L'arrivo del postino
(Carl Spitzweg, 1808-1885)
L’opinione pubblica benpensante si pone
sempre più un problema. Come mai la gioventù odierna, anche se viene formata in
una famiglia cattolica e in parrocchia, all’inizio dell’età adolescenziale
diventa per la maggioranza, se non proprio atea, perlomeno indifferente alla
Religione e lontana dalla Chiesa?
Importanza degli ambienti
Generalmente si cerca di spiegare questo enigma
sostenendo che i ragazzi vengono influenzati più dal mondo che li circonda che
dalla famiglia e dalla parrocchia. Si ripropone qui l’eterno problema della
nefasta influenza del “mondo” sulla società e sulla Chiesa stessa.
Ma questa diagnosi rimane nel generico. Essa va
precisata osservando che oggi il “mondo” si è organizzato in modo scientifico e
capillare, creando ambienti capaci non solo d’influenzare ma anche di
plasmare, per così dire, l’animo dei giovani e ipotecarne il futuro.
Ma cosa sono questi “ambienti”?
Come l’ambiente naturale è il complesso delle
condizioni biologiche che favoriscono la nascita e lo sviluppo degli esseri
viventi, così l’ ambiente sociale è il complesso delle condizioni –
innanzitutto culturali, psicologiche e morali – che favoriscono la formazione spirituale
degli uomini. Certamente è l’uomo che crea l’ambiente, è la vita spirituale
degli uomini a formare gli ambienti sociali; ma a sua volta l’ambiente plasma
l’uomo, la vita sociale forma la vita spirituale delle generazioni.
Scriveva Plinio Corrêa de Oliveira: «Quando, in un
determinato gruppo umano, (...) la vita sociale delle anime è regolare e
intensa, si costituisce in esso come un’anima collettiva (...) e di conseguenza
una mentalità collettiva, uno stato di spirito comune che esercita una influenza
particolarmente forte su tutti i membri. (...) L’ambiente materiale si satura
di questa influenza e, a poco a poco, il quadro fisico (...) viene trasformato
in modo da esprimere lo specifico spirito dominante. (...) Nello stesso senso,
dobbiamo anche dire che la funzione contemplativa dell’uomo su questa terra
(...) di norma si esercita con il sostegno dell’ambiente, della cultura, dello
stile e della civiltà» (1).
«Dove le leggi, le istituzioni, la cultura, lo stile,
la civiltà costituiscono un ambiente profondamente cattolico, l’azione
specifica della Gerarchia ecclesiastica ottiene abitualmente grandi frutti e
l’azione dei Sacramenti, della predicazione, della santità muove le
moltitudini. Dove, per contro, tutto vi si oppone, le difficoltà per l’azione
della Gerarchia diventano enormi» (2).
E' quindi estremamente importante che la società
politica, sotto la guida della Chiesa, crei, mantenga e difenda ambienti che
favoriscano la vita religiosa e orientino le anime verso Dio; in questo modo,
la società può svolgere un implicito apostolato morale e religioso.
Come insegnava Pio XII, «dalla forma data alla
società, consona o no alle Leggi divine, dipende e s’insinua anche il bene o il
male delle anime, vale a dire, se gli uomini, chiamati tutti ad essere
vivificati dalla grazia di Cristo, nelle terrene contingenze del corso della
vita, respirino il sano e vivido alito della verità e della virtù morale, o il
bacillo morboso e spesso letale dell’errore e della depravazione» (3).
Ambienti rivoluzionari
Un ambiente non può essere moralmente indifferente: o
è sostanzialmente buono, in quanto esercita una influenza formativa ed
educatrice che orienta le anime verso Dio; oppure è sostanzialmente cattivo, in
quanto esercita una influenza deformante e diseducatrice che distoglie le anime
da Dio. Esistono dunque ambienti sani e tradizionali o addirittura santi, ma
esistono anche ambienti corrotti e rivoluzionari o addirittura diabolici.
