Con
l’era digitale globalizzata, una rivoluzione culturale
sta
operando profondi cambiamenti di mentalità,
portando
alla ritribalizzazione dell’uomo
per
mezzo delle trasformazioni psicologiche, sociali e religiose
Quattro
chiarimenti importanti
1) Lo scopo di questo
articolo consiste nella descrizione del fenomeno Internet in quanto inserito
nel processo rivoluzionario, senza voler suggerire che tutte le persone che lo utilizzano
nei loro diversi ambiti facciano parte del modello di comportamento qui
descritto.
2) Non possedendo una base
filosofica solida, che viene conferita dalla sana dottrina cattolica, le teorie
e le scuole degli scienziati che verranno citati sono, in maggiore o minore
misura, affetti dall’errore del determinismo,
nell’attribuire ai cambiamenti tecnologici un carattere inarrestabile, e nel
disprezzare il libero arbitrio di coloro che usano le nuove tecnologie.
3) Non tutte le previsioni
degli scienziati menzionati in questo articolo si avvereranno necessariamente, perché
non sono altro che un loro "wishful thinking" (cioè, una creazione
illusoria di fatti che si vorrebbe che fossero realtà); e siccome essi generalmente
condividono gli ideali della Rivoluzione, sognano un utopico mondo nuovo a pro
del quale orientano le loro speculazioni.
4) Posto che gli obiettivi
della Rivoluzione sono contrari alla natura umana, e di conseguenza sono irraggiungibili,
ci ha spinto a stilare la presente analisi il desiderio di segnalare quanto
essi siano radicali e come il mondo che la Rivoluzione intende impiantare sia infernale.
Per quanto possa sembrare paradossale, gli studiosi stanno analizzando il parallelo esistente tra le reti di contatto sociali online e le società tribali. Non essendoci nulla di più distante dalla vita tribale primitiva a quella delle tecnologie avanzate che permettono il collegamento delle persone attraverso l’Internet, quale similitudine vi sarebbe tra una tribù dell’Amazzonia, per esempio, e coloro che usano Facebook, Twitter o Second Life?
Nel dicembre del 2007, il
“The New York Times” diede la notizia
che gli studiosi identificano nella “chiacchiera collettiva” , nello scambio di
messaggi istantanei e nella ricerca di nuovi amici nelle reti sociali di Internet il risorgere degli antichi
modelli di comunicazione orale, dei legami diretti, dell'intimità e dei collegamenti
orizzontali caratteristici di una tribù. (1)
La crescente popolarità
dei siti di rapporto sociale online è
un mero modismo? Oppure si tratta di un profondo cambiamento sociale che svela
nuovi orizzonti per il futuro? Se così fosse, come si inserirebbe questo
fenomeno nel panorama attuale di una rivoluzione
culturale di stampo tribale?
Prima di analizzare queste
questioni, dobbiamo ricordare che l’espressione rivoluzione culturale sorse
durante la rivoluzione cinese, nell’epoca di Mao Tse-tung, ma fu utilizzata
pure in Occidente per designare la rivoluzione della Sorbonne del maggio 1968.
Nonostante quest’ultima sia stata sconfitta sul piano politico, le sue
conseguenze culturali, specialmente nel campo delle tendenze, usi e costumi, si
diffusero ampiamente in tutto il mondo.
Nel libro Rivoluzione e Contro–Rivoluzione (2)
dopo aver descritto le tre Rivoluzioni – la protestante, la francese e la
comunista – Plinio Correa de Oliveira afferma che il mondo sta essendo spinto verso
una Quarta Rivoluzione, la quale
presenta come caratteristiche essenziali l’autogestione e il tribalismo.
Essendo così, le caratteristiche della rivoluzione
culturale sono molto affini, quando non identiche, a quelle della Quarta Rivoluzione entrambi temi trattati
da diversi articoli in Catolicismo.
