Avvicinandosi il 40° anniversario del golpe che depose il presidente cileno Salvador Allende (11 settembre 1973), diversi organi della stampa italiana, e non solo di sinistra, stanno pubblicando servizi ricordando questo "mito della sinistra mondiale", questa "leggenda dell'America Latina" e via dicendo. Allende è, infatti, un mito. Qual è, invece, la realtà? È forse arrivato il momento di cominciare a fare i conti con alcune realtà tenute nascoste troppo a lungo. Anche se questo significa ridimensionare alcuni miti.
Figlia del “padre della menzogna” (Gv. 8, 44), la Rivoluzione avanza a colpi di montature. Forgia miti agiografici per innalzare i suoi alfieri mentre fabbrica fandonie per screditare quanto vi si opponga. Basta, però, raschiare un po’ la vernice mitologica per trovare delle verità niente affatto corrispondenti alla vulgata rivoluzionaria.
Ed è proprio quanto sta succedendo con uno dei miti più pubblicizzati degli ultimi tempi: quello del socialista filo-comunista Salvador Allende Gossens (1908-1973). La sua elezione alla presidenza del Cile, nel 1970, è stata presentata come un evento epocale, con profonde ripercussioni sulla sinistra mondiale. Pomposamente battezzata “la via cilena al socialismo”, sarebbe stata la prova vivente che il comunismo poteva andare al governo per via democratica. Il suo rovesciamento l'11 settembre 1973, scosse invece la sinistra fino alle fondamenta, inducendola ad un profondo ripensamento delle sue strategie (1).
Sparito il personaggio se ne fece un mito, al punto che oggi innumerevoli comuni italiani hanno una “via Salvador Allende”. Per mantenere vivo il mito si continuano a pubblicare libri, come quello di Luciano Aguzzi, «Salvador Allende. L’uomo, il leader, il mito» (Ediesse, 2003). Si girano perfino film come Salvador Allende, di Patrizio Guzmán, una coproduzione tra Belgio, Cile, Francia, Spagna, Germania e Messico (2005).
Questo mito è stato difeso a spada tratta. È noto, per esempio, il fatto che diversi intellettuali della sinistra cilena siano stati minacciati di ritorsioni nel caso avessero intrapreso una ricerca troppo approfondita sulla vita di Salvador Allende.
Oggi, però, questo mito comincia a crollare, pezzo dopo pezzo, demolito dai documenti che un solerte ricercatore cileno sta ritrovando negli archivi storici dell'ex-Germania Democratica. Questi documenti svelano il vero Allende. Mediocre studente e peggiore politico, il leader socialista era un fervente seguace delle teorie eugenetiche di stampo nazista, al punto da proporre nel 1938 un progetto di legge per sterilizzare i malati di mente. Antisemita dichiarato, egli acconsentì all’accordo segreto fra il governo del Fronte Popolare e la Germania nazista che concedeva a quest’ultima perfino l’uso militare di un’isola nel Pacifico. E emergono anche documenti che dimostrano che Cuba stesse preparando un bagno di sangue in Cile nel 1973.
Victor Farías, questo il nome dell’ormai celebre ricercatore, è nato nel 1940. Laureato in filosofia a Friburgo, allievo di Martin Heidegger, egli ha esercitato la docenza in diverse università tedesche fino al 2006. Attualmente insegna storia all’Università di Cile. Interessato alle infiltrazioni naziste nel suo Paese («Los nazis en Chile», Santiago, 2006), egli ha cominciato a scovare documenti che dimostrano un imbarazzante connubio fra i socialisti cileni e i nazional-socialisti tedeschi. Il suo libro «Salvador Allende: Antisemitismo y eutanasia» (Santiago, 2005) ha suscitato una fortissima polemica internazionale non ancora sedata. Più recentemente, ha pubblicato «Salvador Allende: el fin de un mito» (Santiago, 2006), con nuove e sorprendenti rivelazioni.
Marxismo e nazismo coincidono
Le ricerche di Farías sulle infiltrazioni naziste nella sinistra cilena prendono spunto da un fatto increscioso.
