mercoledì 8 luglio 2009

I due talloni

L'Europa è un Achille che non ha uno, ma due talloni vulnerabili.


Una volta che si riduca la fornitura di petrolio del Medio Oriente, la Russia può paralizzare, da un momento all'altro, quasi tutte le industrie e i trasporti dell'Europa occidentale. Una tale misura diventa sempre più realizzabile per due ragioni. La prima è che la potenza navale sovietica aumenta sempre di più nel Mediterraneo, il che permette a Mosca di eliminare o di pregiudicare a fondo i trasporti di petrolio. La seconda è che il governo di coalizione dell'Iraq, di cui fanno parte comunisti, ha espropriato l'Iraq Petroleum Company, che ora funziona con tecnici russi. La collocazione e la distribuzione del petrolio resteranno a carico della Russia. Si aggiunga che la penetrazione sovietica sempre più intensa nell'Iran va rendendo pericolante la situazione non solo del governo di questo paese, ma anche dei sultanati petroliferi del Golfo Persico. Così tutto il petrolio del Medio Oriente potrà cadere, in un breve lasso di tempo, nelle mani dei sovietici. Questo è uno dei due talloni d'Achille dell'Europa. L'altro è la situazione militare.


Senza petrolio lo sforzo bellico dell'Europa occidentale è ridotto quasi a zero. Ma c'è di peggio. Non contenta di essersi già estesa nel Mediterraneo, la potenza militare russa nel nord del continente ha raggiunto dimensioni allarmanti. I sovietici superano l'Europa occidentale per quanto riguarda la forza aerea in rapporto di sette a uno. E la loro forza navale sta a quella degli europei in proporzione di quattro a uno. Così, a nord e a sud, la Russia sta accerchiando l'Europa occidentale. Ma — dirà il lettore — e la riduzione equilibrata delle forze? Rispondo che questa è in fase di negoziazione, per ora, tra Mosca e l'Occidente, solo nel settore centrale vitale (e dunque né a nord, né a sud). Così si spiega facilmente che la Russia abbia già pronto un piano di invasione dell'Europa occidentale, consistente nell'occupare il continente e tutto il litorale dell'Atlantico in due settimane. In altre due settimane essa conterebbe di neutralizzare tutta la resistenza nella zona occupata. Gli Stati Uniti resterebbero paralizzati dal terrore di una aggressione atomica. A questa invasione l'Europa avrebbe poco da opporre, perché la Nato dispone solamente di undicimila carri armati, mentre le nazioni del Patto di Varsavia ne posseggono diciassettemila. La maggiore probabilità è che nell'imminenza di questa invasione, l'Europa occidentale si lasci. «finlandizzare», senza nessuna resistenza militare. Ossia, i governi conserverebbero un'apparente sovranità; ma in realtà resterebbero alla dipendenza di un qualsiasi cenno di mano dei Signori del Cremlino. Una situazione pressoché uguale a quella dei paesi satelliti. Beninteso, la Russia approfitterebbe di questa situazione privilegiata per imporre gradualmente il comunismo ai paesi «finlandizzati».

Davanti a questo insieme di notizie e di previsioni catastrofiche, il lettore avrà un soprassalto e mi domanderà su cosa mi baso. Quasi tutti i dati che cito hanno come origine due articoli pubblicati dal signor C.L. Sulzberger sul New York Times e sullo Estado de S. Paulo del 17 e 18 giugno scorso. Di mio ho solo aggiunto alcuni fatti di notorietà assolutamente universale. Il signor Sulzberger è un giornalista conosciutissimo, membro della potente famiglia a cui appartiene l’organo di New York. Da lui divergo in tutto e per tutto. Ma il lettore ed io sappiamo che si tratta di uno dei giornali più importanti del mondo. Inoltre, nei suoi articoli Sulzberger cita fonti come i servizi segreti nordamericani e la relazione L'Europa e il Mediterraneo recentemente approvata dall'Unione dell'Europa occidentale. Si aggiunga infine che il giornalista yankee è molto lontano dall'essere — come il sottoscritto — un anticomunista impegnato nel mettere in allarme l'opinione pubblica mondiale contro il pericolo russo. Non si trova perciò esposto al sospetto dei «rospi» che egli esageri il pericolo russo per suscitare una reazione dell'Occidente. Per questo è senza indignazione che Sulzberger constata, in uno dei suoi articoli citati la seguente catastrofe: «È innegabile che l'Europa occidentale si sta rendendo sempre più irreversibilmente dipendente dalla buona volontà di Mosca per quanto riguarda il mantenimento della propria sicurezza e del suo progresso economico». La serenità dell'articolista americano ha una ragione. Egli dice: «L'Unione Sovietica desidera sinceramente una conferenza paneuropea di sicurezza, subito seguita da un accordo formale tra Est ed Ovest ed è preparata a pagare con la ratifica delle frontiere vigenti in Europa, concordando con qualche specie di riduzione mutua ed equilibrata delle forze degli eserciti del Patto di Varsavia e della Nato». Per il signor Sulzberger, sussiste quasi aperta una speranza nel mezzo di queste tenebre. Egli crede che «la tendenza verso una "détente" porti a ridurre la minaccia di crisi». Tutto questo mostra al lettore quanto il redattore del New York Times è lontano dal sospetto di voler generare con i suoi articoli un sussulto anticomunista.


In quanto a me, per quale motivo tratto qui questi argomenti? Mi rifiuto di ammettere che tutto è perduto. Perché appartengo, grazie a Dio, alla categoria di uomini che lottano coraggiosamente, anche con i mezzi più scarsi contro il più poderoso avversario. Perché al di sopra di tutto, credo nella Provvidenza Divina e so che grazie alle preghiere della Madonna i buoni non saranno mai abbandonati nella loro lotta contro il Male. Perché, così, occorre mettere in guardia subito i buoni. Non si può fare all'Occidente danno peggiore che lasciarlo dormire davanti al pericolo che ingrandisce. Fondandosi non so esattamente su cosa, il signor Sulzberger afferma che se si realizzassero le ipotesi catastrofiche da lui menzionate, questo avverrebbe solamente da qui a «vari anni». Quel che importa è dire che ci sono ancora molte resistenze per vincere. Tra queste — nei nostri tempi di aggressione psicologica — sta la resistenza degli uomini di fibra nel mondo intero. Stimolare questa resistenza con la considerazione — fatta a tempo — del pericolo, creare un ambiente di fede e di coraggio, è dovere di tutti. Per il signor Sulzberger, come abbiamo visto, il pericolo non esiste, perché si può avere fiducia nelle intenzioni pacifiche dei russi. Quelli che nel mondo libero concordano con tale ingenuità sono una minoranza insignificante. Questa minoranza non prevarrà se coloro che non credono nella buona fede sovietica si sveglieranno. Ecco perché ho scritto questo articolo.

(Plinio Corrêa de Oliveira - "Folha de S. Paulo", 25-6-1972)

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