cambiare il proprio stile di vita. E questo
loro non lo vogliono. Possono urlare contro la corruzione come un male spregevole,
ma smettere di peccare consiste in qualcosa di molto diverso...
Per affrontare una tale situazione è necessario svolgere
un apostolato di natura essenzialmente religiosa, che attiri la grazia divina.
Con l’aiuto della grazia, questo genere di apostolato potrà toccare le anime,
le intelligenze e le volontà, producendo conversioni vere. Partendo da queste
conversioni, si potrà cominciare a pensare ad una soluzione. Orbene, tali
conversioni sono ovviamente molto difficili da raggiungere in tempi di
immoralità generalizzata, perché le persone sono molto attaccate ai vantaggi
che gli offre l’immoralità. E, quindi, saranno poco propense ad abbandonare la cattiva
strada.
Per attuare una tale soluzione, bisogna che sorgano
apostoli come quelli indicati da Dom Chautard nella sua famosa opera «L’anima
di ogni apostolato». Apostoli dotati di una vera vita interiore e desiderosi del
Regno di Dio prima di ogni cosa, cioè la piena realizzazione della volontà
divina in Cielo come sulla terra. Apostoli che trascinino col proprio esempio e
con la parola spronino l’opinione pubblica, elaborando leggi di uno Stato
secondo Dio, cambiando così il
comportamento della gente.
Dobbiamo chiedere alla Divina Provvidenza che mandi
apostoli di questo genere, e che renda l’uomo contemporaneo docile alle parole
della Madonna a Fatima, nel 1917: penitenza e preghiera.
Plinio Corrêa de Oliveira - 4 Dicembre 1993
(Brani tratti dalla rivista "Catolicismo", Febbraio 1994)
Nessun commento:
Posta un commento