Sulla costa meridionale dello splendido triangolo siciliano, sorge la bella cittadina di Scicli, fondata dai Romani nel 212 a.c. Divenuta città reale con i Normanni, ebbe da Federico II il motto araldico “Urbis inclita et vittoriosa”. Essendo, per posizione geografica, una finestra perennemente aperta agli sguardi della sua “grande sorella” Africa, è stata più volte esposta alle incursioni dei “meno fratelli” musulmani.
Fin qui, niente di nuovo sotto il sole, dato che il
mondo intero conosce il variegato scenario storico‑culturale della Sicilia, che
il suo popolo ha saputo fondere armoniosamente, riuscendo a trasformare la
realtà bizantina, come pure la normanna e la sveva, l’angioina e l’aragonese,
in una civiltà autentica e diversa.
Ciò che forse è meno noto è che proprio a Scicli, nel
ragusano, si venera, sia in un dipinto del settecento, che in una statua di
grandezza naturale, la Madonna delle
Milizie.
Si racconta che nel 1091, l’emiro Belcana, capo dei
saraceni, sognava di occupare l’intera isola, nonostante fosse già stato
battuto più volte in terra siciliana dal Gran Conte Ruggero d’Altavilla. Sicuro
della vittoria, si prendeva beffa di Ruggero e dei cristiani, giurando di
volerne fare un macello.
Ma ahimè, anche questa volta Belcana aveva fatto male
i suoi conti. Infatti il conte Ruggero, nonostante l’inferiorità numerica delle
sue truppe, non si perse d’animo, anzi invitò tutti i cavalieri e i fanti che
trovò nella città di Scicli e nei dintorni, a combattere insieme a lui in nome
di Dio.
Nessuno di quei cavalieri e di quei fanti si tirò
indietro, anzi si precipitò per sbarrare il passo dell’invasore musulmano, ma
vistisi alle prese con forze soverchianti, s’appigliarono all’unica ancora di
salvezza: invocare fervidamente l’aiuto della Madonna, affinché li liberasse
dal giogo di quel tiranno seguace del Corano e perciò nemico giurato dei cristiani,
fedeli a Suo Figlio e Nostro Signore Gesú Cristo.
In Sicilia, la Madonna sfoderò la spada
E fu così che la Regina del Cielo apparve miracolosamente “su un cavallo
bianchissimo, ricca d’una celeste armatura,
con in capo una corona regale e con in
mano una spada, la quale sfolgorava in tal guisa che feriva i saraceni
negli occhi. Bella poi in sì gran maniera, che in terra non poteva figurarsi
bellezza maggiore. Rivolta allora al suo popolo sciclitano disse: En adsum,
ecce me, Civitas dilecta, protegam te dextera mea (Eccomi qui, Città diletta, ti proteggerò con la mia mano destra.)
E in così dire, postasi
alla testa dell’esercito cristiano e dato di sprone il cavallo cominciò a vibrare la spada contro i nemici
del Suo Figliolo, che più ne uccise Ella sola con quel potente suo braccio, di
quello che si sarebbe potuto sperare da un esercito intero” (1).
Quello stesso giorno, dopo che l’emiro Belcana perse
la vita sotto lo spadone del valoroso Ruggero, la Madre di Dio, prima di salire
al cielo lasciò impressa su una dura pietra le orme del suo cavallo.
In verità, circa la natura dell’orma lasciata sulla
pietra vi sono pareri discordanti. Infatti alcuni sostengono che la Vergine
avesse impresso in quella pietra il vestigio del suo medesimo piede all’atto
dello smontar da cavallo. La verità è che non è facile optare per l’una o per
l’altra tesi dal momento che oggi non è più possibile capire se si tratti di
pedata umana o di cavallo. Colpevole di ciò è il tempo, il cui inesorabile
trascorrere leviga anche le più dure pietre; e la devozione dei fedeli che nel
toccarla sembrano sentire ancora di più l’ardente amore della loro Madre
Celeste.