Nel 1963 la Repubblica federale tedesca sollecitò presso il governo cileno l’estradizione di Walter Rauff, già ufficiale delle SS e responsabile di molteplici crimini di guerra, compresa la deportazione di centinaia di civili milanesi verso i campi di sterminio nel 1942. Stretto collaboratore di Adolf Eichmann, Rauff era uno dei responsabili per il funzionamento delle camere a gas. L’istanza tedesca fu, però, respinta dal presidente Eduardo Frei Montalva (DC).
Nell’agosto 1972 Simon Wiesenthal tornò alla carica, consegnando all'allora presidente Salvador Allende un dossier su Walter Rauff e pregandolo di avviare la procedura di estradizione. Vista l’affiliazione politica del Presidente, il noto “cacciatore di nazisti” si aspettava un gesto amichevole. Con enorme sorpresa, Allende non solo rispose negativamente, ma rifiutò persino di discutere l’argomento.
Racconta Farías: “Stavo scrivendo «I nazisti in Cile» quando Wiesenthal mi chiamò e mi chiese se sapevo chi fosse davvero Salvador Allende. Mi raccontò che quando era stato avviato il processo al nazista Walter Rauff, un uomo vicino a Adolf Eichmann, considerato l’ideatore delle camere a gas, lui aveva scritto al presidente cileno Allende affinché lo aiutasse a consegnarlo alla giustizia internazionale. Ebbene, la risposta di Allende era stata una lettera di una freddezza e di una distanza che gli apparve dolorosa e incomprensibile”.
Farias decise allora di approfondire il perché di questo assurdo rifiuto, scoprendo “i numerosi vincoli delle istituzioni cilene [nei vari governi socialisti] con il fenomeno più abietto che ha conosciuto l’umanità e la decomposizione di un’icona costruita ad hoc dalla sinistra internazionale”. Questi vincoli, al suo parere, sono sintomo dei “contatti, coincidenze e perfino simbiosi fra il marxismo e il nazismo, i due movimenti generati dal totalitarismo radicale nel secolo XX. (...) Al di là del loro antagonismo verbale-ideologico, ambedue i totalitarismi in fondo coincidono”.
Studente mediocre
Allende fu un studente assai mediocre. La sua tesi di laurea in medicina «Higiene mental y delincuencia» ricevette il voto più basso. Il testo è zeppo di errori di ortografia e di sintassi. Peggio ancora, il futuro presidente copia intere pagine, senza neanche virgolettarle, dell’antropologo Cesare Lombroso (1835-1909), noto esponente del darwinismo sociale, nonché dell’endocrinologo Nicola Pende (1880-1970), uno degli estensori del Manifesto degli scienziati razzisti all’epoca di Mussolini. Questo, in ambiente accademico, si chiama plagio.
La tecnica delle citazioni, che ogni studente impara nel primo anno di università, gli era totalmente sconosciuta. Nella bibliografia gli autori sono designati a volte col nome a volte col cognome. Non vi sono indicazioni dell’anno né del luogo delle varie edizioni delle opere citate. Citando il profeta Geremia, per esempio, Allende mette in calce semplicemente “Bibbia”!
Antisemita
Molto più pericolose della mediocrità accademica, però, sono le idee esposte dal giovane Salvador Allende.
Egli citava Lombroso, Pende ed altri noti razzisti per il semplice motivo che ne sposava le teorie. Allende difendeva l’idea secondo cui vi sono fattori genetici, e quindi razziali, che fanno propendere alla delinquenza e al vagabondaggio. In particolare, il futuro presidente socialista riteneva indiani, zingari, boemi e giudei “razze geneticamente predisposte alla delinquenza”: “Gli ebrei si caratterizzano per forme specifiche di delitti come la truffa, la calunnia e, soprattutto, l’usura. (...) Questo ci fa supporre che abbiano una predisposizione genetica alla delinquenza”.
Citando numerosi documenti, Victor Farias conclude: “Il giovane medico [Allende] si nutriva decisamente del razzismo scientifico più estremista dell’epoca e delle sue propaggini nell’antisemitismo, tanto da affermare che i supposti difetti degli ebrei non sono attribuibili, come nel caso di tutti gli esseri umani, a condotte e responsabilità individuali, ma a caratteristiche genetiche immodificabili”.
