Odio
gratuito, odio furioso, odio implacabile: non si sazia di umiliarti, di
colmarti di obbrobri, di riempirti di amarezza; i tuoi nemici ti odiano al
punto da non sopportare più la tua presenza fra i vivi, e vogliono la tua
morte. Vogliono che tu scompaia per sempre, che ammutolisca il linguaggio dei
tuoi esempi e la saggezza dei tuoi insegnamenti. Ti vogliono morto, annientato,
distrutto. Solo così riusciranno a placare il turbine di odio che si leva nei
loro cuori.
Anche
secoli prima della tua nascita, già il profeta prevedeva questo odio suscitato
dalla luce delle verità che avresti annunciato, dal fulgore divino delle tue
virtù: "Popolo mio, che cosa ti ho
fatto? In che cosa ti ho disgustato?" (Mic. 6, 3). E interpretando i
tuoi sentimenti, la sacra liturgia grida agli infedeli di ieri e di oggi:
"Che cosa avrei dovuto fare per te,
e non l'ho fatto? Ti ho piantato come una vigna scelta e preziosa: e tu ti sei
trasformato in una eccessiva amarezza per me; nella mia sete mi hai dato da
bere aceto, e hai trapassato con una lancia il costato del tuo Salvatore"
(Improperi).
L’odio
levatosi contro di te è stato tanto forte che la stessa autorità di Roma, che
giudicava il mondo intero, si piegò vigliaccamente, si ritirò e cedette davanti
all'odio quanti ti volevano uccidere senza ragione alcuna. L'alterigia romana,
vittoriosa sul Reno, sul Danubio, sul Nilo e sul Mediterraneo, è annegata nel
bacile di Pilato.
"Christianus alter Christus", il
cristiano è un altro Cristo. Se fossimo realmente cristiani, cioè realmente
cattolici, saremmo altri Cristi. E inevitabilmente deve soffiare anche contro
di noi furiosamente il turbine di odio che si è levato contro di te.
E
soffia, Signore! Abbi compassione, mio Dio, e dà forza al povero ragazzo che,
in collegio, è odiato dai suoi compagni perché confessa il tuo nome e rifiuta
di profanare l'innocenza delle proprie labbra con parole impure. L'odio, sì.
Forse non l'odio nella forma di un'invettiva grossolana e feroce, ma nella
forma terribile dello scherno, dell'isolamento, del disprezzo. Dà forza, mio
Dio, allo studente che esita a proclamare il tuo nome in piena classe, di
fronte a un professore empio e ai compagni che lo deridono. Dà forza, mio Dio,
alla ragazza che deve proclamare il tuo nome rifiutando di vestire gli abiti
imposti dalla moda, perché per la loro stravaganza o la loro immoralità non si
accordano con la dignità di una cattolica autentica. Dà forza, mio Dio,
all'intellettuale che vede chiudersi davanti a se le porte della notorietà e
della gloria perché predica la tua dottrina e confessa il tuo nome. Dà forza,
mio Dio, all'apostolo che subisce l'aggressione impietosa degli avversari della
tua Chiesa, e l'ostilità mille volte più penosa di molti che sono figli della
luce, solo perché non consente alle diluizioni, alle mutilazioni, alle
unilateralità con cui i "prudenti" comprano la tolleranza del mondo
per il loro apostolato.
Mio
Dio, come sono sapienti i tuoi nemici! Sentono che nel linguaggio di questi
prudenti si dice fra le righe che non odi né il male, né l'errore, né le
tenebre. E allora applaudono i prudenti secondo la carne, come ti avrebbero
applaudito a Gerusalemme, invece di ucciderti, se ti fossi rivolto a quelli del
Sinedrio con lo stesso linguaggio.
Signore,
dacci forza, non vogliamo né patteggiare, né battere in ritirata, né
transigere, né diluire, né permettere che si scolori sulle nostre labbra la
divina integrità della tua dottrina. E se su di noi si abbatte un diluvio di
impopolarità, la nostra preghiera sia sempre quella della sacra Scrittura:
"Ho scelto di essere abbietto nella
casa del mio Dio, piuttosto che abitare nei padiglioni dei peccatori"
(Sal. 83, 11).
