L’immagine di questa pagina riproduce una tela di
Pflock (secolo XVI), custodita nel Museo di Gand: "L’incoronazione di
spine". Intorno al Divino Redentore, con le mani legate e rivestito di una
porpora da scherno, si riuniscono cinque figure.
In primo piano, un uomo Gli
stende una canna a guisa di scettro, e allo stesso tempo, con un saluto
caricaturale, si toglie il copricapo e tira fuori la lingua.
A fianco, un altro spalanca la bocca con un
atteggiamento beffardo. Gli altri, sullo sfondo, sono impegnati a conficcare
sul capo adorabile del Salvatore, a guisa di corona, una specie di immenso
copricapo di spine. Al centro il Figlio di Dio, che esprime il suo dolore
fisico, ma soprattutto l’intensa sofferenza morale, la quale supera il tormento
del corpo e che permea interamente la Vittima divina. Si direbbe che Gesù
soffra del rancore di questi miserabili carnefici, ma che questo odio non è
altro che la riva di un immenso oceano di rancore che si estende oltre, sino ai
limiti dell’orizzonte. Ed è su questo oceano che si sofferma lo sguardo di Gesù
in una dolorosa meditazione.
Il quadro di Pflock focalizza un aspetto
importantissimo della Passione: il contrasto tra la santità infinita e l’amore
ineffabile del Redentore, e la insondabile bassezza e implacabile odio di
coloro che Lo suppliziarono ed uccisero. In questo contrasto si evidenzia
l’irriducibile opposizione tra la Luce - "erat lux vera" (Gv.I,9) - e
i figli delle tenebre, tra la Verità e l’errore, l’Ordine e il disordine, il
Bene e il male.
"Popule
meus, quid feci tibi? Aut in quo contristavi te?" "Popolo mio, che male ti feci? In che cosa ti
rattristai?" Queste parole, che la Liturgia del Venerdì Santo pone
sulle labbra di Nostro Signore, sono proprio al centro del tema che abbiamo
enunciato.
Che un uomo odii chi gli fa del male, può essere
censurabile, ma non incomprensibile. Però, come può un uomo odiare chi è buono,
chi gli fa del bene? Questo problema è vecchio quasi quanto l’umanità. Perché
Caino odiò Abele? Perché i giudei perseguitarono e non di rado uccisero i
Profeti? Perché i romani perseguitarono i cristiani?
Più recentemente, perché i protestanti sparsero tanto
sangue di martiri cattolici, perché la Rivoluzione Francese agì allo stesso
modo ed altrettanto fece la Rivoluzione Bolscevica in Russia? Come spiegare
l’odio dei comunisti nella guerra civile spagnola, nelle persecuzioni del
Messico, dell’Ungheria e della Jugoslavia?
Sappiamo bene che, formulate così, tali domande
sembrano a molti un po’ semplicistiche. L’odio dei nemici della Chiesa non
sempre fu gratuito. Non mancarono, a volte, anche da parte dei cattolici,
provocazioni ed eccessi che generarono delle reazioni. D’altro canto, vi furono
in certi casi, equivoci, malintesi ed incomprensioni che diedero luogo a
violenze. Vi furono allora dei martiri, non perché la Chiesa fosse debitamente
conosciuta e odiata come tale, ma precisamente perché era sconosciuta o
ingiustamente deformata.
Non neghiamo nulla di questo. Tuttavia, ridurre a
queste cause l’odio delle tenebre contro la Luce, del male contro il Bene
sarebbe, questo sì, una singolare esemplificazione del problema.
È quello che nella Passione si evidenzia con solare
chiarezza.
Osserviamo preliminarmente che, se i cattolici possono
avere dei difetti, Nostro signore non li ebbe. Su questo non può esserci alcun
dubbio, sia in merito alla sostanza che alla forma della sua predicazione, sia
riguardo al tatto che all’opportunità con cui insegnava, sia ancora per quanto
attiene al carattere edificante dei suoi esempi, al valore apologetico dei suoi
miracoli, e all’aspetto santissimo e trascinante della sua Persona.
Egli non fornì pretesti a nessuna legittima obiezione,
a nessuna fondata recriminazione. Al contrario, fu solo prodigo di occasioni
per farsi adorare e seguire.
Tuttavia, anche Lui fu odiato, persino più dei suoi
fedeli lungo i secoli. Come si spiega? È perché nei figli delle tenebre c’è un
odio che si rivolge precisamente contro la Verità e il Bene. È quindi inutile
voler attribuire il tutto ad un mero gioco di equivoci. Questi senz’altro ci
furono, ma non servono a risolvere il problema.
Qualcuno forse dirà che questo odio è molto semplice
da spiegare. La Legge di Dio è austera. Chi non vuole assoggettarsi ai
sacrifici che comporta la sua osservanza, disubbidisce e facilmente si ribella.
La ribellione a sua volta genera l’odio, specialmente l’odio contro la Verità
ed il Bene. Ed è tutto spiegato.
Non neghiamo che nella generalità dei casi sia qui la
radice dell’odio contro Dio. Ma per capire bene il problema, non si devono
trarre conclusioni affrettate. Ogni peccato è un’offesa a Dio. Ma ci sono
peccatori che serbano una certa tristezza del male che praticano ed una certa
ammirazione del bene che non fanno. Perciò, si rammaricano della vita che
conducono, consigliano agli altri di non seguire il loro esempio e prestano
omaggio a coloro che vivono rettamente. In conseguenza di questo atteggiamento
umile, molte volte Nostro Signore concede loro grandi grazie ed essi ritornano
al cammino della salvezza.
