domenica 10 marzo 2019

La Quarta Rivoluzione e il tribalismo cibernetico (I)

Con l’era digitale globalizzata, una rivoluzione culturale
sta operando profondi cambiamenti di mentalità,
portando alla ritribalizzazione dell’uomo
per mezzo delle trasformazioni psicologiche, sociali e religiose



Quattro chiarimenti importanti

1) Lo scopo di questo articolo consiste nella descrizione del fenomeno Internet in quanto inserito nel processo rivoluzionario, senza voler suggerire che tutte le persone che lo utilizzano nei loro diversi ambiti facciano parte del modello di comportamento qui descritto.


2) Non possedendo una base filosofica solida, che viene conferita dalla sana dottrina cattolica, le teorie e le scuole degli scienziati che verranno citati sono, in maggiore o minore misura, affetti dall’errore del determinismo, nell’attribuire ai cambiamenti tecnologici un carattere inarrestabile, e nel disprezzare il libero arbitrio di coloro che usano le nuove tecnologie.

3) Non tutte le previsioni degli scienziati menzionati in questo articolo si avvereranno necessariamente, perché non sono altro che un loro "wishful thinking" (cioè, una creazione illusoria di fatti che si vorrebbe che fossero realtà); e siccome essi generalmente condividono gli ideali della Rivoluzione, sognano un utopico mondo nuovo a pro del quale orientano le loro speculazioni.

4) Posto che gli obiettivi della Rivoluzione sono contrari alla natura umana, e di conseguenza sono irraggiungibili, ci ha spinto a stilare la presente analisi il desiderio di segnalare quanto essi siano radicali e come il mondo che la Rivoluzione intende impiantare sia infernale.


Per quanto possa sembrare paradossale, gli studiosi stanno analizzando il parallelo esistente tra le reti di contatto sociali online e le società tribali. Non essendoci nulla di più distante dalla vita tribale primitiva a quella delle tecnologie avanzate che permettono il collegamento delle persone attraverso l’Internet, quale similitudine vi sarebbe tra una tribù dell’Amazzonia, per esempio, e  coloro che usano Facebook, Twitter o Second Life?

Nel dicembre del 2007, il “The New York Times” diede la notizia che gli studiosi identificano nella “chiacchiera collettiva” , nello scambio di messaggi istantanei e nella ricerca di nuovi amici nelle reti sociali di Internet il risorgere degli antichi modelli di comunicazione orale, dei legami diretti, dell'intimità e dei collegamenti orizzontali caratteristici di una tribù. (1)

La crescente popolarità dei siti di rapporto sociale online è un mero modismo? Oppure si tratta di un profondo cambiamento sociale che svela nuovi orizzonti per il futuro? Se così fosse, come si inserirebbe questo fenomeno nel panorama attuale di una rivoluzione culturale di stampo tribale?

Prima di analizzare queste questioni, dobbiamo ricordare che l’espressione rivoluzione culturale  sorse durante la rivoluzione cinese, nell’epoca di Mao Tse-tung, ma fu utilizzata pure  in Occidente per designare la rivoluzione della Sorbonne del maggio 1968. Nonostante quest’ultima sia stata sconfitta sul piano politico, le sue conseguenze culturali, specialmente nel campo delle tendenze, usi e costumi, si diffusero ampiamente in tutto il mondo.

Nel libro Rivoluzione e Contro–Rivoluzione (2) dopo aver descritto le tre Rivoluzioni – la protestante, la francese e la comunista – Plinio Correa de Oliveira afferma che il mondo sta essendo spinto verso una Quarta Rivoluzione, la quale presenta come caratteristiche essenziali l’autogestione e il tribalismo. Essendo così, le caratteristiche della rivoluzione culturale sono molto affini, quando non identiche, a quelle della Quarta Rivoluzione entrambi temi trattati da diversi articoli in Catolicismo.

L’impasse rivoluzionario conduce al cambiamento di tattica

Nella decade degli anni '60 vi fu un cambiamento radicale nel processo rivoluzionario. Infatti, secondo la teoria marxista “ortodossa”, prevalente nei circoli rivoluzionari di quell’epoca, la dittatura del proletariato e l‘abolizione della proprietà privata avrebbero dovuto produrre un uomo nuovo, il quale sarebbe stato presumibilmente capace di vivere liberamente nel “paradiso” comunista. Ma l’utopia non ottenne consenso, perché un tale tipo umano non emerse dall’esperienza comunista nell’Unione Sovietica e nei suoi paesi satelliti; al contrario, risultò in un clamoroso insuccesso palesandosi la continuità dell’uomo vecchio, avverso a quel regime antinaturale.

