martedì 7 maggio 2019

Il ruolo degli ambienti nella rivoluzione culturale (II)

Il bel gesto
(Carl Spitzweg, 1808-1885)

Il quarto potere
Poniamoci ora questa domanda: qual è il fattore che oggi influenza di più le tendenze, i comportamenti e le mentalità, plasmando le abitudini sociali e contribuendo a creare lo “spirito pubblico”?

Questo fattore è indubbiamente il cosiddetto quarto potere, ossia il sistema dei mezzi di comunicazione di massa, che influenza pesantemente e capillarmente soprattutto la gioventù. Strumenti di questo sistema sono non solo la stampa, i fumetti, la televisione, il cinema e il teatro, ma anche i video-clips, i video-games, la pubblicità e la moda come propagandisti dei consumo e del costume di massa.
I mass-media svolgono non solo una funzione informativa, ma anche “formativa”, nel senso tecnico del termine. Essi esercitano soprattutto una influenza “culturale”, cioè diffondono non solo notizie ma anche idee, valori, orientamenti. Lo fanno però indirettamente, proponendo agli spettatori tendenze psicologiche, stili di vita e modelli di comportamento che influenzano dapprima le abitudini, poi anche la mentalità e il pensiero, particolarmente quei valori morali ed estetici che forniscono le motivazioni (affettive e razionali) per le quali si vive e si agisce.
I mezzi di comunicazione elettronici, in particolare, possono creare un proprio ambiente artificiale, che si propone allo spettatore come un “mondo” alternativo a quello in cui vive e ad esso preferibile in quanto più vasto, libero, interessante e gratificante.
Il video, ad esempio, immerge lo spettatore in un “cosmo” d’immagini e di suoni che può impedirgli di discernere criticamente il valore delle rappresentazioni e dei sentimenti suscitati da quel “cosmo”. In tal caso la coscienza, priva della luce intellettuale, tenderà irrazionalmente a prendere per buone le immagini ricevute, a considerarle reali o perlomeno credibil (14). Alla fine, il video avrà imposto il suo ambiente artificiale all’incauto spettatore, nutrendolo d'illusioni che vengono scambiate per rappresentazioni della realtà, o inducendolo a desideri che vengono scambiati per bisogni reali. Il risultato sarà quello che un sociologo ha definito «un popolo d’informatissimi idioti, che possono discorrere di tutto ma senza formulare un giudizio critico personale su nulla» (15).
I mass-media elettronici sono oggi un “divertimento” nel senso più negativo dell'espressione: ossia essi catturano l'attenzione dello spettatore per distrarlo dalla contemplazione e dalla meditazione, impedendogli di riflettere su sé stesso, sulla propria origine e sul proprio fine, sulla propria missione di uomo e di cristiano.
Non è un caso che i mass-media più popolari e influenti – soprattutto la televisione – concentrino la loro azione nelle ore serali. La sera è il momento in cui l’uomo, tornato a casa stanco per la fatica del lavoro o dello studio, si trova nel momento più delicato della giornata, nel quale ha bisogno non solo di riposare ma anche e soprattutto di meditare su sé stesso, sulla propria famiglia, sulla propria vita. Dio ha disposto la fine della giornata nella oscurità e nella quiete, appunto per ricordare all'uomo che sta andando verso “la sera della vita”, ossia che è destinato a morire e a passare ad una vita eterna. Circondato da un ambiente naturale che lo spinge a rientrare in sé, l’uomo può fare il bilancio non solo della propria giornata ma anche della propria vita, preparandosi ad una morte che potrebbe arrivare improvvisamente.
Ebbene, è soprattutto in questa fase cruciale e feconda della giornata che intervengono pesantemente i mass-media, circondando l’uomo con un ambiente elettronico che gli occupa lo spazio vitale e gli rovina quelle ore preziose. Essi spingono l'uomo a dissipare le ore serali occupandole con divertimenti stupidi e immorali, che gl’impediscono di pensare, meditare, pregare, pentirsi. Mentre sant’Agostino ammoniva il fedele dicendogli «ritorna in te stesso, non volerne scappar fuori» (16), i mass-media invece lo spingono a fuggire da sé stesso, a dissipare la propria interiorità perdendosi nei mondi immaginari presentati sul video. Alle fine della serata, l’uomo andrà a dormire con la testa confusa e l'anima vuota, senza rendersi conto di aver sprecato per l'ennesima volta una occasione preziosa.
La manipolazione dell'immaginazione
Come fanno i mass-media a “distrarre” il loro fruitore?
Lo fanno influenzandone la sensibilità e particolarmente l’immaginazione, che raggiungono passando soprattutto attraverso il più importante e il più nobile dei cinque sensi: la vista.
L’immaginazione è la capacità di produrre o rievocare percezioni delle cose sensibili in assenza dei loro oggetti; quando questa capacità diventa autosufficiente, producendo immagini puramente fittizie, si parla di “fantasia”.
Proprio su questa fantasia interviene pericolosamente l’influenza dei mass-media, distogliendo le immagini dal loro fine conoscitivo e inducendole a diventare mezzo di seduzione e stimolo di disordini. Le immagini infatti esercitano sull'anima un potere molto superiore a quello esercitato dalla parola. Ad esempio, una immagine o una rappresentazione seducenti producono un impatto ben più profondo e duraturo di una predica o di una lettura; una vicenda seguìta sulla televisione assume la valenza di un esempio visivo, e sappiamo bene che l'esempio è molto più influente della parola udita o letta.