Se in Israele ci fosse stato soltanto questo genere di
peccatori, non credo che Gesù sarebbe stato perseguitato, ed ancor meno
crocifisso. Se tra questi ci fosse stato Caino, non avrebbe ucciso Abele. Se
tutti i peccatori della Storia fossero stati come questi, essa non avrebbe
registrato le orrende persecuzioni di cui abbiamo appena parlato.
Come sono, allora, i peccatori che rappresentano
quelle anime che si sono dannate a causa delle persecuzioni che hanno mosso
contro la Chiesa? E’ questo il problema.
Il peccatore rattristato e vergognoso di cui abbiamo
trattato, non può essere chiamato propriamente un empio. Egli scivolerà verso
l’empietà se si infangherà nel peccato sino a perdere la tristezza di
praticarlo e l’ammirazione per coloro che esercitano la virtù. Ne deriverà,
quindi, un primo grado di empietà, che condurrà all’indifferenza per la
Religione e la morale.
All’empio di questo genere importano soltanto i suoi
interessi personali. Per lui fa lo stesso vivere in un ambiente buono o
cattivo: purché guadagni soldi e faccia carriera o si diverta, qualsiasi cosa
gli sta bene.
Ovviamente questa empietà è molto censurabile. Ne
furono rei tutti coloro che a Gerusalemme assistettero alla Passione come meri
curiosi. E quelli che nel corso della storia, sino ad oggi, si ritengono nel
diritto di assistere alla lotta tra i figli della luce e i figli delle tenebre
senza prendere partito, come una egoistica "terza forza".
Ancora una volta, però, gente di questo tipo, soltanto
di suo, non avrebbe praticato il deicidio.
Eppure ci sono anime che vanno oltre. Mosse dalla
sensualità, dall’orgoglio, da qualsiasi altro vizio, portano la malizia così
lontano, si identificano col peccato in tal modo, che giungono a sentirsi bene
solo dove sono lusingate le loro cattive abitudini, e non sopportano nulla che
costituisca una censura e nemmeno un mero disaccordo nei loro riguardi. Ne
deriva un odio verso i buoni e verso il Bene, verso i paladini della Verità e
alla Verità stessa, che fornisce loro una sorta di ideale negativo. Voltaire lo
espresse molto bene nel suo motto "écraser l’infâme", cioè, "schiacciare
l’infame" (l’"infâme" sarebbe stato il Verbo Incarnato!). Farne
l’anelito di tutti i momenti, oppure "l’ideale" di una vita, ecco
dove sta la quintessenza dell’empietà.
Gente così, ha tutti i requisiti per pianificare,
ordire e compiere la persecuzione. Se in Israele non ci fosse stata gente così,
Nostro Signore non sarebbe stato crocifisso.
Dio non nega la sua grazia a nessuno. Anche gli empi
come questi possono convertirsi, e di tutto cuore. Tuttavia, è doveroso
aggiungere che, finché non lo fanno, portano già in questa terra la più
rilevante caratteristica dei condannati all’inferno.
In effetti, in generale si pensa che i dannati, se
potessero, fuggirebbero tutti verso il Cielo. Non è vero. Essi odiano tanto Dio
che se anche potessero liberarsi dal fuoco eterno in cui sono prigionieri, non
lo farebbero se ciò comportasse di prestare a Dio un atto di amore e di
ubbidienza.
Tale è la forza di quest’odio; ed è sotto questa luce
che si capisce bene colui che potremmo soprannominare empio di secondo grado.
Fu questa accurata empietà, la forza motrice che animò
la Sinagoga nella ribellione contro il Messia. Fu essa a suscitare la lotta
degli empi contro la Chiesa, contro i buoni cattolici, nel corso dei secoli.
I figli delle tenebre, sono proprio questi gli empi.
Il principe delle tenebre è proprio Satana. Quale
relazione esiste tra gli uni e gli altri? Giuda era un figlio delle tenebre. Il
Vangelo ci dice che il demonio entrò in lui (cfr. Lc. XXII, 3). Per fede
sappiamo che gli spiriti maligni "vagano per il mondo per la perdizione
delle anime".
Quando il demonio riesce a compiere in un’anima il suo
completo operato, la conduce sino a questo stato di empietà. A sua volta, una
tale anima è un campo aperto alle tentazioni del demonio. È facile, dunque,
riconoscere in questi empi i migliori ausiliari dell’inferno nella lotta contro
la Chiesa.
Signore, in questo momento di misericordia in cui
consideriamo il tuo sacrosanto Corpo mentre versa da ogni parte il tuo Sangue
redentore, Ti preghiamo per i meriti infiniti di questo stesso preziosissimo
Sangue, e per le lacrime della vostra e nostra Madre, di mantenerci molto ma
molto lontani da qualsiasi empietà: "Non permettere che ci separiamo da
Te", di tutto cuore Te lo imploriamo.
Ovunque gli empi perseguitano i figli della luce, e
specialmente nella Chiesa del Silenzio, sii la forza dei perseguitati, non solo
perché non si scoraggino, ma affinché si innalzino, si organizzino e sbaraglino
il tuo avversario. Te lo supplichiamo per il Cuore Immacolato di Maria.
E poiché all’ultimo momento promettesti il Paradiso ad
uno scellerato, Signore, per i meriti della tua agonia Ti supplichiamo, in
unione a Maria, che la tua misericordia scenda sino agli antri occulti
dell’empietà, al fine di invitare alle vie della virtù persino i tuoi peggiori
avversari.
E ancora per misericordia, Signore, confondi, umilia,
e riduci all’intera impotenza coloro che, rifiutando i più estremi appelli del
tuo amore, persistono nell’intento di distruggere ciò che resta della Civiltà
Cristiana e perfino – se fosse possibile – la vostra Sposa mistica, la Santa
Chiesa.
Plinio
Corrêa de Oliveira
(Catolicismo, Aprile 1960)
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