Incoraggiati dalla rivoluzione studentesca della Sorbonne, del maggio '68, molti leader marxisti decisero di mettere in marcia una rivoluzione culturale che producesse un profondo cambiamento nelle mentalità e nei modi di essere delle persone, come un pre-requisito per qualsiasi tentativo ben riuscito di un cambiamento socio-economico dal carattere collettivista. Da questa rivoluzione culturale nascerebbe allora l’uomo nuovo, che demolirebbe le strutture gerarchiche e individualiste della società borghese, sostituendole con un paradiso anarchico di libertà e ugualità totali, che la nomenclatura sovietica non era riuscita ad installare.

Una meta al di là del sistema comunista: il collettivismo tribale

Quale sarebbe il nuovo modello di una società rivoluzionaria, qualora la Rivoluzione decidesse di rinunciare ai cambiamenti strutturali socio-economici, per attenersi al campo strettamente culturale? La risposta è la società tribale, sognata dalle correnti radicali dell’antropologia moderna, come ad esempio lo strutturalismo. I difensori di queste nuove teorie affermano che la vita tribale equivale alla sintesi della libertà individuale, del collettivismo consensuale e dell’uguaglianza. E ammettono che gli individui si dissolverebbero nella personalità collettiva della tribù, lasciando di lato i vecchi modelli di riflessione individuale, di volontà e di sensibilità.

Siccome questo processo di auto-identificazione con la tribù è fattibile soltanto all'interno della struttura di piccoli gruppi di persone, questa Quarta Rivoluzione esige lo smembramento della società in piccole comunità rurali. Ne decorrerebbe la fine delle grandi città, dei complessi industriali e, in generale, delle gigantesche infrastrutture odierne. Il tutto simile alla già menzionata rivoluzione culturale di Mao Tsé-Tung in Cina e all’espulsione degli abitanti delle città verso i campi messo in atto dal movimento comunista guerrigliero Khmer Rouge in Cambogia.

Effetti della “rivoluzione digitale” nelle generazioni giovani

Secondo Plinio Corrêa de Oliveira, i segni precursori di questa Quarta Rivoluzione tra i giovani si faceva notare in modo particolare dalla stravaganza nell’abbigliamento, dalla crescente tendenza al nudismo, dall’informalità nelle maniere, dall’idolatria della natura e dell’ecologia, dall’ipertrofia dei sensi e dell’immaginazione e dalla simultanea atrofia della ragione nella cosiddetta civiltà dell’immagine. Senza menzionare la tendenza ad uno stile di vita nomade, comune tra gli hippie della generazione dei fiori.


In quei giorni la rivoluzione digitale faceva i suoi primi passi nel relativo isolamento delle università, negli organi governativi e nel mondo degli affari. Oggi i computer personali e l’Internet sono disponibili a livello universale, e la rivoluzione digitale ha attinto tutti gli strati della popolazione. Se fosse arrivata qualche anno prima, i suoi effetti sulle generazioni più giovani sicuramente sarebbero stati menzionati in Rivoluzione e Contro-Rivoluzione.


Oggi, molti ideologi rivoluzionari radicali, benché approccino il problema sotto un prisma opposto e applaudano tali cambiamenti, descrivono gli stessi fenomeni indicati trenta anni prima da Plinio Corrêa de Oliveira.

Quindi vale la pena studiare – quanto possibile nei limiti di un articolo – cosa questi pensatori e accademici stiano dicendo sul tribalismo cibernetico, con la riserva sul fatto che questi attribuiscono alle evoluzioni sociali un carattere inevitabile, come risultato di una specie di determinismo tecnologico che azzera la libertà umana, ciò che un cattolico non può mai accettare. Al contrario, il pensatore cattolico brasiliano, evidenziava nella suddetta opera il primato che hanno le passioni disordinate nei cambiamenti sociali e nel progresso della Rivoluzione.

“L’uomo tribale partecipava all’incosciente collettivo”

Il primo a parlare dell’effetto "tribale" dei nuovi mezzi di comunicazione fu Marshall McLuhan, il guru canadese dei midia e delle comunicazioni moderne, e forse il teorico più citato in questo campo. Secondo lui, qualsiasi mezzo di comunicazione è un’estensione virtuale dei nostri sensi e della nostra mente (allo stesso modo come la protesi di un braccio è un’estensione fisica del corpo). Donde la sua nota sentenza: "Il mezzo è il messaggio" (3) veicolando l’idea che le società vengono modellate più dalla natura dei midia con i quali gli uomini si comunicano, che dal contenuto della stessa comunicazione.