È su questa strada che lo spettatore può essere indotto a perdersi nei meandri della irrazionalità. «Le rappresentazioni dell'immaginazione sono caratterizzate dalle loro forti cariche di affettività, che ci privano del dominio di sé e della nostra libertà, rendendoci complici di falsità, menzogne e illusioni. (...) Le nostre immagini, quindi, di solito non saranno altro che l’espressione delle disposizioni incontrollate del nostro corpo e l'amplificazione delle nostre passioni. (...) Posta al crocevia di tutte le funzioni mentali, (l’immaginazione) ci mette a contatto con le forze più oscure e distruttrici della nostra costituzione empirica, al punto di sospendere l'esercizio adeguato dei sensi e del pensiero e di far cadere talvolta l'uomo più in basso dell'animale. L’immaginazione è veramente la madre dei vizi, delle passioni e delle chimere che distolgono l'uomo dalla verità e dalla saggezza» (17).
Se lo spettatore non reagisce con spirito critico e dominio di sé, le passioni sovraeccitate dall’immaginazione imporrano il loro orientamento a tutto l'uomo, pervertendogli la sensibilità, incatenandogli la volontà e offuscandogli la coscienza. L'interiore gerarchia dell'anima umana verrà completamente rovesciata.
La odierna comunicazione mass-mediatica punta tutto nel trasmettere stimoli, suscitare emozioni, produrre bisogni fittizii; in questo modo, la persona viene ridotta al suo vissuto emotivo. E così l’ homo sapiens viene sostituito dall’ homo sentiens, la società organica viene sostituita dall’ambiente mass-mediatico, l’epoca della pietà viene sostituita dall’epoca del piacere. Nel film del regista Pedro Almodòvar intitolato Tutto su mia madre, il personaggio di un transessuale proclama significativamente: «La mia profonda identità è quella del desiderio, non quella della natura».
Pertanto, «la generazione formatasi nell’epoca dei mass-media è la generazione dell’identità labile: (...) una identità non fissa, ma legata a impressioni del momento, sensazioni effimere, stati d'animo per definizione fuggevoli» (18). Una generazione spiritualmente debole e priva di carattere, dunque incapace di affrontare i problemi e di compiere una missione.
Insomma, i mass-media sono l’industria dell’immagine, l’antro magico in cui si produce l’ “immaginario collettivo” e si cerca di portare «l'immaginazione al potere», come voleva il movimento del Sessantotto. Esprimendo questa speranza, la nota canzone programmatica di John Lennon intitolata Imagine diceva appunto: immagina un mondo senza autorità, stati, chiese, proprietà, eserciti, scuole...
L' homo communicans
 A cosa mira la Rivoluzione nel manipolare la coscienza individuale e la vita sociale mediante i mass-media?
Se Lenin diceva che «non esistono individui ma solo masse», l'austriaco Norbert Wiener, il profeta della cibernetica, sosteneva che non esistono propriamente individui ma solo ambienti comunicazionali. Non è l'uomo che pensa, vuole, agisce e infine comunica con l'ambiente, ma è l'ambiente stesso a pensare, volere, agire e infine a manifestarsi negli uomini, che sono solo il risultato degl'impulsi e delle informazioni che ricevono e rielaborano, mere molecole del flusso comunicazionale (19).
Ma, come sempre accade nelle teorie rivoluzionarie, quello che ci presentano come un fatto da accettare senza discutere è in realtà un programma da realizzare senza remore. Ecco quindi che la rivoluzione progetta di dissolvere l’uomo tradizionale, che non si adegua alla sua utopia, per sostituirlo con l’ “uomo nuovo”, l’ homo communicans, prodotto dell’ambiente rivoluzionario e dell’eco-sistema globale. Emerge qui l'utopia del cosiddetto comunicazionismo.
In questo contesto, l’unità e identità della persona umana viene condannata come chiusura agli altri, come rifiuto del “dialogo”, come un ostacolo alla realizzazione della “fratellanza” e della “pace” universali. Bisogna abolire la sovranità dell’anima sul corpo, dell’intelligenza sull’anima, dell’io sui propri atti, affinché l'uomo si riduca alle proprie relazioni comunicazionali e si dissolva nell’ambiente che lo circonda. Pertanto si vuole sottoporre la coscienza ad un processo di disgregazione: «La comunicazione senza volto favorisce le identità molteplici, le frammentazioni del soggetto» (20). Questo processo di dissoluzione permetterà alle menti individuali d’identificarsi con la “mente planetaria”, costituita dal sistema comunicazionale organizzato dall'informatica. Secondo il cibernetico Pierre Lévy, la rete dell'internet costituisce la struttura tecnica che favorirà il nascere di un “intelletto collettivo (21) e poi di una “coscienza globale” che realizzerà finalmente la “fraternità universale” tanto sognata dall'utopismo rivoluzionario.
Così l'uomo, “liberato” dalla propria identità e individualità, scomposto nelle sue facoltà psicologiche, si ridurrebbe ad uno spirito impersonale che agisce in un ambiente artificiale mediante protesi cibernetiche. Un mostro, insomma, che fa pensare alla sinistra leggenda cabbalistica del golèm: ossia alla creatura artificiale, materializzazione dell’anima collettiva del popolo ebraico, che sarebbe stata prodotta da rabbì Loew nel XVI secolo in un laboratorio alchemico di Praga, mediante la combinazione dei numeri magic (22).
La società "trasparente"
Per arrivare a creare l’ “uomo nuovo”, totalmente annegato nell’ambiente globale, bisogna però che il sistema delle comunicazioni favorisca l’instaurazione della “società aperta”, nella quale tutti potranno partecipare a tutto e «nessuno dovrà sentirsi escluso», come suona uno slogan dell’attuale governo italiano. Questa società dovrà essere del tutto “trasparente”, in quanto tutto dovrà essere sottoposto allo sguardo, al giudizio e al controllo sociale, tutto dovrà essere pubblicizzato, anche i sentimenti più intimi, anche le faccende più private.