L’impasse
rivoluzionario conduce al cambiamento di tattica
Nella decade degli anni '60
vi fu un cambiamento radicale nel processo rivoluzionario. Infatti, secondo la
teoria marxista “ortodossa”, prevalente nei circoli rivoluzionari di
quell’epoca, la dittatura del proletariato e l‘abolizione della proprietà
privata avrebbero dovuto produrre un uomo
nuovo, il quale sarebbe stato presumibilmente capace di vivere liberamente nel
“paradiso” comunista. Ma l’utopia non ottenne consenso, perché un tale tipo
umano non emerse dall’esperienza comunista nell’Unione Sovietica e nei suoi
paesi satelliti; al contrario, risultò in un clamoroso insuccesso palesandosi
la continuità dell’uomo vecchio, avverso
a quel regime antinaturale.
Incoraggiati dalla
rivoluzione studentesca della Sorbonne, del maggio '68, molti leader marxisti decisero di mettere in
marcia una rivoluzione culturale che
producesse un profondo cambiamento nelle mentalità e nei modi di essere delle
persone, come un pre-requisito per qualsiasi tentativo ben riuscito di un
cambiamento socio-economico dal carattere collettivista. Da questa rivoluzione culturale nascerebbe allora
l’uomo nuovo, che demolirebbe le
strutture gerarchiche e individualiste della società borghese, sostituendole
con un paradiso anarchico di libertà e ugualità totali, che la nomenclatura sovietica non era riuscita
ad installare.
Una
meta al di là del sistema comunista: il collettivismo tribale
Quale sarebbe il nuovo modello
di una società rivoluzionaria, qualora la Rivoluzione decidesse di rinunciare ai
cambiamenti strutturali socio-economici, per attenersi al campo strettamente
culturale? La risposta è la società tribale, sognata dalle correnti radicali
dell’antropologia moderna, come ad esempio lo strutturalismo. I difensori di
queste nuove teorie affermano che la vita tribale equivale alla sintesi della
libertà individuale, del collettivismo consensuale e dell’uguaglianza. E
ammettono che gli individui si dissolverebbero nella personalità collettiva
della tribù, lasciando di lato i vecchi modelli di riflessione individuale, di volontà
e di sensibilità.
Siccome questo processo di
auto-identificazione con la tribù è fattibile soltanto all'interno della
struttura di piccoli gruppi di persone, questa Quarta Rivoluzione esige lo smembramento della società in piccole
comunità rurali. Ne decorrerebbe la fine delle grandi città, dei complessi
industriali e, in generale, delle gigantesche infrastrutture odierne. Il tutto
simile alla già menzionata rivoluzione culturale di Mao Tsé-Tung in Cina e
all’espulsione degli abitanti delle città verso i campi messo in atto dal
movimento comunista guerrigliero Khmer
Rouge in Cambogia.
Effetti
della “rivoluzione digitale” nelle generazioni giovani
Secondo Plinio Corrêa de
Oliveira, i segni precursori di questa Quarta
Rivoluzione tra i giovani si faceva notare in modo particolare dalla
stravaganza nell’abbigliamento, dalla crescente tendenza al nudismo, dall’informalità
nelle maniere, dall’idolatria della natura e dell’ecologia, dall’ipertrofia dei
sensi e dell’immaginazione e dalla simultanea atrofia della ragione nella cosiddetta
civiltà dell’immagine. Senza
menzionare la tendenza ad uno stile di vita nomade, comune tra gli hippie della generazione dei fiori.
In quei giorni la
rivoluzione digitale faceva i suoi primi passi nel relativo isolamento delle
università, negli organi governativi e nel mondo degli affari. Oggi i computer personali e l’Internet sono
disponibili a livello universale, e la rivoluzione digitale ha attinto tutti
gli strati della popolazione. Se fosse arrivata qualche anno prima, i suoi
effetti sulle generazioni più giovani sicuramente sarebbero stati menzionati in
Rivoluzione e Contro-Rivoluzione.
