La bellezza della Cavalleria viene dall’idea del Santo
Sepolcro calpestato, profanato, infangato, in balia dei musulmani, e dal
conseguente bisogno di lottare con la spada per far cessare quella malvagità.
Nella grazia che animava i crociati, il Santo Sepolcro appariva sotto una luce
che non era la luce comune. Il Santo Sepolcro era considerato sacro in funzione
della persona di Nostro Signore Gesù Cristo. Era come se, in qualche modo,
Nostro Signore vi fosse veramente presente, disprezzato e ingiuriato.
Agli occhi dei crociati, Nostro Signore appare in tutta la Sua altezza,
nella Sua infinita dignità, inondato da una luce divina. Ma, nonostante questa
dignità, Egli manifesta una dolcezza come mai nessuno ha saputo fare. È quasi
un paradosso: un’immensa elevatezza che patisce tuttavia le ingiurie con
dolcezza. Proprio per questo la Sua elevazione splende con un fulgore speciale.
Non è solo un’elevazione regale, ma un’elevazione che, per la dolcezza, si fa
amare, attrae a Sé, offre perdono... La semplice grandezza non possiede
questo fascino. La Sua è un’elevazione che si inchina misericordiosa e
amorevole sopra coloro che la contemplano, abbassandosi al loro livello. E
tuttavia viene trattata in questo modo!
Questa
elevazione è rappresentata nel portamento incredibilmente nobile e,
allo stesso tempo, profondamente addolorato di Nostro Signore Gesù Cristo. Egli
è stato torturato in un modo ingiusto oltre ogni limite. Tuttavia, la sua
trascendenza assoluta, anche quando ingiuriata e miserevolmente profanata,
desta in Lui un dolore che non è collera, ma una tristezza profonda che si
esprime con la dolcezza. Questo è un altro apparente paradosso. Per chiunque
avesse sofferto tanto come Lui e in modo ingiusto, la reazione normale non
sarebbe di dolcezza bensì di indignazione e di voglia di maledire. Ma non Lui.
In Lui si nota un dolore profondo che produce una dolcezza d’una caratura
morale tutta particolare, molto attraente, che invita all’umiltà e alla
contrizione. Ma una dolcezza che ha piena coscienza di essere fatta per
conquistare!
È proprio il brutale rifiuto di questa dolcezza da parte dei musulmani che
suscita l’ira dei crociati. Ecco l’oggetto diretto del loro furore. Se
l’infinita dolcezza di Nostro Signore non è capace di intenerire il cuore dei
musulmani, allora bisogna ristabilire l’ordine sul filo della spada! Donde una
formidabile combattività, che scaturisce dalla percezione dell’inutilità di
ogni sforzo pacifico, e dal bisogno di infliggere un castigo e una riparazione.
Davanti al fallimento della dolcezza, il crociato mette mano alla spada. E
parte indignato per sconfiggere con la forza coloro che la dolcezza non è
riuscita a smuovere.
Questo si sente già dal primo momento della crociata, ancor prima del Deus
vult! del beato Urbano II. I crociati avevano piena coscienza del tremendo
rifiuto dei musulmani, un rifiuto che ai loro occhi configurava un peccato
consolidato, brutale e irrimediabile. Ecco la causa profonda della loro
indignazione e del loro furore, frutto dell’atto di amore di un’anima che si
era lasciata toccare dalla dolcezza di Nostro Signore Gesù Cristo.
Vedendo che tutta la maestà e tutta la dolcezza di Nostro Signore Gesù
Cristo non solo non conquista quella gente ma, anzi, la incita a ingiuriarLo e
a percuoterLo, il crociato riceve una grazia speciale per vendicare il nome di
Dio. Ma questa vendetta sarà perfetta solo se il crociato non vi introdurrà il
tumultuare delle sue passioni personali. Egli misura tutta l’immensità del
peccato fatto, e il desiderio di voler vendicare Nostro Signore per amore
disinteressato e puro. Questo è esattamente il cavaliere indomito, che ha la
forza per caricare il maomettano, spada in mano.
Il Santo Sepolcro di Nostro Signore Gesù Cristo
con sopra la cappa rossa, simbolo della TFP
Ecco la genesi psicologica di questo furore, che proviene dal modo in cui i
crociati, nel Santo Sepolcro, hanno “visto” Nostro Signore Gesù Cristo offeso
dai musulmani.
È solo a questa luce che si comprende l’impeto dei crociati. Non è l’impeto
del soldato delle due Guerre mondiali, che lottava per questioni di confini
nazionali violati. I crociati non lottavano per l’Alsazia-Lorena, per quanto
legittima possa essere questa rivendicazione, ma per qualcosa di molto più
nobile.
Plinio Corrêa de Oliveira
(Conferenza del 18 Ottobre 1989)
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