L’antisemitismo non è affatto estraneo al socialismo cileno. Intervistato dal giornalista Eugenio Lira circa i suoi odii più profondi, Carlos Altamirano, Segretario del Partito socialista e compagno politico di Allende, dichiarava senza mezzi termini di nutrire il suo rancore più grande per Mosè, dal quale trae nome la religione giudaica: “Mosè è un vecchio infelice, impotente e amareggiato che non ha fatto altro che traumatizzare l’umanità. (...) Vecchio mascalzone! Con i dieci comandamenti ci ha tolto ogni piacere della vita. Dovremmo avviare un movimento per spedire Mosè all’inferno!” (2).
Tribunali di sterilizzazione
In veste di Ministro della sanità durante il governo del Fronte Popolare (1937-1941) Allende affidò a due noti razzisti, il dott. Eduard Brücher e il dott. Hans Betzhold, la messa a punto di un “Programma eugenetico” al fine di “rivendicare le qualità della razza”. Tra le misure di “ingegneria sanitaria”, Allende proponeva la sterilizzazione di tutti i malati di mente. Questa sterilizzazione sarebbe stata imposta con la forza (“carattere punitivo”) tramite gli appositi “Tribunali di sterilizzazione” (3).
Il dott. Brücher, segretario del Comitato scientifico che consigliava Allende, proponeva di sterilizzare 12mila “degenerati”, al fine di ottenere una “razza sana” nell’arco di duecento anni. Egli consigliava, inoltre, la sterilizzazione degli alcolizzati recidivi.
Nel progetto del Ministro Allende, le malattie veneree e la tossicodipendenza diventavano reati penali, mentre i malati venivano considerati un “problema sociale” e quindi “costretti al trattamento”.
Coerente con le sue teorie naturaliste, Allende, considerava l’omosessualità un problema esclusivamente somatico. Citando gli esperimenti di Steinach, Pézard ed altri, egli proponeva l’impianto coatto di tessuto testicolare nel ventre degli omosessuali al fine di “restituire al paziente un sesso definito”.
Alleanza con Hitler
Ma le ricerche del prof. Farias hanno portato alla luce documenti ancor più sconcertanti.
Dal 1937 al 1941 il Cile fu governato dal Frente Popular, una coalizione dei partiti comunista, socialista e radicale. Scavando nell’Archivio storico del Ministero degli Esteri tedesco, Farias ha scoperto tre documenti che portano alla luce un episodio tenuto fino ad oggi strettamente nascosto: le trattative segrete della sinistra cilena col governo del Terzo Reich.
Un telegramma datato 21 novembre 1938 dell’ambasciatore del Reich in Cile, von Schoen, rivela che il governo del Frente Popular si era impegnato a “fornire tutte le importazioni necessarie alle industrie sotto controllo statale della Germania, a inviare rame e ferro in quote da fissare, nonché a cedere alla Germania tutti i diritti di pesca ed altri sull’isola di Ipún, nel caso il Reich avesse concesso al Cile crediti per l’industria e materiale bellico per un totale di 150-200 milioni di Reichmark”.
Poi in calce, l’ambasciatore nazista aggiunge una frase assai imbarazzante: “Per il solito corrotto, Grove, avrei bisogno di 500.000 pesos”. Marmaduke Grove era il capo del Partito socialista, nonché mentore politico di Allende. In un telegramma del 6 gennaio 1939 von Schoen informava che “le trattative con il Ministro delle Finanze, il Ministro degli Esteri e il Presidente del Frente Popular Grove aprono eccellenti prospettive”.
Una nota datata 9 gennaio 1939 del consigliere Becker, del Dipartimento di politica economica del Reich a Berlino, solleva il velo su un aspetto assai inquietante di queste trattative: “I cileni coinvolti in questa operazione esigono che il tutto resti segreto, anche nei confronti dell’ambasciata del Cile nella capitale del Reich”. Detto a chiare lettere: la sinistra cilena stava negoziando direttamente con Adolf Hitler, in margine ai canali diplomatici.