Oggi, molti ideologi
rivoluzionari radicali, benché approccino il problema sotto un prisma opposto e
applaudano tali cambiamenti, descrivono gli stessi fenomeni indicati trenta
anni prima da Plinio Corrêa de Oliveira.
Quindi vale la pena
studiare – quanto possibile nei limiti di un articolo – cosa questi pensatori e
accademici stiano dicendo sul tribalismo cibernetico, con la riserva sul fatto che
questi attribuiscono alle evoluzioni sociali un carattere inevitabile, come
risultato di una specie di determinismo tecnologico che azzera la libertà
umana, ciò che un cattolico non può mai accettare. Al contrario, il pensatore
cattolico brasiliano, evidenziava nella suddetta opera il primato che hanno le
passioni disordinate nei cambiamenti sociali e nel progresso della Rivoluzione.
“L’uomo
tribale partecipava all’incosciente collettivo”
Il primo a parlare
dell’effetto "tribale" dei nuovi mezzi di comunicazione fu Marshall
McLuhan, il guru canadese dei midia e delle comunicazioni moderne, e forse il
teorico più citato in questo campo. Secondo lui, qualsiasi mezzo di
comunicazione è un’estensione virtuale dei nostri sensi e della nostra mente
(allo stesso modo come la protesi di un braccio è un’estensione fisica del
corpo). Donde la sua nota sentenza: "Il mezzo è il messaggio" (3) veicolando
l’idea che le società vengono modellate più dalla natura dei midia con i quali
gli uomini si comunicano, che dal contenuto della stessa comunicazione.
Così, la cultura orale
della società primitiva percepiva il mondo attraverso i cinque sensi - l'udito,
l'olfatto, il tatto, la vista e il gusto, con una certa supremazia dell’udito -
e perciò dipendeva dall’equilibrio armonico di tutti questi sensi umani. Tuttavia,
la cultura scritta originata dall’alfabeto fonetico avrebbe destabilizzato
questo equilibrio sensoriale dell’uomo tribale, generando una totale supremazia
della vista. Sempre secondo McLuhan, ciò avrebbe causato un tremendo impatto
sulla cultura e la società:
"Per
la loro dipendenza dalla parola proferita per ottenere informazioni, gli uomini
[primitivi] si agglutinavano in una rete tribale. E
dato che la parola proferita è più
carica di emozione di quella scritta - trasmettendo, attraverso l’intonazione, ricche
emozioni come la rabbia, l’allegria, il dolore e la paura - l’uomo tribale era
più spontaneo e caratterialmente volubile. L’uomo tribale audio-tattile
partecipava all’inconscio collettivo, viveva in un mondo magico inglobante, modellato
dal mito e dal rituale, i cui valori erano divini e indiscutibili, mentre
invece l’uomo alfabetizzato o visuale creò un ambiente fortemente frammentato,
individualista, esplicito, logico, specializzato e senza emozioni. […] L’uomo intero si frammentò; l’alfabeto squarciò
il circolo incantato e la magia risonante del mondo tribale, causando l'esplosione
dell’umanità in un agglomerato di unità o ‘individui’ specializzati e
psichicamente impoveriti, funzionando in un mondo di tempo lineare e di spazio
euclideo. (4)
L’uomo
moderno ritorna ad un sistema tribale
Sempre secondo McLuhan,
questo primo impoverimento della vita immaginativa, emozionale e sensoriale
dell’uomo tribale, causato dall’alfabetizzazione, si sarebbe intensificato più
tardi con la presenza della stampa che plasmò e trasformò tutto l’ambiente
psicologico e sociale della civiltà occidentale, ed è stata la responsabile
della Rivoluzione Industriale e del concetto cartesiano dell’universo.