Gesù accetta la croce dalle mani dei carnefici
Ma
per questo, Signore, ci vuole pazienza. Pazienza con la quale, a braccia
incrociate e con cuore rassegnato, si lascia cadere il diluvio sul proprio
capo. Pazienza è la virtù per la quale si soffre in vista di un bene maggiore.
Quindi pazienza è la capacità di soffrire per il bene. Ha bisogno di pazienza
il malato che, oppresso da un male incurabile, accetta con rassegnazione il
dolore ché gliene deriva. Ha bisogno di pazienza chi, si piega sui dolori
altrui, per consolarli come consolasti, Signore, quanti venivano a te. Ha
bisogno di pazienza chi si dedica all'apostolato con carità invincibile,
attirando amorevolmente a te le anime che vacillano sulle vie dell'eresia o nel
pantano della concupiscenza. Ha bisogno di pazienza anche il crociato che
prende la croce e va a lottare contro i nemici della santa Chiesa. È una
sofferenza prendere l'iniziativa della lotta, formare e sostenere in sé stessi
sentimenti di pugnacità, di energia, di combattività, vincere
l'indifferentismo, la mediocrità, la pigrizia, e lanciarsi come un degno
discepolo di colui che è il Leone di Giuda sull'empio insolente che minaccia il
gregge del nostro Signore Gesù Cristo. Sublime pazienza di quanti lottano,
combattono, prendono l'iniziativa, si fanno avanti, parlano, proclamano,
consigliano, ammoniscono e sfidano da soli tutta la superbia, tutta la
spocchia, tutta l'arroganza del vizio insolente, del difetto elegante,
dell'errore simpatico e popolare!
Tu,
Signore, sei stato un modello di pazienza. Tuttavia la tua pazienza non è
consistita nel morire schiacciato sotto la croce quando te l'hanno data. Una
pia rivelazione racconta che quando ricevesti dalle mani dei carnefici la tua
croce, la baciasti amorosamente e, prendendola sulle spalle, con invincibile
energia la portasti fin sulla cima del Golgota.
Dacci,
Signore, questa capacità di soffrire. Di soffrire molto. Di soffrire tutto. Di
soffrire eroicamente, non solo sopportando la sofferenza, ma andandole
incontro, cercandola e caricandocene fino al giorno in cui avremo la corona
della vittoria eterna.
Gesù cade per la prima volta sotto la croce
È
facile parlare di sofferenza. Difficile è soffrire. Tu l'hai provato, Signore.
Com'è diverso dall'eroismo fatuo e artificiale di tanti soldati delle tenebre
il tuo divino eroismo, Signore! Tu non hai sorriso in faccia al dolore. Non
fosti, Signore, di quelli che insegnano che si passa la vita sorridendo. Quando
giunse la tua ora, hai avuto paura. Ti sei turbato, hai sudato sangue di fronte
alla prospettiva della sofferenza. E la consacrazione del tuo eroismo è in
questo diluvio di timori, purtroppo assolutamente fondati. Hai vinto le grida
più imperiose, le sollecitazioni più forti, i terrori più atroci. Tutto si è
piegato di fronte alla tua volontà umana e divina. Su tutto si è levata la tua
inflessibile determinazione di fare quello per cui eri stato inviato dal Padre
tuo. E quando portavi la tua croce sulla via dell'amarezza, più di una volta le
forze naturali vennero meno. Sei caduto perché non avevi forza. Sei canuto, ma
non ti sei lasciato cadere se non quando era assolutamente impossibile
proseguire il cammino. Sei caduto, ma non sei tornato indietro. Sei caduto, ma
non hai abbandonato la croce. L'hai tenuta con te, come espressione visibile e
tangibile del tuo proposito di portarla sulla cima del Golgota.
Mio
Dio, dacci grazie perché nella lotta contro il peccato, contro gli infedeli,
possiamo forse cadere sotto la croce, ma senza mai abbandonare né il cammino
del dovere, né l'arena dell'apostolato. Senza la tua grazia, Signore, non
possiamo nulla, assolutamente nulla. Ma se corrisponderemo alla tua grazia
potremo tutto. Signore, vogliamo corrispondere alla tua grazia.
Plinio
Corrêa de Oliveira
(O Legionario, Aprile
1943, "Via Crucis")
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