“Confusione” è la parola più utilizzata in autorevoli commenti per trarre
un bilancio del periodo che abbraccia il prima,
il durante e il dopo dei due Sinodi sulla famiglia. Infatti, questo periodo tanto
denso nelle discussioni quanto nebuloso nella percezione dell’opinione
pubblica, fu inaugurato dall’ormai celebre discorso pronunciato dal cardinale
Walter Kasper nel Concistoro del febbraio 2014, che subito rimbalzò sui titoli
dei più grandi media del mondo, alimentando in seguito una continua e crescente
disputa, ad intra e ad extra dell’aula sinodale, fra quelle che il sacerdote
gesuita Antonio Spadaro ha definito «due diverse visioni del rapporto tra la
Chiesa e la Storia».
“Disorientamento” è stato, del resto, il termine usato dagli oltre 850 mila fedeli che hanno firmato una
Supplica Filiale a Papa Francesco sul futuro della Famiglia chiedendogli di
dire una parola di chiarezza sulla situazione creatasi dopo il pronunciamento
del cardinale Kasper.
“Disorientamento” e “confusione” sono, infatti, parole chiave per
descrivere quanto sta accadendo nelle menti e nelle coscienze dei cristiani per
quanto riguarda l’insegnamento e la prassi della Chiesa sulla morale naturale e
cristiana nei confronti della famiglia, tema centrale per la nostra rivista e
per la nostra associazione. Questo disorientamento va dimostrando giorno dopo
giorno di essere nient’altro che la continuità, terribilmente aggravata, di
quel fenomeno già descritto da Giovanni Paolo II agli albori del suo
pontificato, quando stilava il bilancio degli anni precedenti: «Bisogna
ammettere realisticamente e con profonda e sofferta sensibilità che i cristiani
oggi in gran parte si sentono smarriti, confusi, perplessi e perfino delusi, si
sono sparse a piene mani idee contrastanti con la Verità rivelata e da sempre
insegnata, creando dubbi, confusioni, ribellioni».
Un’analisi lucida e coraggiosa
A questo “smarrimento” dei fedeli viene in soccorso la lucida e coraggiosa
analisi che mons. Athanasius Schneider, vescovo ausiliare di Santa Maria di
Astana, ci offre della Relatio Finalis del Sinodo. Nello studio dal titolo «Una
porta posteriore per una pratica neo mosaica», mons. Schneider, pur
riconoscendo che nella suddetta Relatio si riscontrano delle verità chiaramente
e bellamente affermate, riferendosi ai numeri 84-86 del Capitolo III (sulla
molto discussa questione dei “divorziati risposati”), asserisce che il testo rappresenta in questi punti un
«serio allontanamento» dal comandamento divino di dire “sì, sì, no, no” (Mt
5, 37), optando invece per «tattiche
offuscanti» che usano espressioni
ambigue come “una più piena partecipazione alla vita della Chiesa” oppure
“discernimento” e “integrazione”.
Il risultato è che con «queste tattiche offuscanti la Relatio Finalis di fatto
mette delle bombe a tempo e apre una
porta posteriore all’ammissione dei divorziati risposati alla Sacra
Comunione, causando così la profanazione dei due grandi sacramenti
del Matrimonio e dell’Eucaristia e contribuendo, almeno in modo indiretto,
alla diffusione della piaga del divorzio».
Per mons. Schneider questi passaggi della Relatio sono stati stesi con una «abile e sofisticata ambiguità».
Gli innovatori si rallegrano
Non sarebbe, dunque, per nulla priva di fondamento la conclusione che ne
traggono alcuni dei più celebri nomi che si sono spesi apertamente in favore di
una riforma della posizione della Chiesa per quanto riguarda l’adulterio e il concubinato. Scrive
mons. Schneider che «i cardinali Kasper e Nichols e l’arcivescovo Forte, per
esempio, affermano che secondo la Relatio Finalis si può presumere che in una
certa maniera si è aperta una porta per la Comunione ai divorziati risposati»,
aggiungendo che esiste un buon numero di «vescovi, sacerdoti e fedeli che si
rallegrano per questa porta aperta che si trova nel Rapporto Finale. Invece di guidare i fedeli con un
insegnamento chiaro e univoco, la Relatio Finalis causa una situazione di
oscuramento, confusione, soggettivismo e un particolarismo dottrinale e
disciplinare che non è cattolico, in
una materia essenzialmente connessa al deposito della fede trasmesso dagli
Apostoli».