Nel frattempo, l'apparire
dei mezzi di comunicazione elettrici (telegrafo, radio, cinema, telefono,
televisione e computer) avrebbe dato origine ad ambienti e culture opposte alla
società meccanica e cartesiana decorrente dalla stampa. Questi nuovi midia, dovuto
al loro carattere interattivo, avrebbero liberato l’uomo dal suo isolamento e
rimodellato la sua sensibilità, immergendolo in un flusso mondiale di
informazioni:
"Il mondo dell’individualismo, della privacy, della conoscenza
frammentata o “applicata”, dei “punti di vista” e degli obiettivi
specializzati, sta essendo sostituito dalla conoscenza universale di un mondo
modellato come un mosaico, nel quale lo spazio e il tempo sono rimasti superati
grazie alla televisione, agli aerei jet ed ai computer - un mondo simultaneo,
‘immediatista’, nel quale tutto è consono a tutto. […] Dopo secoli di sensibilità dissociate, la coscienza moderna è ridivenuta
universale e racchiudente, nella misura in cui tutta la famiglia umana è
rimasta attaccata ad una unica membrana universale”. (5)
La cosa interessante è che
McLuhan denomina questa evoluzione “processo di ri-tribalizzazione”. È impressionante
il fatto che, per dimostrare la propria tesi, si riferisca agli stessi fenomeni
generazionali descritti da Plinio Corrêa de Oliveira in Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, pubblicato molto prima:
“Tutto
l’orientamento della generazione più giovane si avvia verso un ritorno all'indigeno,
come si vede riflesso nei loro costumi, nella musica, nei capelli lunghi e nel comportamento
sessuale. La nostra generazione adolescente si sta già trasformando in un clan
della selva. […] Si
vede, per esempio, la spensieratezza con la quale i giovani vivono
sessualmente, senza il minimo scrupolo, od anche come tra gli hippies, in matrimoni di comunità. Tutto ciò è
completamente tribale”.
Purtroppo egli è sicuro di
quel che descrive. Ma ciò che sorprende in McLuhan è la sua apologia della
cultura tribale e l’assenza di una condanna formale dell’evoluzione della
società verso una nuova forma di tribalismo.
Una
nuova cultura: l’oralità primaria con l’alfabetizzazione
Uno dei discepoli di
McLuhan fu il sacerdote gesuita Walter Ong, professore nel Dipartimento di
Inglese dell’Università Saint Louis, dove McLuhan insegnò per sette anni.
Benché il Pe. Ong discordi delle teorie del determinismo meccanico di McLuhan,
concorda interamente con la sua analisi dell’impatto dell’alfabetizzazione
nella cultura umana e dimostra lo stesso fascino per la ricchezza della
comunicazione orale dell’uomo primitivo. Nel suo saggio Literacy and Orality in Our Times (L’alfabetizzazione e l’oralità
nei nostri giorni), afferma che, mentre “ogni
essere umano che non sia fisicamente o psicologicamente deficiente impara
inevitabilmente a parlare, […] la
scrittura è completamente e irrimediabilmente artificiale”. (6)
Benché essenziale per la
realizzazione del potenziale umano totale, e particolarmente per lo sviluppo
del pensiero logico, la scrittura “era
sconosciuta dalle culture orali primarie, dove il pensiero è perfettamente
elaborato, non in una linearità analitica, ma in uno stile parabolico,
attraverso la “rapsodizzazione”, cioè, cucendo una trapunta di pezze fatta di
proverbi, antitesi, epiteti ed altri ‘luoghi comuni’ o loci”.
