Nel luglio 849 una flotta costituita dalle navi delle repubbliche marinare
di Amalfi, Napoli, Sorrento e Gaeta, riunite nella Lega Campana sotto la guida
del console Cesario di Napoli, sbaragliò i saraceni che si apprestavano a sbarcare
presso Ostia con l’intento di saccheggiare Roma.
Fu la più importante vittoria navale cristiana prima di Lepanto.
Dopo il terribile saccheggio delle basiliche di San Pietro e San Paolo Fuori le Mura dell’anno 846, Papa san Leone IV stava lavorando alacremente alla fortificazione delle mura di Roma, sicuro che la minaccia araba non avrebbe conosciuto tregua.
In effetti, nella primavera dell’anno 849, a Roma ancora scossa da quegli avvenimenti, giunse voce che un’imponente flotta araba, partita dal nord Africa e approdata sulle coste della Sardegna a Capo Teulada, stava organizzando le proprie forze per dirigersi successivamente verso la foce del Tevere. La stessa notizia giunse anche al Ducato di Napoli, e alle città di Amalfi e Gaeta, che non potevano certo tollerare la prepotenza dei saraceni nel Mar Tirreno e, soprattutto, un secondo attacco alla città di Roma, sede della Cristianità. Costituirono una lega navale, armarono una flotta, affidando il comando a Cesario, console del Ducato di Napoli, che già aveva guidato le truppe cristiane, con successo, durante le fasi successive al saccheggio delle due basiliche.
Sergio I, duca di Napoli, inviò subito tale flotta, che giunse nelle acque di Ostia quando ancora i navigli arabi erano fermi in Sardegna. Leone IV, sapendo che in passato erano stati numerosi e molteplici i rapporti amichevoli tra musulmani e napoletani, volle incontrare Cesario e gli altri comandanti per fugare ogni dubbio sulla sincerità della loro azione.
L’incontro si svolse presso il palazzo del Laterano, che allora era la residenza ufficiale del Vicario di Cristo. I comandanti militari rassicurarono il Papa, confermando che il loro intervento era solo ed esclusivamente per la difesa della città di Roma. Tali e sincere furono le loro affermazioni che il Pontefice si recò a Ostia per visitare ed incoraggiare le forze cristiane. I combattenti campani, sbarcarono dalle navi e accolsero con fervore e gioia Leone IV.
Il Papa celebrò una messa solenne nella Chiesa di S. Aurea (santa martirizzata ad Ostia al tempo di Claudio Imperatore) per propiziare la vittoria e amministrò personalmente la comunione a tutti i presenti. Nell’occasione recitò una bellissima preghiera, inserita in seguito nella liturgia: “Onnipotente Dio, che con la tua mano facesti camminare l’apostolo Pietro sul mare, così che non affogasse, e che salvasti l’apostolo Paolo nei tre naufragi, sii a noi propizio e ascoltaci: per i meriti dei due stessi apostoli, fortifica il braccio dei campioni cristiani che stanno per difendere una giusta e santa causa, affinché per la vittoria navale sia il tuo nome glorificato in ogni tempo e presso tutte le genti. Per i meriti di Gesù Cristo, Salvatore Nostro. Amen”.
Proprio il giorno successivo a questo evento solenne, la squadra navale araba fece la sua comparsa all’orizzonte. Subito attaccati dalla flotta dalla lega navale, alla quale si erano unite le forze romane, i saraceni subirono importanti perdite pur dimostrando una tenace resistenza. Arrembaggi, speronamenti, incendi, corpo a corpo furiosi, andarono avanti con vigore. La vittoria fu resa definitiva da un improvviso vento di libeccio, che portò i navigli invasori o a fracassarsi sul lido o verso il mare aperto dove la maggior parte fece un inglorioso naufragio. Gli esperti marinai italiani conoscendo bene quel vento e avendo navi ben più solide di quelle arabe, uscirono praticamente illesi dalla furia della natura.
Dei supersiti arabi, alcuni furono uccisi dagli armati della flotta cristiana, altri furono condannati a morte tramite impiccagione ma la maggior parte fu impiegata per la costruzione della mura Leonine, grazie soprattutto all’intervento personale del pontefice che pose fine a tutte le esecuzioni.
L’epica vittoria verrà anche celebrata nel 1514 con un affresco di Raffaello Sanzio, commissionato da Papa Leone X (1513-1521), che possiamo ammirare oggi ai Musei Vaticani nelle Stanze che prendono il nome proprio dal pittore urbinate. Nell’affresco, san Leone IV ha i tratti di Leone X, mentre è in atto di rendere grazie, alcuni prigionieri musulmani vengono portati con la forza davanti alla sua persona e fatti inginocchiare in segno di sottomissione. Sullo sfondo è rappresentata la Rocca di Ostia e la battaglia navale nelle sue fasi cruciali. Il tema del dipinto vuole alludere al tentativo di crociata che il pontefice Leone X volle organizzare, senza riuscirvi, contro i Turchi che minacciavano sempre più prepotentemente l’Europa dopo la presa di Costantinopoli (1453).
Capiamo benissimo che la battaglia di Ostia riveste tutti i caratteri del non politicamente corretto: un sodalizio armato di italiani, che per la difesa della Cristianità, combatte sotto il vessillo e la benedizione del Papa contro l’invasore islamico vincendo gloriosamente. Pensiamo ai disagi per i buonisti di ogni genere! Ma questi i fatti accaduti, quasi del tutto sconosciuti. Così ci è parso opportuno ricordare, non solo per dovere di cronaca storica, ma soprattutto a giusta memoria di coloro che parteciparono e sacrificarono la loro vita in quella giornata di luglio dell’anno 849.
Pierpaolo Picano
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