mercoledì 6 febbraio 2013

La TFP negli Stati Uniti, pubblicazione di un suo nuovo libro


Alla presenza di un folto pubblico, per lo più composto da policy makers, è stato presentato il nuovo libro della TFP americana «Return to Order. From a Frenzied Economy to an Organic Christian Society» — Ritorno all’ordine. Da un’economia frenetica alla società organica cristiana, scritto da John Horvat, direttore della TFP americana. L’evento ha avuto luogo nel Bureau delle TFP a Washington, D.C..

Ha aperto i lavori Mario Navarro, direttore del Bureau. Veterano osservatore della politica USA sin dal primo governo Reagan, Navarro ha riportato il parere di autorevoli opinionisti che mostrano come la crisi socio-economica abbia colpito le strutture del Paese molto più profondamente di quanto si pensi. Una parte importante dell’opinione pubblica ha reagito ponendosi domande sostanziali e aprendosi a nuove soluzioni.


Dopo aver letto diverse lettere di sostegno, tra cui una di mons. John Nienstedt, arcivescovo di St. Paul-Minneapolis, e una dell’On. Edwin Meese, già Ministro della giustizia di Reagan, Navarro ha lasciato la parola all’autore John Horvat.

“Ci troviamo di fronte a una tempesta — ha detto Horvat — Non è una tempesta passeggera, bensì una tempesta che potrà scuotere le fondamenta dell’ordine americano. Abituati fin troppo alle nostre comodità, ci siamo lasciati prendere dal facile ottimismo, salvo poi trovarci in questa situazione difficile. In tale situazione non possiamo restare senza una guida, una stella che ci guidi. Questa è la società organica cristiana”.

L’opera contiene molte delle conclusioni della Commissione di studi americani, ispirata dal prof. Plinio Corrêa de Oliveira (vedi “Cronache filiali V”)


Riassunto del libro
 
Verso dove andiamo?


Il punto di partenza dell’analisi del libro non poteva essere altro: la terribile crisi socio-economica che si è abbattuta sul mondo, scoppiata proprio negli Stati Uniti con la crisi dei mutui subprime. Oltre alle cause strettamente tecniche, le sue radici si trovano nello stato di spirito che ha dominato l’economia negli ultimi decenni.

Tale spirito non è nuovo. Esso è sorto in Occidente contestualmente al processo rivoluzionario, dopo la caduta del Medioevo. Possiamo dire che è intrinseco alla Rivoluzione. Il libro lo definisce intemperanza frenetica: “Possiamo tracciare gli alti e bassi di questa intemperanza frenetica lungo la storia. Dalle spinte pre-capitaliste del Rinascimento, al mercantilismo dei secoli successivi, alla rivoluzione industriale, fino ad arrivare alla moderna globalizzazione”.

Lo spirito di intemperanza frenetica soffrì un accentuato peggioramento con la rivoluzione industriale. Se, da una parte, questa produsse un generalizzato aumento del progresso materiale, permise anche la diffusione di tendenze che demolirono ciò che restava dell’economia e della società organica, come la tendenza al gigantismo, col conseguente trionfo della standardizzazione.

La rivoluzione industriale deformò ulteriormente il concetto organico di proprietà, già molto inquinato dalle scuole liberali: “L’impulso frenetico dei conglomerati industriali a concentrare il capitale tende alla distruzione della nozione stessa di proprietà. (…) Tende anche alla distruzione della nozione di autorità, poiché questa è diluita in strutture burocratiche sempre più anonime”.

Questo fenomeno impose anche la rule of money, la legge del denaro, per cui le considerazioni trascendentali e sociali perdono importanza nell’economia, schiacciate dai fattori strettamente finanziari. Di conseguenza, la società è diventata sempre più materialista, abbandonando la ricerca dei beni spirituali superiori per quelli materiali e immediati.