Secondo il Pe. Ong, “il passaggio da un mondo interamente orale
e naturale al mondo artificiale della scrittura è disorientante e
terrorizzante”, poiché “nella
comunicazione orale diretta e uditiva l'ascoltatore non ha bisogno di molte
connessioni ‘logiche’. Questo perché la situazione concreta provvede al
contesto completo, rendendo l’articolazione, e di conseguenza l’astrazione,
superflua in molti aspetti”. In contrapposizione, nelle culture
alfabetizzate “lo scrittore non ha
davanti a sé persone vive che l’aiutano, con le loro reazioni, a esplicitare il
suo pensiero. Non c’è il ‘feedback’. Non vi sono ascoltatori che presentando facce
soddisfatte o perplesse. Questo è un mondo disperato, terrificante e solitario;
un mondo spopolato, all’opposto del mondo dell’interlocuzione naturale, oral-uditiva”.
È per questo motivo che “le persone alfabetizzate hanno problemi nel
capire le culture orali, giustamente perché in una cultura altamente alfabetizzata
l’esperienza dell’oralità primaria - o qualcosa di simile all’oralità primaria
– probabilmente si limiterà all’esperienza del mondo infantile. Per cui le
persone provenienti da culture altamente alfabetizzate […] tendono a considerare l’insieme delle
popolazioni ‘native’ - cioè, orali - 'infantili'
".
Tuttavia, una specie di
“redenzione” di questo mondo di alfabetizzazione terrorizzante e artificiale sarebbe
sopravvenuta con la comparsa della radio e della TV, perché ancora una volta le
persone cominciarono ad ascoltare ed assistere, invece di semplicemente
leggere. Per il Pe. Ong, ciò indusse a una “oralità
secondaria”, a una nuova cultura che in qualche modo abbina l’oralità
primaria all’alfabetizzazione. E, posto che la conoscenza umana evolve, una
nuova coscienza può dunque emergere attraverso una sistema del nostro “io" fisico con l'“io” virtuale che abbiamo creiamo nel
mondo della cibernetica. Il che rafforzerebbe ulteriormente il primo beneficio
dell’oralità secondaria, ossia, il fatto che “la comunicazione orale unisce le persone in gruppi”.
Sebbene il Pe. Ong non
utilizzi la parola “ri-tribalizzazione”, questo
concetto sembra essere presente nel suo modo di concepire i gruppi riuniti
dalla comunicazione orale.
Cultura
tribale primitiva e linguaggio emozionale del “Net”
Andrés Schuschny, fisco ed
economista argentino, discepolo di Pe. Ong, ha aggiornato il pensiero del suo
maestro per la nostra era digitale. Funzionario della Cepal (organo delle
Nazioni Unite per l’America Latina), il Sr. Schuschny insegna all’Università di
Santiago ed è l’autore del saggio "Umanesimo
e connettività: L’evoluzione della coscienza in un mondo ingarbugliato". Nell’articolo intitolato "Oralità elettronica: Un tribalismo
civilizzato e consapevole",
scrive:
“Tentando
di ripensare la prospettiva di Ong, la chiara trasformazione stimolata dalle
comunicazioni elettroniche sta portando la coscienza umana a una nuova era che
chiamerei dell‘oralità elettronica’ Un'era che ostenta stupefacenti
similitudini con le culture tribali dell’Antichità, e che forgiano una nuova
mistica di partecipazione comunitaria, mediante l’uso di un linguaggio
particolarmente emozionale, benché integrato alle forme oggettivamente
razionali. […]
“La
connettività sta facilitando la capacità di ricreare un ‘mega-raduno
comunicazionale’, dove tutti possiamo […] sentirci parte di qualcosa grande che ci unisce l'uno all’altro, cioè,
all'altra parte di noi stessi. Ci affascina e ci fanatizza l’accesso al ‘Net’,
poiché l'essere connessi è l'essere legati a qualcosa che va molto oltre ai
‘piccoli io’ finiti e limitati che danno forma al nostro ego; intorno ad
Internet c’è qualcosa di natura fondamentalmente religiosa, di cui ne sono
convinto; qualcosa che ci riallaccia, che ci unisce alla coscienza del mondo.