Così, la cultura orale della società primitiva percepiva il mondo attraverso i cinque sensi - l'udito, l'olfatto, il tatto, la vista e il gusto, con una certa supremazia dell’udito - e perciò dipendeva dall’equilibrio armonico di tutti questi sensi umani. Tuttavia, la cultura scritta originata dall’alfabeto fonetico avrebbe destabilizzato questo equilibrio sensoriale dell’uomo tribale, generando una totale supremazia della vista. Sempre secondo McLuhan, ciò avrebbe causato un tremendo impatto sulla cultura e la società:

"Per la loro dipendenza dalla parola proferita per ottenere informazioni, gli uomini [primitivi] si agglutinavano in una rete tribale. E dato che  la parola proferita è più carica di emozione di quella scritta - trasmettendo, attraverso l’intonazione, ricche emozioni come la rabbia, l’allegria, il dolore e la paura - l’uomo tribale era più spontaneo e caratterialmente volubile. L’uomo tribale audio-tattile partecipava all’inconscio collettivo, viveva in un mondo magico inglobante, modellato dal mito e dal rituale, i cui valori erano divini e indiscutibili, mentre invece l’uomo alfabetizzato o visuale creò un ambiente fortemente frammentato, individualista, esplicito, logico, specializzato e senza emozioni. […] L’uomo intero si frammentò; l’alfabeto squarciò il circolo incantato e la magia risonante del mondo tribale, causando l'esplosione dell’umanità in un agglomerato di unità o ‘individui’ specializzati e psichicamente impoveriti, funzionando in un mondo di tempo lineare e di spazio euclideo. (4)

L’uomo moderno ritorna ad un sistema tribale

Sempre secondo McLuhan, questo primo impoverimento della vita immaginativa, emozionale e sensoriale dell’uomo tribale, causato dall’alfabetizzazione, si sarebbe intensificato più tardi con la presenza della stampa che plasmò e trasformò tutto l’ambiente psicologico e sociale della civiltà occidentale, ed è stata la responsabile della Rivoluzione Industriale e del concetto cartesiano dell’universo.

Nel frattempo, l'apparire dei mezzi di comunicazione elettrici (telegrafo, radio, cinema, telefono, televisione e computer) avrebbe dato origine ad ambienti e culture opposte alla società meccanica e cartesiana decorrente dalla stampa. Questi nuovi midia, dovuto al loro carattere interattivo, avrebbero liberato l’uomo dal suo isolamento e rimodellato la sua sensibilità, immergendolo in un flusso mondiale di informazioni:

"Il mondo dell’individualismo, della privacy, della conoscenza frammentata o “applicata”, dei “punti di vista” e degli obiettivi specializzati, sta essendo sostituito dalla conoscenza universale di un mondo modellato come un mosaico, nel quale lo spazio e il tempo sono rimasti superati grazie alla televisione, agli aerei jet ed ai computer - un mondo simultaneo, ‘immediatista’, nel quale tutto è consono a tutto. […] Dopo secoli di sensibilità dissociate, la coscienza moderna è ridivenuta universale e racchiudente, nella misura in cui tutta la famiglia umana è rimasta attaccata ad una unica membrana universale”. (5)

La cosa interessante è che McLuhan denomina questa evoluzione “processo di ri-tribalizzazione”. È impressionante il fatto che, per dimostrare la propria tesi, si riferisca agli stessi fenomeni generazionali descritti da Plinio Corrêa de Oliveira in Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, pubblicato molto prima:

“Tutto l’orientamento della generazione più giovane si avvia verso un ritorno all'indigeno, come si vede riflesso nei loro costumi, nella musica, nei capelli lunghi e nel comportamento sessuale. La nostra generazione adolescente si sta già trasformando in un clan della selva. […] Si vede, per esempio, la spensieratezza con la quale i giovani vivono sessualmente, senza il minimo scrupolo, od anche come tra gli hippies, in matrimoni di comunità. Tutto ciò è completamente tribale”.

Purtroppo egli è sicuro di quel che descrive. Ma ciò che sorprende in McLuhan è la sua apologia della cultura tribale e l’assenza di una condanna formale dell’evoluzione della società verso una nuova forma di tribalismo.

