...il
giudizio di Plinio Corrêa de Oliveira
Lo scopo di questo articolo è quello di illustrare il giudizio
del prof. Plinio Corrêa de Oliveira sulla
prima Guerra mondiale e le sue conseguenze, attraverso alcuni suoi scritti.
Per il pensatore cattolico, la guerra del ‘14-18
non fu il
frutto di circostanze fortuite,
né soltanto la conseguenza di intrighi internazionali.
Fu un episodio, violento e sanguinoso, del grande
processo rivoluzionario
che, ormai da cinque secoli, stava distruggendo la
Cristianità.
Nel suo libro «Rivoluzione e Contro
Rivoluzione», descrivendo la crisi dell’Occidente cristiano, il Dott.
Plinio spiega:
“Il processo critico di cui ci stiamo
occupando è, come abbiamo detto, una rivoluzione. Usiamo questo vocabolo per
indicare un movimento che mira alla distruzione di un potere o di un ordine
legittimo e all’instaurazione al suo posto di uno stato di cose (intenzionalmente
non vogliamo dire ‘ordine di cose’) o di un potere illegittimo. In questo
senso, a rigore, una rivoluzione può essere incruenta. Quella di cui ci
occupiamo, si è svolta e continua a svolgersi con ogni genere di mezzi, alcuni
dei quali cruenti e altri no. Le due guerre mondiali di questo secolo, per
esempio, considerate nelle loro conseguenze più profonde, sono suoi capitoli, e
dei più sanguinosi; mentre la legislazione sempre più socialista di tutti o
quasi tutti i popoli odierni costituisce un progresso importantissimo e
incruento della Rivoluzione” (1).
La miopia degli statisti europei nell’Ottocento
Secondo il pensatore cattolico brasiliano,
l’esplosione del 1914 fu l’esito inesorabile della miopia degli statisti
europei nell’Ottocento, assorbiti da stretti problemi nazionali mentre bruciava
il continente. In uno scritto del 1936, in occasione della Conferenza
Panamericana convocata dal presidente statunitense Franklin D. Roosevelt, il Dottor Plinio ammoniva:
“Non possiamo ripetere in America il
grande errore politico che caratterizzò la diplomazia europea nel secolo
trascorso fra la caduta di Napoleone e la Grande guerra.
“Tra il 1815 e il 1914 l’Europa era
divorata dalle fiamme dell’incendio rivoluzionario iniziatosi nel 1789. Le
forze anti-monarchiche e anti-sociali infierivano su tutti i paesi europei,
scuotendo i troni, assalendo le istituzioni religiose, sconquassando ogni pezzo
del vecchio edificio europeo di Filippo II e di Luigi XIV.
“Di fronte a tale assalto rivoluzionario,
che misure prendevano le monarchie europee? Praticamente nessuna. Se si fossero
unite, le cancellerie europee avrebbero potuto schiacciare l’idra
rivoluzionaria in poche mosse. Disunite, sarebbero state divorate dalla stessa
idra. Purtroppo, prevalse la seconda scelta. Perché? Perché l’unione di tutte
le forze conservatrici avrebbe supposto una vasta intesa internazionale. La
miopia degli statisti europei, però, li portava a non vedere, nel terreno della
diplomazia, se non angusti problemi economici e microscopiche questioni
nazionali.
“Mentre si versavano fiumi di sangue per
il possesso di un paio di metri di terra nello Schleswig-Holstein,
nell’Alsazia-Lorena, in Silesia o nei Balcani, nemmeno una goccia di sangue fu
versata in difesa della struttura politica e sociale dell’Europa. L’unica,
gloriosa, eccezione a questa regola generale fu il sangue eroicamente versato
dai martiri di Castelfidardo e di Mentana.
“Il risultato di questa miopia non si fece
aspettare. Mentre i monarchi europei si consumavano in lotte sterili per
estendere i loro imperi, la Rivoluzione scavava la fossa nella quale sarebbero
stati sepolti. Così, l’Europa cristiana e monarchica del 1815 diventò l’Europa
laica e repubblicana del 1918” (2).
La distruzione della Cristianità
Nel 1945 Plinio Corrêa de Oliveira scrisse
un lungo saggio gettando uno sguardo panoramico sulla prima metà del secolo XX.
