Nel comunicato che ha fatto seguito alla riunione plenaria di Itaici, nel 1980, la conferenza nazionale dei vescovi brasiliani (CNBB), ha lanciato il documento Igreja e problemas da terra, autentico manifesto agroriformista, che ha avuto una eco simile a un colpo propagandistico in tutto il paese. Il documento rendeva di pubblico dominio la sua cattiva disposizione nei confronti delle proprietà di dimensione media o grande. E proclamava la sua entusiastica opzione a favore della piccola proprietà, cioè di quella che può essere integralmente sfruttata dal lavoro di una sola famiglia, senza la collaborazione di nessun salariato.
Andando oltre, Igreja e problemas da terra annunciava per il 1981 un altro documento della CNBB teso alla rivendicazione di una riforma edilizia, che sarebbe l’applicazione dei principi fondiari agroriformistici - per analogia - al suolo urbano. Per una data posteriore si intravedeva una riforma - pure analoga - delle imprese industriali e commerciali, che esponenti molto rappresentativi della CNBB non hanno tralasciato di preconizzare.
Nel febbraio del 1981 la CNBB ha tenuto una nuova riunione generale. Ma, contrariamente a quanto si poteva temere, l’organismo, così turbolentamente riformista l’anno precedente, è parso avere dimenticato questa volta il programma aggressivo che un anno fa aveva provocato tanto clamore. Nel comunicato finale di Itaici ‘81, il grande tema abbordato è stato quello delle vocazioni sacerdotali.
Niente di più opportuno di quest’ultimo tema per una riunione di un così elevato organismo ecclesiastico. Tuttavia, essendo di dominio pubblico che i vescovi agroriformisti sono esattamente sulle stesse posizioni dottrinali del 1980, è impossibile non essere in qualche modo sconcertati di fronte al fatto che nel 1981 abbiano giudicato senza importanza né urgenza la cascata di riforme, che avevano proclamata indispensabile e urgente dodici mesi prima.
Come spiegare questa contraddizione? Che potere, che circostanza, che accadimento è sopravvenuto, tanto forte da determinare, da un anno all’altro, una tale diversificazione di indirizzi?
Non lo so. Il fatto è che, negli ambienti cattolici, la triplice riforma è caduta subito in un sorprendente letargo.
Nel frattempo, venivo elaborando, nel silenzio del mio studio, il libro Sou catòlico: posso ser contra a Reforma Agrdria?. Pensato e scritto nelle mie scarse ore di riposo, nel corso di diversi mesi di riflessione e di studio, l’opera è stata indirizzata a rivendicare, di fronte a Igreja e problemas da terra , il mio diritto di cattolico e di brasiliano di oppormi alla Riforma Agraria (1).
Non soltanto il mio diritto, ma quello di tutti gli intellettuali cattolici analogamente in disaccordo con Igreja e problemas da terra.
Ancora di più. Ossia il diritto di tutti i proprietari rurali o urbani, grandi o medi, di conservare, per il bene loro e per quello del paese, tanto quanto i piccoli, con la coscienza in pace, le loro legittime proprietà. Parallelamente a me, lavorava alla preparazione di una analisi economica del documento, da pubblicare nello stesso libro, il mio giovane e brillante amico, l’economista Carlos Patricio del Campo.
Contrariamente a quanto speravamo all’inizio, la elaborazione dei nostri studi è stata lunga e complessa. Previsto per essere pubblicato prima di Itaici ‘81’, è venuto alla luce soltanto all’inizio di marzo del 1981 (2).
Quando abbiamo messo mano al lavoro, supponevamo molto naturalmente che il libro, una volta pubblicato, avrebbe sollevato un chiasso proporzionato alla categoricità della sua argomentazione e delle sue tesi, così come, e principalmente, all’ampiezza della sua diffusione. Insisto sulla diffusione, perché, purtroppo, essa svolge attualmente una parte più rilevante nella storia di un libro, di quella svolta dal suo merito.
Ora, in questi quattro mesi di vita, Sou catòlico: posso ser contra a Refòrma Agraria? sta avendo, dal nord al sud del paese, una diffusione degna di nota.
Grazie allo zelo disinteressato e mirabile di giovani collaboratori della Sociedade Brasileira de Defesa da Tradiçao, Familia e Propriedade (TFP) - mi onoro di notare, di passaggio, che ho scritto il mio studio nella veste di presidente del consiglio nazionale di questo organismo - sta per esaurirsi la seconda edizione di Sou catòlico: posso ser contra a Reforma Agrdria?, che porta a 21 mila il numero degli esemplari diffusi. Trattandosi di un’opera di carattere dottrinale e tecnico, e nelle condizioni del mercato librario brasiliano, il risultato è eccezionale.
E - eccoci al punto - non vi è stato nessuno, nel campo degli agroriformisti cattolici, che abbia a esso opposto qualche replica. Così sono placidamente trascorsi marzo, aprile, maggio e giugno. Luglio è già avanzato. E fino a ora niente.
Intanto, in questi ultimi trenta giorni - cioè cinque mesi dopo Itaici ‘81 e quattro mesi dopo Sou catòlico: twsso ser contrc a Reforma Agraria? - si sta facendo sentire una raffica di dichiarazioni riformistiche di fonte episcopale. Si è messo alla testa, parlando nel Rio Grande do Sul, mons. Pedro Casaldàliga, vescovo di Sao Félix do Araguaia.
Ha cominciato con una aspra censura alla stessa Chiesa: se questa, «nei suoi venti secoli, avesse seguito il programma delle beatitudini, avremmo una società socialtzzata [...]. L’ideale cristiano equivale all’ideale del socialismo». Poco piu avanti, il prelato è stato ancora più chiaro quanto alle sue propensioni e simpatie: “Non canonizzo il socialismo sovietico o cubano, ma esistono aspetti positivi: Cuba ha dato lezioni di sanità e di educazione a tutto il suo popolo [...]. Il socialismo del Nicaragua è una buona strada”.
E infine, dopo avere contestato che il socialismo sia causa della insufficienza dei raccolti in Russia, il disinibito prelato afferma: “Nei paesi socialisti il popolo vive meglio e la fame è minore là di quanto non sia nei paesi capitalisti” (3).
Il che è propriamente enorme.
A questa sparata propagandistica ne hanno fatto seguito altre. Lo vedremo nel prossimo articolo.
(Plinio Corrêa de Oliveira, Folha de S. Paulo, 20-7-1981; Tratto da Cristianità 9, N. 80 – dicembre 1981)
Note
(1) Con Riforma Agraria con le iniziali maiuscole si intende fare riferimento a una riforma agraria rivoluzionaria, di sinistra e insana, che comporta il colpire a fondo e persino l’eliminare la proprietà privata. Perciò, le critiche rivolte alla Riforma Agraria non si riferiscono in alcun modo a eventuali misure che promuovano un autentico progresso nella vita agricola oppure agro-zootecnica, in armonia con la tradizione brasiliana (N.d.R.).
(2) Cfr. PLINIO CORREA DE OLIVEIRA e CARLOS PATRCIO DEL CAMPO, Sou catòlico: posso ser contra a Reforma Agraria?, Vera Cruz, San Paolo 1981.
(3) Jornal do Brasil, 17-6-1981.
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