Una nuova cultura: l’oralità primaria con l’alfabetizzazione

Uno dei discepoli di McLuhan fu il sacerdote gesuita Walter Ong, professore nel Dipartimento di Inglese dell’Università Saint Louis, dove McLuhan insegnò per sette anni. Benché il Pe. Ong discordi delle teorie del determinismo meccanico di McLuhan, concorda interamente con la sua analisi dell’impatto dell’alfabetizzazione nella cultura umana e dimostra lo stesso fascino per la ricchezza della comunicazione orale dell’uomo primitivo. Nel suo saggio Literacy and Orality in Our Times (L’alfabetizzazione e l’oralità nei nostri giorni), afferma che, mentre “ogni essere umano che non sia fisicamente o psicologicamente deficiente impara inevitabilmente a parlare, […] la scrittura è completamente e irrimediabilmente artificiale”. (6)

Benché essenziale per la realizzazione del potenziale umano totale, e particolarmente per lo sviluppo del pensiero logico, la scrittura “era sconosciuta dalle culture orali primarie, dove il pensiero è perfettamente elaborato, non in una linearità analitica, ma in uno stile parabolico, attraverso la “rapsodizzazione”, cioè, cucendo una trapunta di pezze fatta di proverbi, antitesi, epiteti ed altri ‘luoghi comuni’ o loci.

Secondo il Pe. Ong, “il passaggio da un mondo interamente orale e naturale al mondo artificiale della scrittura è disorientante e terrorizzante”, poiché “nella comunicazione orale diretta e uditiva l'ascoltatore non ha bisogno di molte connessioni ‘logiche’. Questo perché la situazione concreta provvede al contesto completo, rendendo l’articolazione, e di conseguenza l’astrazione, superflua in molti aspetti”. In contrapposizione, nelle culture alfabetizzate “lo scrittore non ha davanti a sé persone vive che l’aiutano, con le loro reazioni, a esplicitare il suo pensiero. Non c’è il ‘feedback’. Non vi sono ascoltatori che presentando facce soddisfatte o perplesse. Questo è un mondo disperato, terrificante e solitario; un mondo spopolato, all’opposto del mondo dell’interlocuzione naturale, oral-uditiva”.

È per questo motivo che “le persone alfabetizzate hanno problemi nel capire le culture orali, giustamente perché in una cultura altamente alfabetizzata l’esperienza dell’oralità primaria - o qualcosa di simile all’oralità primaria – probabilmente si limiterà all’esperienza del mondo infantile. Per cui le persone provenienti da culture altamente alfabetizzate […] tendono a considerare l’insieme delle popolazioni ‘native’ - cioè, orali - 'infantili' ".

Tuttavia, una specie di “redenzione” di questo mondo di alfabetizzazione terrorizzante e artificiale sarebbe sopravvenuta con la comparsa della radio e della TV, perché ancora una volta le persone cominciarono ad ascoltare ed assistere, invece di semplicemente leggere. Per il Pe. Ong, ciò indusse a una “oralità secondaria”, a una nuova cultura che in qualche modo abbina l’oralità primaria all’alfabetizzazione. E, posto che la conoscenza umana evolve, una nuova coscienza può dunque emergere attraverso una sistema del nostro “io" fisico con l'“io” virtuale che abbiamo creiamo nel mondo della cibernetica. Il che rafforzerebbe ulteriormente il primo beneficio dell’oralità secondaria, ossia, il fatto che “la comunicazione orale unisce le persone in gruppi”.

Sebbene il Pe. Ong non utilizzi la parola “ri-tribalizzazione”, questo concetto sembra essere presente nel suo modo di concepire i gruppi riuniti dalla comunicazione orale.

Cultura tribale primitiva e linguaggio emozionale del “Net”

Andrés Schuschny, fisco ed economista argentino, discepolo di Pe. Ong, ha aggiornato il pensiero del suo maestro per la nostra era digitale. Funzionario della Cepal (organo delle Nazioni Unite per l’America Latina), il Sr. Schuschny insegna all’Università di Santiago ed è l’autore del saggio "Umanesimo e connettività: L’evoluzione della coscienza in un mondo ingarbugliato". Nell’articolo intitolato "Oralità elettronica: Un tribalismo civilizzato e consapevole",  scrive:

“Tentando di ripensare la prospettiva di Ong, la chiara trasformazione stimolata dalle comunicazioni elettroniche sta portando la coscienza umana a una nuova era che chiamerei dell‘oralità elettronica’ Un'era che ostenta stupefacenti similitudini con le culture tribali dell’Antichità, e che forgiano una nuova mistica di partecipazione comunitaria, mediante l’uso di un linguaggio particolarmente emozionale, benché integrato alle forme oggettivamente razionali. […]