La società odierna, purtroppo, è piena di ambienti
diseducativi e deformanti. Come alcuni ambienti naturali ingannano i sensi
creando effetti allucinatorii, facendoci vedere le cose sotto una falsa luce o
da una falsa prospettiva, così alcuni ambienti sociali ci fanno vedere la vita
da un punto di vista ingannevole, acciecando l'intelletto e disorientando le
coscienze.
Fra questi il peggiore è l’ ambiente
rivoluzionario, ossia il complesso delle condizioni – culturali,
psicologiche e morali – che favoriscono la Rivoluzione anticristiana. I giovani
d’oggi vivono abitualmente in ambienti rivoluzionarii. All'insegnamento e alla
testimonianza cristiana, questi ambienti oppongono implicitamente un
contro-insegnamento e soprattutto una contro-testimonianza che permea,
influenza e deforma l’animo giovanile, “liberandolo” dall'eredità di secoli di
cultura, tradizioni, civiltà cristiana, estinguendo in esso la luce della
verità, la voce della coscienza e il richiamo della fede.
Questo «ambiente libertario» (4), come lo chiamava
Marcuse, realizza nel modo più profondo il metodo marxistico noto come «primato
della prassi», che suggerisce non di proclamare direttamente l'errore
rivoluzionario, ma di permearne la società, di abituare gli uomini a vivere
come se la Rivoluzione fosse inevitabile e priva di alternative.
Ad esempio, oggi si vive in un ambiente che, anche
quando non rifiuta ufficialmente Dio, non nega filosoficamente l’esistenza
dell'anima, non proclama dottrinalmente il nichilismo, tuttavia dispone le
cose, alimenta uno stile di vita e diffonde una mentalità, che insegnano
implicitamente il soggettivismo e il relativismo. La vita sociale diventa una
prigione psicologica che incarcera l'uomo nella più rigorosa immanenza; l'uomo
finisce col vivere come se non esistessero né Dio né l'anima né la vita eterna.
In questo modo, tale ambiente rende quasi impossibile contemplare la verità,
perseguire i valori spirituali, orientarsi verso Dio, salvarsi l'anima.
Il ruolo della musica
Fra questi ambienti rivoluzionari per giovani, i più
importanti sono probabilmente quelli musicali, in quanto, «molto più dei
colori e delle forme, i suoni e il loro concatenarsi plasmano la società. (...)
Nel suono si leggono i codici della vita e i rapporti fra gli uomini. (...)
Qualsiasi musica, qualsiasi organizzazione dei suoni, è allora uno strumento
per creare o consolidare una collettività, una totalità» (5).
Gli happenings studenteschi, gli open air
festivals e i raduni musicali di massa svoltisi negli anni Sessanta e
Settanta in luoghi rimasti famosi (come Berkeley, Woodstock, Wight, il Parco
Lambro a Milano), costituirono i primi esempi degli ambienti rivoluzionari nei
quali si promuovevano svariate forme di “trasgressione” collettiva basate sul
noto trinomio “sesso, droga e rock'n'roll”. Le melodie spezzate, le dissonanze
e i ritmi ossessivi tipici di quelle musiche, suscitarono nei giovani uno stato
d'animo inquieto che li ha spinti alla contestazione studentesca, alla rivolta
generazionale, alla guerriglia e infine al terrorismo.
Un esempio tipico di ambiente rivoluzionario è la discoteca.
In essa, i giovani d'oggi non ascoltano la musica né semplicemente la vivono,
ma la “abitano”, immergendosi e quasi annullandosi in un artificiale ambiente
sonoro, visivo e tattile. Essi non pensano né parlano né ascoltano, ma gridano,
danzano e sudano per ore fino a diventare esausti, intontiti e quasi sordi,
annegando nel calderone ribollente della musica convulsa e della folla
scatenata, cadendo in uno stato di trance simile a quello provocato
dalle pratiche dello sciamanismo. In questo modo, essi s’impongono un esercizio
di ascesi rovesciata: cioè si mortificano non per ritrovare sé stessi e
inserirsi in ordine cosmico-sociale, ma per dimenticarsi ed annientarsi in un
disordine tribale, cercando «il nirvana mediante la violenza» (6).