L’articolo sulla cessione di non meglio specificati “altri diritti” sull’isola di Ipún è particolarmente preoccupante. Perfettamente adatta ad accogliere natanti di grande tonnellaggio in un punto strategico all’ingresso dello Stretto di Magellano, il dominio di Ipún avrebbe permesso il controllo del traffico marittimo fra il Pacifico e l’Atlantico meridionali.
A questa stupefacente offerta di basi navali al Terzo Reich, fa eco un’altra offerta, altrettanto stupefacente, di basi navali all’Unione Sovietica. Siamo nel 1973 e Salvador Allende è ormai Presidente della Repubblica. Nel contesto di un ampio Trattato di collaborazione fra Cile e l'Unione Sovietica, Allende e il Ministro sovietico della Pesca, Alexander Ishkov, rivelarono che l’URSS si era impegnata a costruire un complesso navale nella zona di Colcura, al quale avrebbero lavorato 3.250 persone, per lo più sovietici e cileni dopo appositi corsi di formazione nell’URSS. I dettagli del piano dimostrano, senza ombra di dubbio, che si trattava d’una base a scopi militari.
Bisogna ricordare che all’epoca l’URSS negoziava un simile trattato col Perù, governato dalla dittatura filo-marxista del generale Juan Velasco Alvarado, grande amico di Allende. Il possesso di basi navali in Perù e Cile avrebbe consentito all’URSS di controllare militarmente un’ampia zona del Pacifico orientale.
Il vaso di Pandora
Ma il vero vaso di Pandora è il fascicolo “Salvador Allende” dell’Archivio segreto della Germania comunista, oggi incorporato nel Bundesarchiv, e recentemente aperto ai ricercatori.
Da questo fascicolo emerge un allucinante quadro storico di Salvador Allende e del suo governo. Ritenuto “il peggiore candidato possibile” per le elezioni del 1970, “non apprezzato nemmeno dalla gente del suo Partito”, il borghese Allende fu scelto come capo dell’Unidad Popular solo perché era l’unico capace di guidare una coalizione di centro-sinistra. Un candidato troppo massimalista avrebbe spaventato l’elettorato di centro, spingendolo nelle mani della destra. Il suo partito era comunque ufficialmente marxista, il che offriva certe garanzie di “purezza ideologica” (4).
Ma nel 1972 era ormai diventato chiaro per il comunismo internazionale che Allende non era una carta vincente. Un’informativa dell’agente H. Spindler al Sottosegretario agli esteri Georg Stibi, della Germania comunista, denuncia l’incapacità del Presidente di portare avanti il “progetto rivoluzionario” (5).
Di fronte a questa incapacità, l’estrema sinistra cilena avviò trattative dirette con Fidel Castro, a sua volta telecomandato da Mosca, per prendere in mano la situazione. La stessa informativa rivela che “i compagni cubani sono addivenuti ad un accordo per inviare armi in Cile. Si tratta d’una questione estremamente riservata. (...) Tra l’altro sappiamo che i compagni cubani appoggiano gruppi di estrema sinistra che partecipano a rapine in banca. Il Partito comunista [cileno] invierà il compagno [Volodia] Teitelboim a Cuba per discutere di questo argomento con i compagni cubani”.
Un’informativa segreta del luglio 1973 rivela che “il 50% del Partito [comunista] è già militarizzato”.
L’imminente insurrezione
Andò così delineandosi la prospettiva d’una insurrezione armata.
A questo fine, il comunismo internazionale cominciò a sensibilizzare il generale Carlos Prats, uomo di sinistra, Comandante in capo dell’Esercito, nonché Ministro dell’interno durante il governo di Salvador Allende. Gli fu assegnato perfino un professore di marxismo-leninismo appositamente giunto da Berlino.
