Mi ricordo un five o’clock tea, a
Londra [1950], nel salotto dell’albergo dove alloggiavo.
Stavo conversando con un ospite britannico. D’un
tratto, tutto si è fermato, e le persone hanno cominciato ad affluire tranquillamente
verso il salotto, sedendosi ai tavolini, con quella puntualità che presuppone
un certo stato d'animo, una certa mentalità. Vedendo arrivare tutta quella
gente, ho chiesto al mio anfitrione se stesse succedendo qualcosa. Forse un
ricevimento. “No, professor, it’s the five o’clock
tea!”, mi rispose flemmatico.
Erano persone comuni, che avevano interrotto ciò che
stavano facendo per sedersi nel salotto. I camerieri ci servirono il tè,
leggermente aspro e piuttosto forte, al quale andava aggiunto un goccio di
latte. Nel five o’clock tea si
mangia poco, appena il sufficiente perché il tè non faccia male. Non è
assolutamente il momento di mangiare succulenti panini di pane nero con
tacchino e senape. No! Si mangiano biscottini molto delicati e piuttosto
secchi, che bisogna bagnare nella tazza.
Si potrebbe vedere in questo rituale una certa
unilateralità, una certa esagerazione. Esso mostra, tuttavia, una qualità del
popolo inglese, che sarebbe perfettamente organica se non fosse protestante.
Ad esempio, l’idea di sorseggiare una bevanda calda
mangiando poco mostra un certo primato dello spirito. Io personalmente sono
fatto in un altro modo, mi piace mangiare. Riconosco volentieri, però, che ciò
rappresenta innegabilmente un primato dello spirito. A questo si aggiunge il
fatto di essere una bevanda analcolica, innocente, nella quale preparazione si
possono combinare sfumature di ogni tipo. Il saper cogliere queste sfumature
mostra uno spirito fine e superiore: tale è la giusta quantità di tè, con un
tale dosaggio di acqua a tale temperatura, con tanto di zucchero che si mescola
in tale modo, e via dicendo. Poi vengono le preferenze personali: la Duchessa
tale o Lord tale prende il tè esclusivamente in tale modo, ecc.
Il caffè è più povero, più diretto, più semplice. Il
tè inglese va invece gustato in mille sfumature molto discrete, che solo uno
spirito superiore riesce a cogliere pienamente.
Sono rimasto molto colpito anche dalle conversazioni.
Sempre in toni molto discreti, con mezze parole, comunicando piuttosto
sensazioni vellutate che non frasi, in un ambiente molto tranquillo, dove una
risata sonora sarebbe assolutamente fuori posto.
Tutto questo mi dava l’impressione di un mondo di
cristallo. Il cristallo è la dimora appropriata a questo spirito. Il five
o’clock tea è un’occasione in cui l’intera nazione
compie un rituale che mostra un tratto molto profondo della propria anima. È
come se tutti mettessero i propri cristalli allineati in un certo ordine per
far splendere un aspetto del lumen della
nazione. In quell’occasione, il lumen della
Gran Bretagna brillò ai miei occhi.
Queste considerazioni, che dicono rispetto a un ordine
di cose molto elevato, hanno a che fare con la terra? Io dico che questo è il
succo della realtà.
Per esempio, il popolo britannico è anche molto
guerriero. Aveva, infatti, conquistato un impero di portata mondiale. Nelle sue
guerre c’era lo scontro del suo lumen con
altri popoli. A volte era lo scontro tra fratelli, con sfumature armoniche
temporaneamente in lotta. Altre volte era, invece, lo scontro con qualcosa di
disarmonico, di incompatibile, non mirando a nessuna possibile combinazione o
soluzione, ma alla distruzione dell’avversario.
In quale misura la consapevolezza del proprio lumen
determina la force de frappe in
battaglia? In quale misura la contemplazione di queste realtà elevate determina
il corso degli avvenimenti sulla terra?
Io credo che chi non capisce queste realtà non capisce
la Storia.
In fondo, sono perfezioni divine che si rispecchiano
negli uomini. Nella misura in cui gli uomini mettono in pratica queste
perfezioni, attirano le grazie divine. Se tutti gli uomini mettessero in essere
le perfezioni che sono chiamati a riflettere, il Cielo si rallegrerebbe.
Ecco perché il mondo angelico è così bello. Gli angeli
sono puri e cristallini, hanno una densità di essere tale che irradiano luce. I
vizi e le virtù degli uomini respingono o attirano l’azione angelica. E ciò ha
delle conseguenze profonde sugli avvenimenti.
Plinio Corrêa de Oliveira - 1950
(I grassetti sono nostri)
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