L'esempio più avanzato di ambiente rivoluzionario è
costituito dai cosiddetti Centri Sociali Autogestiti e dalle Zone
Temporaneamente Autonome (TAZ). In essi, i giovani rivoluzionari si creano
un sorta di “zona franca”, sottratta non solo alle leggi dello Stato ma anche
alle leggi sociali e morali, dove si pratica sesso, droga, “disobbedienza
civile” e talvolta anche rivolta armata. Le recenti rivolte delle periferie
urbane francesi sono un tentativo di estendere queste “zone franche” alla vita
pubblica cittadina.
Le abitudini rivoluzionarie
Ma come nascono questi ambienti rivoluzionari?
Poiché gli ambienti vengono formati dalla pratica
sociale delle abitudini, possiamo dire che gli ambienti rivoluzionari
nascono dal prevalere sociale di quelle cattive abitudini che sono i vizii.
Gli habitus, ossia le abitudini, sono le «qualità
di per sé stabili grazie alle quali l'individuo agisce con facilità e
spontaneità, nel bene o nel male» (7). Esse nascono, si rafforzano e si
radicano nell’individuo e nella società, mediante la ripetizione dei
comportamenti e la imitazione dei modelli sociali. «L’àmbito dell' habitus,
ossia della inclinazione abituale, domina, più o meno coscientemente, la
maggior parte della vita e del comportamento umano» (8).
Gli uomini ben formati agiscono perché razionalmente
convinti di una verità e moralmente tesi a conseguire o a difendere un bene,
per cui in loro l'intelletto orienta la volontà e la volontà governa la
sensibilità. Tuttavia, in molte persone accade il rovescio: la loro vivace o
disordinata sensibilità s’impone sulla volontà indebolita e questa, a sua
volta, s’impone sull’intelletto ottenebrato. Pertanto queste persone agiscono
spinte soprattutto dalle sollecitazioni sensibili: fatti, azioni, stimoli,
suggestioni, timori, allettamenti, vantaggi.... Insomma, più che agire
razionalmente e coscientemente, esse reagiscono a stimoli interni o estern (9).
Questo rovesciamento dell’ordine interiore, un tempo
era considerato come patologico e veniva curato dalle istituzioni sociali e
religiose; oggi invece viene considerato come normale ed anzi viene favorito
dagli ambienti e dalle abitudini sociali, che incitano all’immoralità,
all’empietà e perfino all’irrazionalità. Oggi la grande maggioranza delle
persone agisce perché ingannata da una illusione o perché sedotta da una
passione o perché spinta da un timore. Facendo un gioco di parole latine,
potremmo dire che qui l' habitus, inteso come abitudine e usanza, viene
formato dall' habitus, inteso come apparenza e atteggiamento.
Le tendenze rivoluzionarie
Ma, se gli ambienti vengono formati dalle abitudini
sociali, queste abitudini da dove nascono?
Le abitudini vengono formate principalmente dalle tendenze
(10). Le tendenze sono quelle inclinazioni comportamentali abituali che spingono
l'uomo a compiere certe scelte e quindi a orientarsi in una certa direzione. Si
badi bene: le tendenze non possono costringere la volontà umana, ma solo spingerla
in una certa direzione, disponendo gli atti interni e le cose esterne secondo
una certa coerenza e un preciso orientamento, in base al “principio di
connaturalità”.
I fattori che favoriscono l’insorgere o il prevalere
delle tendenze possono essere sia esterni che interni all’uomo. Fra i fattori esterni
ricordiamo le luci, i colori, i suoni, i ritmi, i sapori, gli odori, i gesti,
gli atteggiamenti, le forme, le proporzioni, gli stili, insomma tutti gli
stimoli fisici che colpiscono i sensi esterni dell’uomo. Fra i fattori interni
ricordiamo gl’istinti, le passioni, i sentimenti, i desideri, le fantasie,
insomma, tutti gli stimoli psichici che colpiscono i sensi interni dell’uomo
(11).