Da quando è diventata ‘il Net’, qualunque sia il livello in cui si trovi questa
coscienza, ivi rimarremo sempre connessi”. (7)
Nativi
digitali e ritorno alla tribalizzazione dell’uomo e della società
Più ancora del Pe. Ong - professore
di Studi di Inglese, e non di Comunicazioni - il vero discepolo di Marshall
McLuhan è il Prof. Derrick De Kerckhove, direttore del programma McLuhan per la
Cultura e Tecnologia all’Università di Toronto. Come prolungamento del pensiero
di McLuhan, egli coniò l’espressione nativi
digitali per riferirsi alla generazione nata con il Net come lo conosciamo oggi.
Dal punto di vista del
Prof. De Kerckhove, "i nativi
digitali sono individui aperti: appartengono alla fase storica delle comunità
delle reti sociali; mettono gratuitamente la loro esperienza al servizio di
tutti, per mezzo dei loro blog, myspace, facebook, ning; hanno un senso innato
del Web 2.0; non hanno alcun problema con la tecnologia; e utilizzano
indistintamente e in modo convergente tutti gli utensili del multimidia”. (8)
Derrick De Kerckhove
In una intervista con
Kevin Kelly, editore di “Wired” (rivista di computerizzazione molto popolare,
di tendenza libertaria), il Prof. De Kerckhove parla degli effetti dei computer
e dell’Internet sui nativi digitali:
“Il
Web è un nuovo tipo di linguaggio. In un mondo tribale, il cosmo è presente. È vivo. La tribù condivide questa
enorme realtà organica. Nel momento in cui le persone hanno iniziato a
controllare il linguaggio mediante l’alfabeto, hanno interiorizzato il
controllo ed hanno svuotato il cosmo della loro presenza soprannaturale. […]
Dopo, quando sopravvennero la radio, il
telegrafo, il telefono e la televisione, hanno 'ritribalizzato’ tutte le cose,
esteriorizzandole, colmando di nuovo il cosmo - una idea che McLuhan ha ravvisato
molto bene. […] Nel mondo della
radio, l'agenda del controllo, del linguaggio è quella di un solo individuo - un
grande uomo, un dittatore, un Hitler, un Mussolini, un Khomeni - mentre che l'agenda
del Web è quella di un capo tribale: il linguaggio viene condiviso, e non
imposto”. (9)
Come si desume da queste
citazioni, tali studiosi non solo interpretano favorevolmente questa evoluzione
verso la ritribalizzazione dell’uomo e della società, nonché la vedono come un
sano ritorno a uno stato primitivo idillico, in cui gli uomini si dissolvono in
gruppi e in questo modo si collegano al cosmo. A loro avviso, il nemico è
l’individuo, ritenuto come un essere chiuso su sé stesso a causa del potere
della sua ragione. Il midollo di questi studi sembra consistere nel sapere come
le loro scienze potrebbero aiutare a frantumare questi ego presumibilmente
abbozzolati, affinché possano essere riconnessi al mondo ed aiutare alla
costruzione di una società collettivista. [Continua]
José
Antonio Ureta
(Rivista "Catolicismo",
Febbraio 2018)
Note:
1. Cfr. ALEX WRIGHT, “Friending,
Ancient or Otherwise”, New York Times, December 2, 2007.
2. Artpress Indústria Gráfica e Editora Ltda., S. Paulo,
2009.
3. Essa é a tradução mais divulgada de sua sentença “The
médium, not the content, is the message” (O meio, e não o conteúdo, é a
mensagem), que literalmente é mais completa.
4. Cfr. Marshall McLuhan,
http://www.nextnature.net/?p=1025
5. Idem, ibid.
6. Cfr. http://www.ade.org/bulletin/n058/058001.htm
7. Cfr. http://humanismoyconectividad.wordpress.com/2008/03/07/oralidad/
8. http://e-south.blog.lemonde.fr/category/webtech/
9.
http://www.wired.com/wired/archive/4.10/dekerckhove_pr.html
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