“La connettività sta facilitando la capacità di ricreare un ‘mega-raduno comunicazionale’, dove tutti possiamo […] sentirci parte di qualcosa grande che ci unisce l'uno all’altro, cioè, all'altra parte di noi stessi. Ci affascina e ci fanatizza l’accesso al ‘Net’, poiché l'essere connessi è l'essere legati a qualcosa che va molto oltre ai ‘piccoli io’ finiti e limitati che danno forma al nostro ego; intorno ad Internet c’è qualcosa di natura fondamentalmente religiosa, di cui ne sono convinto; qualcosa che ci riallaccia, che ci unisce alla coscienza del mondo. Da quando è diventata ‘il Net’, qualunque sia il livello in cui si trovi questa coscienza, ivi rimarremo sempre connessi”. (7)

Nativi digitali e ritorno alla tribalizzazione dell’uomo e della società

Più ancora del Pe. Ong - professore di Studi di Inglese, e non di Comunicazioni - il vero discepolo di Marshall McLuhan è il Prof. Derrick De Kerckhove, direttore del programma McLuhan per la Cultura e Tecnologia all’Università di Toronto. Come prolungamento del pensiero di McLuhan, egli coniò l’espressione nativi digitali per riferirsi alla generazione nata con il Net come lo conosciamo oggi.

Dal punto di vista del Prof. De Kerckhove, "i nativi digitali sono individui aperti: appartengono alla fase storica delle comunità delle reti sociali; mettono gratuitamente la loro esperienza al servizio di tutti, per mezzo dei loro blog, myspace, facebook, ning; hanno un senso innato del Web 2.0; non hanno alcun problema con la tecnologia; e utilizzano indistintamente e in modo convergente tutti gli utensili del multimidia”. (8)

Derrick De Kerckhove

In una intervista con Kevin Kelly, editore di “Wired” (rivista di computerizzazione molto popolare, di tendenza libertaria), il Prof. De Kerckhove parla degli effetti dei computer e dell’Internet sui nativi digitali:

“Il Web è un nuovo tipo di linguaggio. In un mondo tribale, il cosmo è  presente. È vivo. La tribù condivide questa enorme realtà organica. Nel momento in cui le persone hanno iniziato a controllare il linguaggio mediante l’alfabeto, hanno interiorizzato il controllo ed hanno svuotato il cosmo della loro presenza soprannaturale. […] Dopo, quando sopravvennero la radio, il telegrafo, il telefono e la televisione, hanno 'ritribalizzato’ tutte le cose, esteriorizzandole, colmando di nuovo il cosmo - una idea che McLuhan ha ravvisato molto bene. […] Nel mondo della radio, l'agenda del controllo, del linguaggio è quella di un solo individuo - un grande uomo, un dittatore, un Hitler, un Mussolini, un Khomeni - mentre che l'agenda del Web è quella di un capo tribale: il linguaggio viene condiviso, e non imposto”. (9)

Come si desume da queste citazioni, tali studiosi non solo interpretano favorevolmente questa evoluzione verso la ritribalizzazione dell’uomo e della società, nonché la vedono come un sano ritorno a uno stato primitivo idillico, in cui gli uomini si dissolvono in gruppi e in questo modo si collegano al cosmo. A loro avviso, il nemico è l’individuo, ritenuto come un essere chiuso su sé stesso a causa del potere della sua ragione. Il midollo di questi studi sembra consistere nel sapere come le loro scienze potrebbero aiutare a frantumare questi ego presumibilmente abbozzolati, affinché possano essere riconnessi al mondo ed aiutare alla costruzione di una società collettivista. [Continua]

José Antonio Ureta


(Rivista "Catolicismo", Febbraio 2018)


Note:
1. Cfr. ALEX WRIGHT, “Friending, Ancient or Otherwise”, New York Times, December 2, 2007.
2. Artpress Indústria Gráfica e Editora Ltda., S. Paulo, 2009.
3. Essa é a tradução mais divulgada de sua sentença “The médium, not the content, is the message” (O meio, e não o conteúdo, é a mensagem), que literalmente é mais completa.
4. Cfr. Marshall McLuhan, http://www.nextnature.net/?p=1025 
5. Idem, ibid.
6. Cfr. http://www.ade.org/bulletin/n058/058001.htm
7. Cfr. http://humanismoyconectividad.wordpress.com/2008/03/07/oralidad/
8. http://e-south.blog.lemonde.fr/category/webtech/
9. http://www.wired.com/wired/archive/4.10/dekerckhove_pr.html

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