Le tendenze non sono mai neutre e vanno giudicate
moralmente in base al loro orientamento: se favoriscono un comportamento
razionale e ordinato, allora sono tendenze buone e vengono dette anagogiche;
se invece favoriscono un comportamento irrazionale e disordinato, allora sono
tendenze cattive e vengono dette catagogiche.
Le tendenze possono orientare non solo la vita
individuale, ma anche la vita sociale, creando abitudini, usanze ed ambienti, favorendo
la nascita di mentalità e ideologie. Infatti le tendenze:
1. condizionano il comportamento sia privato
che pubblico, favorendo il formarsi delle abitudini; tramite il comportamento,
poi, esse
2. influenzano le mentalità, ossia quelle
convinzioni implicite di fondo che formano il cosiddetto “spirito pubblico”;
tramite le mentalità, infine, esse
3. orientano il pensiero degl’individui e
indirettamente anche della società, favorendo la nascita delle ideologie.
Quando passano a influenzare la vita sociale, le
tendenze disordinate provocano l’insorgere delle tendenze rivoluzionarie.
Come insegna Plinio Corrêa de Oliveira, «queste tendenze disordinate, che
per loro propria natura lottano per realizzarsi, non conformandosi più a tutto
un ordine di cose che è ad esse contrario, cominciano a modificarne le
mentalità, i modi di essere, le espressioni artistiche e i costumi, senza
incidere subito in modo diretto – almeno abitualmente – sulle idee» (12).
Se poi la ragione non riesce a imporsi sulle passioni disordinate, alla lunga
le tendenze rivoluzionarie finiscono con l’influenzare anche la vita
intellettuale; allora, dagli strati sotterranei della sensibilità, la crisi
affiora a livello del pensiero, suscitando errori che giustificano quelle
passioni e le permettono d'imporsi con l’inganno nella vita sociale, e
l’intelletto asservito provoca a sua volta un rilancio delle tendenze
disordinate. A questo punto s'innesca un circolo vizioso che forma una spirale
tendente progressivamente al ribasso, peggiorando sempre più la situazione.
L'uomo ha quindi il dovere di plasmare il proprio
comportamento alla luce delle buone idee che professa, per evitare che le
proprie tendenze disordinate finiscano con il plasmare le idee in base al
proprio comportamento immorale, acciecando l’intelletto e tacitando la
coscienza. Si verifica qui il celebre ammonimento di Paul Bourget: «bisogna
vivere come si pensa, altrimenti, prima o poi, si finisce col pensare come si è
vissuto» (13). (Continua)
Guido Vignelli
Rivista Tradizione,
Famiglia, Proprietà - Ottobre 2006
_________________________
1. P. Corrêa de Oliveira, Note sul
concetto di cristianità, Thule, Palermo 1998, pp. 33-34.
2. P. Corrêa de Oliveira, Note sul
concetto di cristianità, p. 41.
3. Pio XII, radiomessaggio La solennità
della Pentecoste, del 1-6-1941.
4. H. Marcuse, Saggio sulla liberazione,
Einaudi, Torino 1969, p. 44.
5. J. Attali, Bruits. Essai sur
l'économie politique de la musique, P.U.F., Paris 1977, pp. 11-12.
6. E. Cioran, Il funesto demiurgo,
Adelphi, Milano 1986, p. 72
7. S. Ramírez O.P., De habitibus in
communi, C.S.I.C., Madrid 1973, vol. I, p. 117.
8. V. Rodríguez O.P., Temas-clave de
humanismo cristiano, Speiro, Madrid 1984, p. 248.
9. S. Tommaso d'Aquino, In
metaphysicorum Aristotelis libros commentaria, liber II, lectio V, § 334.
10. Queste tendenze non hanno nulla a
che fare con quelle analizzate dalla psicoanalisi di Adler o di Ach negli anni
Venti e Trenta.
11. C. Fabro, L'anima, Studium, Roma
1955, p.117.
12. P. Corrêa de Oliveira, Rivoluzione e
Contro-Rivoluzione, p. I, cap. V, § 1.
13. P. Bourget, Le démon du midi, Plon,
Paris 1914, vol. II, p. 375.
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