Ecco come descriveva, metaforicamente, gli anni successivi alla prima Guerra
mondiale:
“Sarà molto difficile per gli storici del
futuro comprendere, come la comprendiamo noi, l’epoca agitata, crepuscolare,
indecisa nella quale irruppero nel mondo i partiti totalitari. Bisogna aver
vissuto fra il 1920 e il 1925 per capire l’immane caos ideologico in cui
versava l’umanità. Il cristianesimo sembrava un enorme edificio in fase finale
di demolizione. Non si risparmiava nessuno sforzo per portare a termine questa
distruzione. Ovunque, specialisti silenziosi strappavano le pietre dalle mura,
tiravano giù gli architravi, scardinavano le porte e portavano via le finestre.
Questo lavoro, fatto con la segretezza, l’astuzia e l’agilità di cospiratori,
avanzava in modo freddo e implacabile, senza perdere un attimo. I demolitori si
davano il cambio. Di giorno o di notte, mentre gli altri uomini si divertivano,
dormivano, lavoravano o passeggiavano, i demolitori non si fermavano. Mostri
con fattezze umane assalivano le vetuste mura della Cristianità, con un furore
delirante e impetuoso, come se stessero attaccando non un edificio di pietra,
ma uno di carne, un grande corpo vivente. Masse arrabbiate sfondavano le porte
e si calavano dalle finestre, saccheggiavano le reliquie indifese e i tesori
abbandonati, spaccavano le vetrate, profanavano gli altari, distruggevano le
immagini, abbattevano torri millenarie, finora inespugnate. A una certa distanza,
turbe di randagi cercavano i relitti della Casa di Dio per costruire con essi
le strutture stravaganti e sensuali dell’orgogliosa Città del demonio.
“Questo è appena un’allegoria. Nessuna
allegoria, però, nessuna immagine, nessuna descrizione potrà mai ritrattare la
confusione di quei giorni del post-guerra” (3).
L’egemonia occidentale si sposta
dall’Europa tradizionale agli
Stati Uniti livellatori
Nello stesso saggio, dopo aver descritto
il processo rivoluzionario tra il 1789 e il 1918, Plinio Corrêa de Oliveira
afferma:
“Nel 1918 un soffio rivoluzionario spazzò
l’Europa. Lo zarismo crollò strepitosamente, lasciando al potere il comunismo.
Tutta la vita intellettuale e sociale si staccò ancor di più dal passato. In
Occidente, l’egemonia si spostò dall’Europa tradizionale agli Stati Uniti
livellatori” (4).
L’“americanismo”: una conseguenza della guerra
José Gustavo de Souza Queiroz fu un amico
della prima ora e compagno d’armi del Dott. Plinio. Morì nel 1946 in giovane
età, lasciando in eredità alcune proprietà che diventeranno le prime sedi della
futura TFP. Descrivendone la personalità, nelle “Note biografiche” che
accompagnano la sua traduzione dell’opera di Joseph de Maistre
sull’Inquisizione, Plinio Corrêa de Oliveira commenta l’“americanismo” degli
anni ‘20:
“Il collegio è un microcosmo in cui si
riflettono, spesso con esagerazione e a volte anche in modo tempestoso, le
preoccupazioni, le idee, le tendenze dell’ambiente domestico e sociale di ogni
studente. Nel tempo in cui José Gustavo era un ragazzo, soffiavano fortissime
le raffiche del dopoguerra. La Prima guerra mondiale provocò una vera
rivoluzione che rovesciò vari troni in Europa e democratizzò i costumi in tutto
il mondo.
“Le maniere dette ‘americane’ dominavano
totalmente le nuove generazioni. E per ‘maniere americane’ voglio dire i modi
impudenti e bruti dei ragazzi, la sensualità precoce e sfrenata, lo spirito di
rivolta contro ogni legge e ogni autorità, atteggiamenti in cui erano esimi i
cow boys che vedevamo nel cinema. Lontano dagli sguardi supervisori degli
insegnanti e dei genitori, anche nelle migliori scuole i modi, le opinioni, i
temi di conversazione, tutto era improntato a questo ‘americanismo’ dirompente”
(5).