A livello psicologico, l’imporsi dell’intemperanza frenetica produsse molteplici conseguenze deleterie, analizzate accuratamente dal libro: un ritmo di vita frenetico, nausea della riflessione, superficialità del pensiero, sterilizzazione del tempo, distruzione del senso dello spazio, sradicamento dal proprio luogo di appartenenza, culto del brutto e via dicendo. A livello sociale, produsse l’atomizzazione della società, con la distruzione del senso di comunità.

Una parola è dedicata alla moderna tecnologia: “Mentre è evidente che la nostra tecnologia ci ha regalato enorme abbondanza materiale, è anche evidente che è fallita nel darci quello che di più importante aveva promesso: la felicità”.

Così siamo arrivati a un punto di terribile ironia. La rivoluzione industriale aveva promesso libertà e diversità, ma mai come oggi le persone hanno usato gli stessi abiti, mangiato gli stessi cibi, sentito la stessa musica e guardato lo stesso film. Mentre tutti ci sentiamo liberi, in fondo siamo costretti ad agire in modo massificato.

L’attuale crisi finanziaria ha messo a nudo un fenomeno molto più complesso: la crisi nello stesso modello che ci ha condotto sin qui: “Entrando in crisi il nostro sistema economico, entrano in crisi tutte le trasformazioni che fanno parte del nostro modo di vita moderno. (…) Riteniamo che queste trasformazioni stiano raggiungendo un punto di esaurimento”.

Si nota, nei confronti del processo rivoluzionario, un fenomeno di vita spirituale molto ben studiato dai teologi: l’accidia, vale a dire l’indolenza o avversione all’operare, mista a noia e indifferenza. “Questo aspetto della crisi – commenta il libro – può essere attribuito a molte cause. Noi lo chiamiamo crisi del sublime. (…) La secolarizzazione ha cancellato in noi il grande e innato desiderio del sublime, mettendo le basi per la crisi”.

Così vista, la ribellione degli anni ‘60 rappresenta una espressione della crisi del sublime. Asfissiando gli aneliti spirituali, la società materialista creò immensi serbatoi di scontento che furono, purtroppo, meglio compresi dalla sinistra. Giungiamo così ad oggi: la crisi del sublime sembra abbia raggiunto il parossismo, anche per il moltiplicarsi degli “scontenti”.



Tuttavia questo attuale sembra essere un periodo provvidenziale perché, nella ricerca di una soluzione alla crisi, gli Stati Uniti potrebbero mettere in discussione il modello, finora, dominante e, forse, ritrovare finalmente il loro vero spirito.

Il corpo del libro è dedicato all’analisi di un modello alternativo: la società organica: “Utilizziamo il termine per indicare un ordine sociale orientato al bene comune che se sviluppa in modo naturale e spontaneo, permettendo all’uomo la ricerca della perfezione della sua natura essenzialmente sociale”.

Tale concetto si distingue, diametralmente, da quello meccanicista della società moderna. I processi della vita sono fondamentalmente diversi da quelli della macchina. Una società organica è in sincronia col modo di agire della natura. Da ciò deriva anche il suo carattere gerarchico. Lasciati alla spontaneità della natura, i processi sociali naturalmente producono diversità di funzioni e di situazioni.

Tale società avrà anche, necessariamente, una dimensione spirituale perché la natura postula il trascendente. La dimensione spirituale trova la sua espressione nella civiltà cristiana ispirata dalla Chiesa.

La società organica sarà anche virtuosa. “Esiste nell’uomo l’inclinazione naturale ad agire secondo ragione, e ciò significa agire secondo la virtù” — spiega S. Tommaso d’Aquino. Anche se la debolezza introdotta dal peccato originale spesso torna difficile la pratica della virtù, “la propria ragione ordina all’uomo di agire in modo virtuoso”.

Ciò contraddice l’assioma liberale secondo cui l’uomo agisce per interesse proprio. La concezione liberale cancella l’idea stessa d’una perfezione nella vita, e si affida alla legge per mantenere l’ordine nella società. Si possono sfornare quante leggi si vorranno. Niente sostituirà la virtù come la forza motrice di una società organica.

