C’è
un testo narrativo della morte di Stalin, redatto da sua figlia, che è molto
ben fatto.
Figuratevi
la vastità del Cremlino, una misteriosa fortezza–palazzo, interamente circondata
da mura. Al suo interno si svolge ancora un altro dramma: la morte del
dittatore Stalin, un uomo dissoluto, che sta spirando.
È
l’inevitabile malattia, o l'avvelenamento, che sta raggiungendo un determinato
parossismo e che produce lo strappo, la dilacerazione: l’anima si sta separando
dal corpo. Stalin si sente impotente, ma il suo vigoroso organismo lotta contro
la morte.
Eppure,
malgrado questa reazione - una specie di furia selvaggia e di forza biologica e
psicologica -, la morte và prostrando il dittatore. Egli viene lacerato e reagisce
con una sempre maggiore impetuosità e una forza di resistenza, man mano che nota
i colpi della morte che gli si abbattono addosso.
Si
constata però che Stalin muore lontano dalla grazia di Dio. Non vi è nulla che esprima
l’idea di religione. La sua vita fu quella di un
ateo e difensore dell’ateismo; di un uomo che, anche se occultamente credesse
in Dio, in tal modo offese il Creatore, che è da presumersi che sia caduto nel
peccato di disperazione, o nel peccato di negazione dell’esistenza di Dio.
Quindi,
muore con odio, e disperato. Il suo reagire è vano, l’aria viene a mancargli,
la sua natura è minata da tutte le parti.
Ad
un certo momento, il dittatore si rende conto della situazione in cui si trova.
Lui, che nella sua vita non aveva fatto altro che governare col terrore, spinto
dalla forza dell’odio, apre gli occhi e – forse senza rendersene conto di ciò
che stava accadendo, considerandosi avvelenato o vittima di una cospirazione –
fissa tutti i presenti con uno sguardo terribile; e, sentendo in modo confuso che
sta per essere sconfitto, cerca ancora di reagire.
Allora
alza un braccio in un gesto di minaccia – l’unica cosa che sapeva fare. Poco
dopo, Dio chiama la sua anima per il giudizio. Il braccio cade, Stalin non è
altro che un cadavere.
L’uomo
che trascorse tutta la vita odiando e che aveva governato con brutalità, si
piega, si spacca, crolla. E subentra la placidità del cadavere.
Per
chi sa interpretare queste scene con gli occhi della fede, riscontra una sola
cosa come epilogo: la vittoria di Dio!
Plinio
Corrêa de Oliveira (13 Gennaio 1975)
(Pubblicato
su "Catolicismo", Luglio
2016)
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