...la spinta disperata a
trasformare la Chiesa secondo i nostri
desideri e le nostre idee...
(...) Di recente, un gruppo di sacerdoti in un Paese europeo
ha pubblicato un appello alla disobbedienza, portando al tempo stesso anche
esempi concreti di come possa esprimersi questa disobbedienza, che dovrebbe
ignorare addirittura decisioni
definitive del Magistero – ad esempio nella questione circa l’Ordinazione delle donne, in merito alla quale il beato
Papa Giovanni Paolo II ha dichiarato in
maniera irrevocabile che la Chiesa, al riguardo, non ha avuto alcuna autorizzazione da parte
del Signore.
La disobbedienza è una via per rinnovare la Chiesa? Vogliamo credere agli autori di tale appello, quando affermano di essere mossi dalla sollecitudine per la Chiesa; di essere convinti che si debba affrontare la lentezza delle Istituzioni con mezzi drastici per aprire vie nuove – per riportare la Chiesa all’altezza dell’oggi. Ma la disobbedienza è veramente una via? Si può percepire in questo qualcosa della conformazione a Cristo, che è il presupposto di ogni vero rinnovamento, o non piuttosto soltanto la spinta disperata a fare qualcosa, a trasformare la Chiesa secondo i nostri desideri e le nostre idee?
La disobbedienza è una via per rinnovare la Chiesa? Vogliamo credere agli autori di tale appello, quando affermano di essere mossi dalla sollecitudine per la Chiesa; di essere convinti che si debba affrontare la lentezza delle Istituzioni con mezzi drastici per aprire vie nuove – per riportare la Chiesa all’altezza dell’oggi. Ma la disobbedienza è veramente una via? Si può percepire in questo qualcosa della conformazione a Cristo, che è il presupposto di ogni vero rinnovamento, o non piuttosto soltanto la spinta disperata a fare qualcosa, a trasformare la Chiesa secondo i nostri desideri e le nostre idee?
Ma non semplifichiamo troppo il problema. Cristo non ha forse
corretto le tradizioni umane che minacciavano di soffocare la parola e la
volontà di Dio? Sì, lo ha fatto, per risvegliare nuovamente l’obbedienza alla vera volontà di Dio, alla sua parola sempre valida. A Lui stava a cuore
proprio la vera obbedienza, contro
l’arbitrio dell’uomo. E non dimentichiamo: Egli era il Figlio, con
l’autorità e la responsabilità singolari di svelare l’autentica volontà di Dio,
per aprire così la strada della parola di Dio verso il mondo dei gentili. E
infine: Egli ha concretizzato il suo mandato con la propria obbedienza e umiltà
fino alla Croce, rendendo così credibile la sua missione. Non la mia, ma la tua
volontà: questa è la parola che rivela il Figlio, la sua umiltà e insieme la
sua divinità, e ci indica la strada.
Lasciamoci interrogare ancora una volta: non è che con tali
considerazioni viene, di fatto, difeso l’immobilismo, l’irrigidimento della
tradizione? No.
(...) Noi sacerdoti possiamo pensare ad una grande schiera di
sacerdoti santi, che ci precedono per indicarci la strada: a cominciare da
Policarpo di Smirne ed Ignazio d’Antiochia attraverso i grandi Pastori quali
Ambrogio, Agostino e Gregorio Magno, fino a Ignazio di Loyola, Carlo Borromeo,
Giovanni Maria Vianney, fino ai preti martiri del Novecento...
(...) Ogni nostro annuncio deve misurarsi sulla parola di Gesù Cristo: “La mia
dottrina non è mia” (Gv 7,16). Non
annunciamo teorie ed opinioni private, ma la fede della Chiesa della quale
siamo servitori. Ma questo naturalmente non deve significare che io non
sostenga questa dottrina con tutto
me stesso e non stia saldamente ancorato ad essa.
OMELIA
DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI
Basilica Vaticana - Giovedì Santo, 5 aprile 2012
(I
grassetti sono nostri)
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