Insieme a Luis Corvalán, capo del Partito comunista, e Carlos Altamirano, capo del Partito socialista, Prats si recò nell’URSS nel maggio 1973. In margine ai negoziati ufficiali, vi furono anche conversazioni segrete nelle quali il generale si impegnò a “consegnare armi del deposito dell’Esercito” a gruppi dell’estrema sinistra, al fine di “terrorizzare la reazione” e di “stabilire un governo dei lavoratori”.
Da parte sua, l’URSS aveva garantito alle Forze Armate cilene forniture di armamenti di ultima generazione, particolarmente artiglieria e carri armati, da far giungere a destinazione in maniera discreta su navi mercantili. Per fortuna, questo carico non arrivò mai.
Un “telegramma lampo” dell’agente Harry Spindler, datato 11 luglio 1973, offre una visione sconvolgente della situazione in Cile nei mesi precedenti al colpo di Stato.
Il “compagno Spindler” informa che, sotto il comando di Prats, era già iniziata una “purga nelle Forze Armate”, al fine di “cambiare il rapporto di forze in favore dell’Unidad Popular”. Informa inoltre che il movimento eversivo MIR (Movimiento de Izquierda Revolucionaria) “ha proposto di preparare la lotta armata insieme al Partito comunista e al Partito socialista”. Prosegue Spindler:
“In una conversazione con il Primo segretario del Partito socialista, Altamirano, questi ci ha fatto presente che per lo sviluppo ulteriore del processo rivoluzionario in Cile è necessario ricorrere allo scontro armato. Secondo lui, sarebbe uno scontro dell’Esercito [infiltrato dai comunisti] con la reazione. In questo caso, il generale Prats approfitterebbe della confusione per compiere la sua promessa di distribuire armi alla classe operaia. Da parte sua, Altamirano promuove la costituzione d’un fronte monolitico socialista-comunista-MIR. I ragazzi dei Partiti Comunista e Socialista si stanno preparando per lo scontro decisivo”.
È significativo che in vari documenti Prats è chiamato Genossen, cioè “compagno”, un trattamento solitamente riservato ai membri del Partito.
Di sommo interesse anche un rapporto del dirigente comunista cileno Volodia Teitelboim a Hermann Axen, del Comitato centrale del Partito socialista della Germania orientale, datato 9 agosto 1973. Teitelboim informa che il Partito comunista cileno si stava preparando militarmente “nella più completa illegalità”, e chiede di inviare armamento “in modo del tutto segreto” (6).
Infine ecco un rapporto dell’ambasciatore sovietico Bassov, che racconta una conversazione col Segretario generale del Partito comunista cileno Luis Corvalán: “Il compagno Corvalán in un dialogo all’ambasciata sovietica ha dichiarato: (...) ‘Quali possibilità abbiamo per uscire dalla crisi? (...) I socialisti vogliono prendere le armi. Se potessimo contare su sufficienti militanti e armamento, se potessimo contare sull’appoggio dell’Esercito, il risultato potrebbe essere positivo’” (7).
Le Forze armate cilene hanno sempre giustificato il colpo di stato come estrema misura in difesa della Patria, minacciata dall’imminente pericolo d’una insurrezione armata fomentata da Mosca e dall’Avana. La sinistra ha sistematicamente liquidato questo argomento come mera invenzione auto-giustificatoria. Alla luce dei documenti ritrovati dal prof. Farias, sembra invece che si imponga una revisione di tale giudizio.
Martire, suicida o giustiziato dai cubani?
E arriviamo così all’epilogo: l’11 settembre 1973.
Uno dei punti di forza del mito Allende è la sua presunta resistenza e conseguente eroica morte durante l’assalto al Palacio de la Moneda, il che farebbe di lui un martire della Rivoluzione. Questa supposizione non appare suffragata dai fatti. Tanto per cominciare, fa tabula rasa non solo dei risultati dell’autopsia effettuata il 12 settembre, che parlavano di suicidio, ma anche delle dichiarazioni del medico personale di Allende, il dott. Patricio Gijón, che già nel 1974 aveva affermato trattarsi di un suicidio, del quale era stato testimone oculare. Nel 2005, rispondendo al giornalista francese Alain Ammar, Gijón riconfermò questa versione (8).