«La moltiplicazione dei mezzi di comunicazione procede di pari passo con lo sviluppo sfrenato dello spazio pubblico e del voyeurismo sociale» (23). I mass-media cercano quotidianamente di abituare i cittadini ad “aprirsi” in pubblico, a mettere in piazza la loro intimità, per realizzare il completo collettivismo delle coscienze. Come esempi tipici di questa promozione della “trasparenza”, ricordiamo i recenti esperimenti del Grande Fratello, trasmissioni televisive in cui un gruppo di giovani vive sotto il continuo e assoluto controllo dei microfoni e delle telecamere; oppure gli esperimenti delle “case di vetro”, nelle quali gli abitanti vivono sotto gli occhi dei passanti svolgendo in pubblico tutte le azioni, anche quelle più intime.
Le autorità sociali condanneranno e vieteranno, come supremo peccato e crimine, tutto ciò che è “privato” in quanto comporta privilegio, esclusione, chiusura, segreto, riservatezza, insomma tutte le forme di “opacità” che – ostacolando la comunicazione delle conoscenze, la condivisione dei sentimenti e la partecipazione delle esperienze – favoriscono la conflittualità universale.
Cosa resterà di veramente umano a questo individuo diventato “trasparente”? Egli avrà totalmente pubblicizzato la propria dimensione privata, si sarà alienato nella comunicazione globale, avrà rinunciato alla propria identità, avrà totalmente esteriorizzato la propria interiorità; pertanto si sarà internamente svuotato, rimanendo senz'anima, per così dire. «La soppressione dell’interiorità nelle manifestazioni dell’uomo costituisce dunque una delle chiavi di volta della comunicazione moderna» (24).
La IVª rivoluzione
Poniamoci ora un'ultima domanda: perché la “quarta Rivoluzione” vorrebbe ridurre tutto a mere esperienze, anzi a mere relazioni tra fenomeni? La risposta più profonda è questa: perché la Rivoluzione è mossa da un odio metafisico per tutto ciò che ha stabilità, spessore e peso, insomma per tutto ciò che è sostanza, ossia permanenza nell’essere.
Quest’odio per la sostanza si esprime particolarmente nel tentativo di dissolvere quella forma sostanziale individuale che è l’anima umana. La Rivoluzione odia l’anima in quanto questa costituisce l’ultimo baluardo del principio d’identità, l’ultima forma di governo gerarchico, l’ultima forma di sovranità; essa la odia anche come immagine di Dio nell’uomo, suo “luogotenente” nella persona, principio ordinatore del composto umano; per questo vorrebbe dissolverla nell' “intelletto collettivo”. Ma la Rivoluzione odia anche il corpo umano, in quanto fattore d’individuazione della persona, “luogo identitario” dell' anima; per questo vorrebbe dissolverlo nel flusso di sensazioni ed esperienze ambientali.
Nella concezione tradizionale, l’uomo dev’essere padrone di sé ma servo di Dio. Nel progetto rivoluzionario, all’opposto, l’uomo deve diventare padrone di Dio ma schiavo di sé stesso e delle proprie passioni disordinate; egli deve realizzare la «proletarizzazione dell'anima», eliminando quell’ultima forma di proprietà che consiste nell’essere padrone di sé, quell’ultima forma di dominio che consiste nell’essere compos sui, quell’ultima forma di gerarchia che ordina le facoltà dell'anima.
Si vuole insomma sferrare l’estremo attacco alla civiltà cristiana in quella che è l’ultima cittadella da assediare e conquistare, l’ultima sovranità da abbattere, l’ultimo monarca da ghigliottinare, l’ultima realtà da dissolvere: l’uomo rimasto cristiano o almeno civile. Il fine specifico della “quarta Rivoluzione” consiste in «un impegno a distruggere il soggetto, come pseudo-sovrano, mediante un assalto culturale» (25), come auspicava Foucault.
Non ci solo parole adeguate per condannare questa diabolica fase rivoluzionaria che, se fosse portata a compimento, distruggerebbe l’ordine interiore dell’uomo, riducendone al minimo l’immagine e la somiglianza con Dio. Bisognerebbe qui ripetere la celebre frase detta da sant’ Alberto Magno contro i negatori della esistenza dell’anima umana: «Ci sono errori ai quali bisognerebbe opporsi non tanto con la parola e con la penna, quanto col ferro e col fuoco!»
Conclusione
Ecco come un sociologo italiano della famiglia analizza l'attuale crisi giovanile prospettandone il superamento:
«Le identità giovanili “forti” erano il prodotto riuscito di una socializzazione operata dalle agenzie educative tradizionali; famiglia, scuola, Chiesa, operavano secondo una piattaforma comune di valori, e il risultato era una personalità dotata di credenze certe. (...) Se la video-socializzazione è l’esito non voluto di una società in crisi di progettualità, di persone disorientate che non sanno esse stesse come educare (e addirittura si chiedono se sia giusto farlo), certo tale processo potrà essere corretto e ri-orientato da una nuova vitalità dei mondi familiari, scolastici, religiosi. (...) Una risposta all’altezza di una sfida di tale portata epocale non può farsi attendere; essa dovrà venire dalle agenzie tradizionali: famiglia, scuola, Chiesa, le quali hanno il dovere di stringersi in una collaborazione attiva e propositiva. (...) Ma è all’istituzione religiosa che oggi si rivolgono le maggiori aspettative» (26).
La riscossa morale e civile presuppone quindi un’autentica rinascita religiosa. Oggi molti lamentano l’eclissi della civiltà tradizionale; ma, come ammoniva Augusto Del Noce, «la prima condizione perché l’eclissi abbia termine, è che la Chiesa riprenda la sua funzione, che non è quella di adeguarsi al mondo, ma di contestarlo» (27). (Fine seconda e ultima parte)
Guido Vignelli
Rivista Tradizione, Famiglia, Proprietà - Ottobre 2006



