Alla convocazione del Concilio Vaticano II
Plinio Corrêa de Oliveira aveva reagito con circospezione,
temendo che si potesse trasformare negli "Stati Generali" della Chiesa.
Consapevole, però, della sua portata storica, ispirò uno schema,
poi presentato da un vescovo amico, mons. Geraldo de Proença Sigaud
In preparazione al Concilio ecumenico Vaticano II fu chiesto ai vescovi del mondo di presentare suggerimenti e proposte. Erano i cosiddetti vota. Tra quelli pervenuti a Roma, come rileva Roberto de Mattei, ve ne è uno che spicca per l’ampiezza del quadro che presenta e per i rimedi che propone. Si tratta del votum di mons Geraldo di Proença Sigaud, arcivescovo di Diamantina. “Il testo di mons. Sigaud — spiega de Mattei — rivela chiaramente l’ispirazione, e forse la mano stessa, di Plinio Corrêa de Oliveira, di cui era appena apparso il testo princeps «Rivoluzione e Contro-Rivoluzione” (1).
Questo votum, ispirato e parzialmente scritto da Plinio Corrêa de Oliveira, costituisce un documento di eccezionale importanza, che ci permette di conoscere i suoi auspici riguardo al Concilio.
Vediamone alcuni punti:
Il Venerdì Santo della Chiesa
In netto contrasto con lo spirito festante e ottimista che animava i progressisti — infatuati col mondo moderno — il votum presenta la situazione della Chiesa come molto angosciante: “Se il Concilio vuole ottenere effetti salutari, deve in primo luogo considerare lo stato odierno della Chiesa, che a similitudine di Cristo, vive un nuovo Venerdì Santo, consegnata ai suoi nemici senza difesa”.
Chiesa militante
Come conseguenza diretta di questa premessa fondamentale, il votum propone una Chiesa non irenista né cedevole con gli errori del tempo, bensì militante: “Occorre vedere la battaglia mortale che avviene in ogni campo contro la Chiesa, conoscere il nemico, distinguere la strategia e la tattica della battaglia, la sua logica (...) per organizzare il contrattacco e guidarlo con sicurezza”.
Il grande problema: la Rivoluzione
Il grande problema che la Chiesa deve affrontare nel secolo XX non è tanto il Modernismo e la Nouvelle Théologie ma, più ampiamente, la Rivoluzione — cioè un processo globale di crisi — della quale queste scuole erano espressioni in campo teologico: “Il nostro nemico implacabile della Chiesa e della Società Cattolica, già da cinque secoli (...) ha sovvertito e distrutto quasi tutto l’ordine cattolico. (...) Il suo nome è Rivoluzione”.
Rivoluzione nel clero
La Rivoluzione non si presenta come un fenomeno esterno alla Chiesa, cioè esistente appena nella società temporale, bensì e purtroppo ormai infiltrata anche nel Corpo Mistico di Cristo.
Alcuni nel clero semplicemente non se ne accorgono: “Molti del clero non vedono ancora gli errori della Rivoluzione, e ancora non vi si oppongono”.
Altri, tuttavia, ne sono pienamente consapevoli, simpatizzano con la Rivoluzione e si adoperano per il suo trionfo: “Altri tra il Clero amano la Rivoluzione come principio ideale, la diffondono, vi collaborano. (...) Hanno abbracciato gli errori e lo spirito della Rivoluzione e apertamente e occultamente la favoriscono”.
Infine, vi sono i soliti silenziosi: “Molti Pastori tacciono...”
Un processo già in atto
Contrastando l’ingenua idea che la crisi sia iniziata negli anni 1960, il votum denuncia l’infiltrazione rivoluzionaria come in atto ormai da decenni e, anzi, già trionfante in molti settori della Chiesa: “Dai seminari della stessa Roma tornano seminaristi pieni di idee della Rivoluzione”.
Questa infiltrazione è accompagnata da una vera e propria persecuzione contro coloro che vi si oppongono: “Osteggiano gli avversari della Rivoluzione, denigrano ed impediscono il loro apostolato. (...) Coloro che accusano e rifiutano gli errori sono perseguitati dai colleghi. (...) Raramente un sacerdote che si oppone alla Rivoluzione viene elevato all’episcopato, frequentemente coloro che la favoriscono”.
Il ruolo delle tendenze
Seguendo lo schema di «Rivoluzione e Contro-Rivoluzione», oltre agli aspetti prettamente dottrinali della Rivoluzione, il votum pone l’enfasi su quelli tendenziali, non solitamente mesi in risalto: “La grandissima forza della Rivoluzione proviene dal sapiente uso delle passioni umane. (...) Le sue armi basilari sono: le passione umane sfrenate incitate con metodo. La Rivoluzione si serve di due vizi come forze distruttive della società cattolica e costruttive della società atea. La sensualità e la superbia”.
Perciò, per superare questa situazione non basterebbe appena un nuovo Sillabo degli errori, ma anche “una nuova cristianizzazione dei costumi”.
La soluzione: una battaglia organizzata
Di fronte a questo cupo panorama, il votum propone una soluzione: “È necessaria una battaglia organizzata contro gli errori e contro i fautori e coloro che propagandano errori. Una battaglia organizzata, come un esercito ordinato e metodico”.
Questa battaglia va indirizzata non solo contro gli errori, ma anche “contro le forme larvate di Rivoluzione e contro lo spirito che la propaga”. Prosegue il votum: “Deve essere creata una strategia cattolica e un centro della battaglia metodica contro la Rivoluzione in tutto il mondo, ed i cattolici devono essere chiamati a questo. Allora vi sarebbe la speranza dell’aurora di un vero mondo migliore. (...) Dovrebbe essere creata una vera scienza della guerra controrivoluzionaria”.
Il Papa: cuore della reazione
In questa guerra contro-rivoluzionaria alla Santa Sede spetta il ruolo di guida: “La forza della Santa Sede è immensa. Se i fedeli venissero chiamati a raccolta e fossero diretti all’azione in modo energico, chiaro, metodico, con una vera battaglia mondiale, sotto la guida del Romano Pontefice, il cammino trionfale della Rivoluzione verrebbe interrotto”.
Il votum chiude con un concreto appello al Concilio Vaticano II: “Se il Concilio presentasse un programma positivo di azione contro-rivoluzionaria e di costruzione della Cristianità, e convocasse a tal fine i cattolici, ritengo che ci sarebbe l’aurora del Regno del Sacro Cuore di Gesù e dell’Immacolato Cuore di Maria”.
La storia registrerà, invece, come i decenni successivi siano andati nella direzione diametralmente opposta a quella auspicata da Plinio Corrêa de Oliveira...
(Dal sito di “Tradizione, Famiglia, Proprietà”)
(1) Roberto de Mattei, «Il Concilio Vaticano II», p. 138.
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