Tuttavia, nel 2005 si fece strada un’altra, inquietante ipotesi. Juan Vives, ex-agente dei servizi segreti cubani rivelò che Fidel Castro aveva ordinato al sicario Patricio de la Guardia di entrare nel GAP (Grupo de Amigos Personales, la temuta guardia personale di Allende), col compito di controllare l’incostante presidente. Nel settembre 1973, de la Guardia ricevette l’ordine di combattere a fianco di Allende nel palazzo presidenziale e di ucciderlo nel caso egli avesse mostrato cenni di cedimento. Lo stesso de la Guardia confermò di aver eliminato personalmente il presidente, visto che egli “si era fatto prendere dal panico e aveva deciso di arrendersi e di chiedere asilo politico”.
Questa versione fu confermata da Daniel Alarcón Ramírez, uno dei tre sopravvissuti del gruppo di guerriglieri del Che Guevara in Bolivia, personaggio di spicco del regime cubano prima della sua defezione nel 1979. Questo il suo racconto: “Poco dopo l’inizio degli attacchi a La Moneda, Allende aveva detto a Patricio de la Guardia che aveva intenzione di chiedere asilo politico all’ambasciata di Svezia. Il Presidente aveva perfino inviato il suo consigliere Augusto Olivares ad avviare le trattative. Ecco perché questi fu eliminato prima del Presidente. (...) Anche un’altra guardia di Allende, un tale Agustín, fu fucilato [dal GAP] in quei drammatici momenti” (9).
Un documento recentemente scoperto dal prof. Farias avalla ulteriormente la versione dell’eliminazione di Allende per mano dei servizi cubani. Si tratta di un rapporto della STASI (Servizio di sicurezza della Germania comunista) su Osvaldo Puccio, segretario personale di Allende. Il rapporto riferisce che anche Puccio fu giustiziato dalle guardie del GAP, mentre stava uscendo dalla Moneda per arrendersi ai militari (10).
Suicida o eliminato dai suoi stessi compagni, Allende appare comunque lontano anni luce dal modello di rivoluzionario di cui tanto spesso si favoleggia negli ambienti politici, non solo di sinistra.
Note_____________________________
1. Cfr. Plinio Corrêa de Oliveira e Sociedad Chilena de Defensa de la Tradición, Familia y Propiedad, Il crepuscolo artificiale del Cile cattolico, Cristianità, Piacenza, 1973.
2. Eugenio Lira Massi, La cueva del Senado y los 45 senadores, Santiago, 1969. Farías, pag. 81.
3. Plan de Acción Gubernativo, Dr. Salvador Allende G., Ministro de Salubridad, Boletín Médico Social, febbraio 1940. Farías, pag. 215.
4. ADN Santiago / Land. Die Parteien und Gruppen der Linke in Chile, Stand November 1967. Bundesarchiv SAPMO-BARCH, DY 30. IV A 2/20/730. Farías, pag. 162.
5. Stellvertreter des Ministers für Auswärtige Angelegenheiten Genossen Georg Stibi von H. Spindler, 8.1.1973. Bundesarchiv SAPMO-MARCH, DY 30. IV B 2/20/260. Farías, pag. 168.
6. Gespräch des Genossen Hermann Axen, Mitglied des Politbüros und Secretär der SED, mit Genossen Volodia Teitelboim, Mitglied Politischen Kommision des ZP der KP Chiles. Bundesarchiv SAPMO-BARCH, DY30. OV B 2/20/257. Farías, pag. 184.
7. Bericht über den Aufenthalt einer Delegation des ZK der SED unter Leitung von Genossen Erich Mückenberger, vom 28. bis 29.8.1973 in Santiago de Chile. Bundesarchiv SAPMO-BARCH, DY 30, IV B 2/20/259. Farías, pag. 191.
8. El Mercurio, 13 ottobre 2005.
9. Eduardo Mackenzie, “El triste fin de Salvador Allende”, web.articulista.net, settembre 2005.
10. Staatssicherheitdienst: Acta Puccio Giessen, Osvaldo Luis, Hauptabteilung II/15, Berlino, 4 luglio 1977. Farías, pag. 18.
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