14. F. Palmés S.J., Psicologia sperimentale e filosofica, Ed. La Civiltà Cattolica, Roma 1952, §§ 380-381.
15. F. Ferrarotti, Homo sentiens, Liguori, Napoli 1995, p. 108.
16. S. Agostino d'Ippona, Confessioni.
17. J. J. Wunenburger, L'imagination, P.U.F., Paris 1995, pp. 72 e 121.
18. F. Ferrarotti, Homo sentiens, p. 44.
19. Cfr. ad es. N. Wiener, Cibernetica e società (1951), p. 269.
20. P. Breton, Le culte de l'Internet, La Découverte, Paris 2000, p. 70.
21. P. Lévy, World philosophie, O. Jacob, Paris 1990, pp. 47 e 90.
22. Cfr. G. Scholèm, La rappresentazione del golèm nei suoi rapporti tellurici e magici, in: Id., La Kabbalah e il suo simbolismo, Einaudi, Torino 1980, cap. V, pp. 201-258.
23. P. Breton, L'utopia della comunicazione, U.T.E.T., Torino 1995, p. 121.
24. P. Breton, L'utopia della comunicazione, p. 49.
25. M. Foucault, Par de là le bien et le mal, su "Actuel", n. 14, novembre 1971, p. 44.
26. S. Martelli, Famiglia e TV: solo consumo?, su "La Famiglia", n. 180 (novembre-dicembre 1996), pp. 42-44.
27. A. Del Noce, Tramonto o eclissi dei valori tradizionali?, Rusconi, Milano 1971, p. 266.


Nessun commento:

Posta un commento