martedì 11 agosto 2015

Bellezza e dignità di una vita semplice

Esiste un egualitarismo rivoluzionario che ebbe come suo primo araldo il demonio, quando questi proferì il suo “non serviam”, il quale consiste nell’avvilire, ribassare, degradare tutte le cose, per odio a qualsiasi gerarchia, autorità o preminenza.

Lungo la crisi apertasi con il protestantesimo e portata all’auge dal comunismo, l’influenza di questo egualitarismo si fa sempre più dominante ed ha come conseguenza l’installarsi tra i popoli occidentali di uno stile di vita sempre più grossolano, materialista e volgare. Nelle classi ricche, questo fenomeno si esprime attraverso un degrado progressivo dei gusti, delle maniere, della cultura, dei desideri quasi già senza freni, dei piaceri sfrontati, sensuali e materialistici.
 
Nelle classi povere, mediante una crescente sottomissione dell’uomo alla macchina, si manifesta un sempre maggiore abbrutimento, una ribellione che il contagioso cattivo esempio delle “élites” non fa che aggravare. Tra i ricchi e i poveri ci sono, evidentemente, esempi di una meritoria resistenza a questa valanga. Tuttavia, è impossibile non ammettere che questo impetuoso uragano di egualitarismo produce le sue devastazioni in tutti gli ambiti della vita contemporanea.


Anche la Chiesa ha il suo egualitarismo. Ma quanto è diverso! Riconoscendo non solo come inevitabile, ma conveniente, legittima e bella la diversità di patrimonio e delle classi sociali, i Papi hanno intanto predicato con insistenza la pace e la collaborazione tra esse, e hanno condannato con veemenza gli scontri sociali. Tuttavia la Chiesa insegna che, affinché questa pace sia conforme a Nostro Signore Gesù Cristo, è necessario riconoscere a tutti gli uomini il diritto a una vita degna, stabile, tranquilla e decorosa. Di conseguenza, il vero cattolico deve essere diligente, non solo nel proteggere le élites autentiche fondate sulla virtù, sull’educazione, sulla tradizione e sulla scienza, come pure fare splendere in dignità, tranquillità, bellezza e soprattutto in virtù, le condizioni di esistenza dei ceti meno elevati della società. 

La peculiarità di questa sessione - Ambienti, Costumi, Civiltà - consiste nell’illustrare i principi con degli esempi. In opposizione al tipo presentato con tanta frequenza, di un proletario moderno vittima infelice dell’egualitarismo meccanicista neopagano, ecco qui due figure popolari che esprimono qualcosa di quella bellezza e dignità della vita semplice, di cui abbiamo appena parlato.

Giacché un sano movimento mondiale tende a reintegrare la nazione tedesca nella convivenza e nell’amicizia dei popoli, è con gran piacere che abbiamo scelto come esempio due tipi popolari tedeschi, uno rurale e l’altro urbano.


È probabile che questo vigoroso contadino di Bernau, nella Foresta Nera, non sappia il greco né il latino, se ne intenda poco di politica, e quasi non legga i giornali. La sua anzianità robusta e come che giovanile, indica però un tipo razziale ammirevole,  che porta alle spalle una grande tradizione di intere generazioni di contadini ben nutriti, vivendo in un ambiente calmo, dotati di un ammirevole equilibrio fisico e psichico. Come contadino, solo contadino, c’è in quest’uomo qualcosa di regale, un certo splendore patriarcale, che si riflette non solo nell'abbondante e bianca barba, ma anche nel suo portamento eretto, nell’imperturbabile sicurezza della fisionomia, nello sguardo risoluto di un uomo abituato alla lungimiranza e alla fermezza, nonché a ricoprire estese aree con la sua autorità di “pater familias”. È cosa certa che non conosce Omero né Virgilio, ma - ecco qualcosa di più glorioso - se Omero o Virgilio l’avessero conosciuto, probabilmente gli avrebbero dedicato qualche bel riferimento, che avrebbe reso immortale il suo nome e il suo genere.

È chiaro che quest’uomo rappresenta il prodotto di un intero ambiente, il modello di un'intera società, un frutto pieno di vigore, di un intero ordine di cose, in cui l’elemento popolare trova – mantenendosi popolare – le condizioni di una vita degna ed abbondante che devono spettargli in una civiltà cattolica.


Passiamo adesso al liutaio. Mittenwald, in Baviera Superiore, esisteva già dal secolo XIV. A partire dal secolo XVII si distinse per la sua industria di violini, che a tutt'oggi è fiorente. Questo specialista evidentemente è lungi dall’essere un sapiente, o un professore all'università. È un lavoratore manuale. Eppure quanta intelligenza luccica nei suoi occhi, quanta perseveranza nel suo viso, che ammirabile abitudine di un lavoro metodico, intenso e calmo, nel gesto di chi realizza, e che perizia perfetta. Come  traspare lo splendore dell’artigianato in tutto la sua persona. Un uomo che in una professione modesta trova degne condizioni di vita, capaci di giustificare una vera e nobile fierezza.

È chiaro che ogni esempio concreto, per il fatto stesso di essere concreto, si riveste di caratteristiche storiche, persone o luoghi accessori, certamente legittime, ma che possono variare secondo i tempi e i luoghi. In questi esempi, ci interessa quel che hanno di universale: la bellezza e la dignità di una vita semplice, quando va compresa alla luce della Civiltà cattolica.


È proprio quel che traspare nel benessere che ognuno di questi uomini sente nella propria professione. Il contadino, robusto, in buona salute, prospero; l’artigiano dal fisico malaticcio e precocemente invecchiato, che fa ricordare le amarezze ancora recenti della guerra, molto più pesanti per gli abitanti delle città che per quelli della campagna; ma sia l’uno che l’altro con l’anima piena di soddisfazione nel potere rispettivamente coltivare la terra e fabbricare violini.

Plinio Corrêa de Oliveira – “Catolicismo”, Marzo 1955.








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