“Siate quelli che mettono in pratica la parola”
(Gc 1, 22)
Il presule kazako segnala inoltre la grave incoerenza che rappresenta
l’aver omesso che un vero
accompagnamento pastorale e misericordioso non può non far vedere a queste
coppie di essere in una stato di “scandalo pubblico”, dal quale solo si
esce con l’umiltà di riconoscere lo
stato peccaminoso. Anzi il numero 84 chiede “una ammissione dei divorziati
risposati a uffici liturgici, pastorale ed educativi”, mentre in realtà con la
loro vita danno «una pubblica
anti-testimonianza contro l’indissolubilità del matrimonio e contribuiscono
alla cultura del divorzio». Tutto questo contraddice in modo netto, secondo
lo studio del vescovo, l’insegnamento della Lettera di san Giacomo: “Siate di quelli che mettono in pratica la parola e non soltanto ascoltatori,
illudendo voi stessi” (Gc 1, 22). «Di
fatto, questi (paragrafi) dicono a loro (i divorziati risposati) che il loro
peccato di adulterio non è peccato e neppure adulterio o, almeno, che non è
peccato grave e che non c’è un pericolo spirituale nel loro stato di vita».
Mons. Schneider, valente patrologo, esalta la grande attualità di parole
come quelle pronunciate da un san
Basilio o un sant’Ireneo. In una lettera
al Papa Damaso, san Basilio scrive “Le
leggi della Chiesa sono nella confusione (…) ognuno cammina d’accordo ai
desideri del proprio cuore. Gli uomini di autorità temono di parlare
giacché coloro che hanno ricevuto il potere per interesse umano sono schiavi di quelli ai quali devono la
propria carriera (…). Nel
frattempo i miscredenti ridono, gli
uomini di fede debole traballano, le fede diviene incerta, le anime sono imbevute dell’ignoranza a causa di coloro che adulterando
le parole imitano la verità (Ep. 92,2)”.
Una parola ferma e di speranza
Conclude mons. Schneider: «Tutti i periodi di confusione nella storia della
Chiesa sono allo stesso tempo un’occasione per ricevere molte grazie di forza e
di coraggio e una opportunità per dimostrare il proprio amore a Cristo, Verità
Incarnata. Ad Egli tutti i battezzati, tutti i sacerdoti e vescovi hanno
promesso inviolabile fedeltà, ognuno secondo il proprio stato: con i voti battesimali, con le promesse
sacerdotali, con la solenne promessa della ordinazione episcopale»;
quest’ultima impegna infatti a conservare
“puro e intatto il deposito della fede conforme alla tradizione che sempre e
ovunque è stata preservata dalla Chiesa”. «L’ambiguità che si riscontra
nella sezione riguardante i divorziati risposati nella Relatio Finalis contraddice il suddetto voto episcopale
solenne. Ciò nonostante, tutti nella Chiesa, dai semplici fedeli a coloro
che detengono il Magistero, dovrebbero dire:
“Non possumus!” Non accetterò un
discorso offuscato né un’abilmente mascherata via di fuga per la profanazione
dei sacramenti del Matrimonio e della Eucaristia. Allo stesso modo non accetterò una beffa del Sesto
Comandamento di Dio. Preferisco essere ridicolizzato e perseguitato che
accettare testi ambigui e metodi
insinceri. Preferisco la cristallina “immagine di Cristo la Verità che
quella della volpe ornata con gemme” (sant’Ireneo) perché “so infatti a chi ho
creduto”, “Scio, cui credidi” (2
Tm,1, 12)».
(Rivista Tradizione, Famiglia, Proprietà - Dic. 2015 - Titolo originale "Confusione")
(I grassetti sono nostri)
Nessun commento:
Posta un commento