L’“insigne miraculum” non passò inosservato
neppure alla Sacra Congregazione dei
Riti, la quale, sotto il pontificato
di Clemente XII, decretò, il 10
marzo del 1736 che “ogni anno, il sabato prima della Domenica di Passione,
venisse celebrata, con solenne magnificenza e devozione la festa di Sancta Maria
Militum nella chiesa distante tre miglia dalle mura della città di Scicli, in ricordo del miracolo avvenuto nell’anno 1091” (2).
Circa la veridicità storica di questo sovrannaturale
intervento della SS.ma Vergine, nessuno può dubitare, perché, nonostante i
pochi documenti a noi pervenuti, ben s’inserisce nello scenario delle grandi
imprese militari del Gran Conte Ruggero impegnato in quei dì ad espugnare le
ultime resistenze saracene arroccate ai forti di Butera e Noto.
Dunque, questa “inconsueta”
iconografia della Madonna a cavallo, non è certo frutto di una antica
tradizione che affonda le sue radici in "arcaici riti superstiziosi, propri di un popolo abituato a fantasticare
della liberazione dal giogo dello straniero". Dirla così sarebbe un
falso storico, un vecchio pregiudizio frutto di vecchi clichés di stampo illuminista,
facilmente contestabili.
Né tantomeno siamo in presenza di un "avvenimento meramente folkloristico".
Infatti ogni anno, verso la fine di maggio, viene riproposto, in ricordo di
quel glorioso dì, un finto combattimento tra cristiani e saraceni, che attrae
numerosi turisti, i quali incuriositi dalla stranezza dell’avvenimento si
recano festanti a Scicli. Ma non è certo
sulla base del folklore che la Santa Sede si è pronunciata...
In verità, l’intervento sovrannaturale della Regina
delle Milizie va inserito nel provvidenziale
disegno divino della nostra redenzione, all’interno del quale Maria
Santissima è l’aurora che rischiara il cammino della peregrinante umanità,
immersa nelle tenebre del peccato. È il
braccio sempre armato che colpisce tutti coloro che vogliono annientare il
popolo eletto di Dio. È Colei che da sola vince tutte le eresie nel mondo
intero (3). È Colei che il popolo cristiano ha sempre venerato con
l’appellativo Auxilium christianorum. Questo è il ruolo assegnatoLe
dall’inizio dei tempi: “Porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua
stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il
calcagno” (4).
Lo straordinario avvenimento di Scicli è solo un particolare di questo
maestoso disegno divino. Tanti altri ne potremmo illustrare
come esempio. Primo tra tutti, la vittoria dei cristiani contro i turchi a
Lepanto, avvenuta il 7 ottobre del 1571, in memoria della quale S. Pio V,
allora pontefice, istituì la festa in onore di Maria SS.ma delle Vittorie.
La mezzaluna che campeggiava sulla bandiera di Belcana
è la stessa che venne ammainata a Lepanto, per issare al suo posto, allo
squillo di trombe, la bandiera pontificia; è la stessa mezzaluna che
intrecciata ad un martello è divenuta il simbolo del comunismo; è la stessa
mezzaluna che l’iconografia classica vuole che venga calpestata dalla Vergine
insieme al diabolico serpente dell’Eden.
Nell’iconografia classica, la mezzaluna è stata sempre
un simbolo della potenza anticristiana, “un
simbolo delle forze demoniache che sempre hanno osteggiato e sempre
osteggeranno l’affermarsi del Regno di Cristo” (5).
Storia di un passato ormai sepolto? Non diremmo
proprio, anche alla luce dei recenti
avvenimenti in Europa.
Di fronte alla nuova minaccia di un Islam sempre più invadente
- aggressivo o "moderato" - i cattolici non possono non sperare, al
di là dei fattori temporali, anche nell’aiuto provvidenziale che, come mostra
l’episodio di Scicli, non manca mai nei momenti cruciali, purché si invochi la
Madre di Dio con Fede incrollabile.
Claudia Pilato La Mantia
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Note:
1. AA.VV. Sancta Maria
Militum, ed. Scuola Salesiana del Libro, Catania, p. 50.
2. Ibid. pag. 32.
3. Così canta la settima antifona dell’ufficio di
Maria Santissima Vergine.
4. Genesi 3,15.
5. AA.VV. op.cit. pag. 25.
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