La scienza e il progresso non hanno risolto i
problemi
Commentando le rivelazioni della Madonna a
Fatima, il Dott. Plinio denunciava lo stato d’animo ottimista che
contraddistingueva la Belle Époque, e la cecità riguardo ai veri problemi
dell’epoca. Ottimismo poi smentito, appunto, dalla Grande guerra:
“I fatti contemporanei più significativi
sono: (…) Una crisi universale. La società ostentava nei primi anni di questo
secolo, cioè fino al 1914, un aspetto brillante. Il progresso regnava
indiscusso in tutti i terreni. La vita economica aveva raggiunto una prosperità
senza precedenti. La vita sociale era facile e attraente. L’umanità sembrava
avviarsi verso un periodo d’oro. Alcuni pochi sintomi stonavano da questo
sfarzo. C’era miseria materiale e morale. Ma erano in pochi a misurare
l’importanza di queste lacune. La maggior parte pensava che la scienza e il
progresso avrebbero risolto tutti i problemi. La prima Guerra mondiale pose una
terribile smentita a tale ottimismo. Anzi, i problemi si aggravarono fino al
1939” (6).
Il tempo di Dio arriverà
Chiudiamo, riferendo il giudizio,
durissimo, di Plinio Corrêa de Oliveira sui massimi responsabili della
catastrofe del 1914-1918, con le sue sequele. Si tratta di un articolo scritto
“col cuore indignato e l’anima sanguinante” nel 1937 in occasione
dell’Anschluss, cioè l’annessione dell’Austria da parte della Germania nazista.
Il pensatore cattolico vi denuncia il connubio fra i “Cesari totalitari” e i
“sinedri liberali”:
“La drammatica scomparsa dalla mappa
europea dell’Austria cattolica, calpestata con brutalità criminale dagli
stivali nazisti, rende opportuna una visione politica retrospettiva, che
facciamo col cuore indignato e l’anima sanguinante. Più di qualsiasi argomento
teorico, questa retrospezione mostrerà il connubio dei Cesari totalitari e dei
sinedri liberali, lavorando insieme per crocifiggere di nuovo il Divino
Salvatore, rappresentato oggi dalla Santa Chiesa.
“I. Di fronte alla situazione disperata
delle truppe tedesche durante il passato conflitto, l’imperatore Guglielmo II
cedette alle promesse allettanti di certi poteri occulti. Fece trasportare
segretamente Lenin dalla Svizzera in Russia. La spedizione si realizzò in un
treno d’acciaio sigillato in partenza per impedire la diffusione del virus
comunista in Germania. La rivoluzione ambita esplose quindi in Russia, portando
al potere i bolscevichi. I comunisti ricompensarono Guglielmo II firmando la
pace di Brest-Litovsk, molto vantaggiosa per la Germania.
“Il cristiano Guglielmo II tradì la causa
di Cristo. L’Imperatore tradì la causa dell’Ordine. Ma Dio ha il suo tempo. Per
Guglielmo II, il tempo di Dio non tarderà.
“II. Nell’ultima fase della Grande guerra,
un cataclisma spaventoso coprì di sangue la Russia. Fatta la pace, ci si
aspettava che le potenze occidentali vi intervenissero per riportare il paese
all’ordine. La Gran Bretagna e la Francia, invece, contemplarono con
indifferenza la vittoria comunista in Russia. Oltre a qualche protesta
platonica, non mossero un dito per difendere le popolazioni cristiane
perseguitate, né per riportare sul trono la Famiglia imperiale che, anzi, fu
vilmente assassinata a Ekaterinburgo.
“Cristiana, la monarchia inglese tradì la
causa di Cristo e il principio monarchico. Cristiana anch’essa, la borghesia
che governava la Francia tradì la causa di Cristo e il principio della
proprietà privata. Non avevano tempo per pensare a Cristo e alla civiltà
cristiana. Pensavano solo a come spartirsi le spoglie, ancora palpitanti, degli
imperi vinti. Bisognava raccogliere il frutto della vittoria. Riguardo a
Cristo, che si arrangi! In questo modo, 155 milioni di anime furono lasciate
senza difesa di fronte alla propaganda atea e alla persecuzione religiosa.
“Ma Dio ha il suo tempo. E per
l’Inghilterra e la Francia, il tempo di Dio non tarderà.
“III. Il virus comunista si diffuse dalla
Russia alla Germania, all’Austria e all’Ungheria. Guglielmo II vide con
rammarico che il fuoco che egli aveva appiccato nella casa del vicino, ora
avvampava in casa sua e in quella degli alleati. Cadde l’orgogliosa monarchia
creata da Bismark, e l’altero Kaiser finì a terra. Nel frattempo, Francia, Gran
Bretagna e gli Stati Uniti vedevano con malcelato piacere come il socialismo si
diffondeva nell’Europa centrale, indebolendo e demoralizzando ulteriormente le
potenze perdenti. Quanto a Cristo, che si arrangi!