Chi parla di virtù parla di grazia divina, senza la quale non vi può essere la virtù. Non siamo soli nella ricerca della perfezione. Anzi. Abbiamo l’appoggio di Dio stesso che, attraverso gli strumenti della Santa Chiesa, ci offre la grazia necessaria per proseguire per questa strada.

Questo ci porta al cuore dell’idea di società organica. Parliamo di natura. Ma l’ordine organico presuppone la presenza d’una mente e di un’azione ordinatrice, che è quella del Creatore della natura. Questa è la Provvidenza. Stiamo, quindi, parlando di un ordine provvidenziale di una teologia della Provvidenza che ispira il modello organico.


La sezione si chiude con l’analisi di alcuni concetti base della società organica come sovranità, flusso vitale (cioè la spontaneità della vita popolare), autorità e sussidiarietà, vale a dire il principio secondo cui le funzioni nella società vanno esercitate al livello più fondamentale possibile, senza l’intervento, dove non serve, di un ente superiore.

Un intero capitolo è dedicato alla famiglia, l’istituzione fondante della società. L’individuo sognato dal liberalismo non esiste. Le persone nascono in una famiglia. Gli Stati sono composti da famiglie, non da individui. “Non parliamo solo dell’esistenza fisica della famiglia – afferma il libro – ma anche del suo spirito. Solo la famiglia può comunicare un’atmosfera di temperanza e di equilibro. Realizza ciò creando le condizioni psicologiche ideali per il normale sviluppo dell’individuo”.

La famiglia offre temperanza, governando gli appetiti naturali dell’uomo secondo la retta ragione. La famiglia offre un ambiente di stabilità che si estende per varie generazioni.

Uno Stato organico è, in fondo, un insieme di famiglie. Sono le famiglie che danno origine ai corpi intermediari e alle corporazioni. Le corporazioni non erano altro che grandi famiglie di persone che facevano lo stesso mestiere. Inutile organizzare gli operai in sindacati, oppure imporre il corporativismo dall’alto. Senza un ripristino dello stile famigliare nella gestione della società non ci sarà un ripristino dei corpi intermediari organici.

Dopo una lunga disamina di ciò che il ripristino dello spirito di famiglia implicherebbe, per l’economia e per la società, il libro si avvia alla conclusione lanciando con coraggio una “crociata del sublime”. Tanto quanto gli individui, anche le civiltà possono tendere al sublime. Le grandi realtà della storia nascono quando, con la grazia di Dio, gli uomini sognano, cioè concepiscono un ideale di perfezione. Cosa è stata la civiltà cristiana medievale se non un grande ideale in parte realizzato?

La ricerca del sublime conferisce un profondo senso alla religione: non solo un insieme di dogmi o di regole, ma una via alla perfezione, alla magnificenza, alla felicità. “Una delle più grandi conquiste del Medioevo – commenta Robert Southern – è stata l’dea che la società umana sia parte integrale di un universo ordinato da Dio, nel tempo e nell’eternità, nella natura e nella grazia, nel campo della politica e il quello dello spirito”. Tale società segue la via della Croce e mette al centro Nostro Signore Gesù Cristo. Sarà difficile quanto lo è la via della Croce, ma avrà le ricompense che attendono coloro che la seguono. Per questo serve la virtù della fortezza.

Davanti a noi si presenta un bivio. Possiamo unirci al fermento rivoluzionario che cerca di acuire ulteriormente l’intemperanza frenetica, oppure possiamo unirci alla crociata per una società organica cristiana. Ecco i due venti storici che oggi si confrontano.

Il libro chiude con un appello: “Che la nostra via sia quella della Croce, che il nostro modello sia Nostro signore Gesù Cristo. Riconosciamo gli errori che ci hanno deviato, devastando le nostre tradizioni e le nostre istituzioni. Se abbracciamo questa causa, abbiamo la certezza della vittoria”.

(Tratto dal sito Tradizione, Famiglia, Proprietà – i grassetti sono nostri)


(Per qualsiasi informazione o richiesta di libri, contattate direttamente la TFP americana al seguente indirizzo: http://www.returntoorder.org/)

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