“IV. Nel trattato di Versailles, la
Germania fu diminuita nel suo territorio e umiliata nel suo morale. La perdita
delle colonie e il peso insopportabile delle riparazioni di guerra
schiacciarono il popolo tedesco. Di conseguenza, crebbe il malcontento e il
socialismo. La Santa Sede chiese clemenza per i vinti, ma i poteri occulti
sorridevano nell’ombra. Il principale perdente non era la Germania, ma Cristo,
contro cui si scatenò, in Russia e nell’Europa centrale, la furia dei
comunisti.
“V. Molto più perseguitata della Germania
fu, però, l’Austria. Sebbene comprendesse un’importante minoranza protestante,
agli occhi dei poteri occulti, l’Austria era colpevole di un reato
imperdonabile: essere una potenza cattolica. La disparità di trattamento degli
Alleati nei confronti della Germania e dell’Austria è scioccante. La Germania
fu umiliata e mutilata, ma sopravvisse. L’Impero austro-ungarico fu squartato,
ne rimase solo l’Austria germanica, che a stento riuscì a sopravvivere. Mentre
Guglielmo II, ritenuto dagli stessi Alleati il massimo colpevole della Guerra,
soggiornava tranquillamente a Doorn, in Olanda, l’imperatore Carlo d’Austria
moriva di tubercolosi a Madeira, Portogallo, povero come Giobbe, ma come lui
mirabilmente rassegnato. Nessun governante del mondo osò venire in suo aiuto.
Abbandonato da tutti, l’ultimo imperatore della Casa d’Austria morì come un
paria. Solo la Chiesa lo confortò nella sua agonia. Eppure, asceso al trono
alla fine della guerra, su di lui non pesava la benché minima colpa per il conflitto.
Anzi, aveva cercato in ogni modo la pace. La sua unica colpa era di essere
cattolico. Ma verrà il tempo di Dio. (…)
“XIII. Appoggiato dal cancelliere Franz
von Papen, il traditore dei cattolici tedeschi, il signor Adolf Hitler prese il
potere in Germania. E il tempo di Dio cominciò ad arrivare per la Francia e
l’Inghilterra. ( … ) Nel 1935, consolidatosi l’asse Roma-Berlino, Hitler
cominciò a chiedere imperiosamente l’annessione dell’Austria alla Germania.
Mentre le potenze alleate scuotevano la testa, ma restavano immutate, l’Italia
esprimeva discretamente il suo gradimento. (…)
“XIV. Di Mussolini, nelle cui mani sta la
direzione di uno dei popoli più nobili e più cattolici del mondo, è meglio non
parlare. Il Führer lo ringraziò con un telegramma benevolo e generoso: “Non
dimenticherò il vostro gesto”. “Ma neanche Dio dimentica. E il Suo tempo
sta per arrivare” (7).
Fin qui le parole profetiche scritte da
Plinio Corrêa de Oliveira nel 1937. Due anni dopo, con lo scoppio della seconda
Guerra mondiale, l’ora di Dio arrivò per quasi tutti i popoli europei.
Juan Gonzalo
Larraín Campbell
(Rivista Tradizione, Famiglia, Proprietà - Giugno
2014)
1.
Plinio Corrêa de Oliveira, Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, Luci sull’Est,
Roma 1998, p. 57.
2.
Id., Os mexicanos, nossos irmãos, in “Legionário”, n. 220, 29 novembre 1936.
3.
Id., A grande experiência de 10 anos de luta, in “Legionário”, n. 666, 13
maggio 1945.
4.
Ibid.
5.
Id., Notas Biográficas sobre o Sr. José Gustavo de Souza Queiroz pelo Prof.
Plínio Corrêa de Oliveira, in “Cartas sobre a Inquisição Espanhola”, Revista
Leituras Católicas, Anno LIX, settembre 1949, n. 712.
6.
Id., Fátima explicação e remédio da crise contemporânea, in “Catolicismo”, n.
29, maggio 1953.
7.
Id., A conjuração dos Césares e do Sinédrio, in “Legionário”, n. 288, 20 marzo
1938.
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