sabato 28 gennaio 2017

La Sacra Famiglia


29 Gennaio


Il sublime modello di tutte le famiglie veramente cristiane è la Sacra Famiglia, composta dal Divino Bambin Gesù, da Maria Santissima – la Vergine delle Vergini – e da San Giuseppe – suo castissimo sposo.


Erano di sangue reale, ma non avevano risorse per mantenersi. La casa della Sacra Famiglia, a Nazareth, era poverissima, ma non volgare. Tutti i quadri, di tutti i tempi, eccetto nell’arte moderna, rappresentano l’ambiente interno dove abitava la Sacra Famiglia molto povero, ma molto bello, con tutti gli oggetti in ordine, tutto ben messo, tutto al suo posto, tutto invitando all’elevazione, benché nella povertà. Nessuno, per fare un esempio, rappresenterebbe una camera con la Madonna e il Bambino Gesù dove ci fosse una sedia riversa a terra, perché lo si reputerebbe incompatibile con l'atmosfera che regnava nella Sacra Famiglia.

In genere, le illustrazioni caratterizzano l’ambiente di questa dimora con due elementi: una semplicità e una pulizia assoluta.



Il Vangelo dice che Gesù Bambino cresceva in grazia e santità dinanzi a Dio ed agli uomini. Presso a Lui, anche la Madonna cresceva di pari passo costantemente.

Insieme a loro c’era San Giuseppe, l’uomo verginale per eccellenza, discendente di Davide, uomo che lo Spirito Santo modellò per essere proporzionato alla Madonna. Egli è il patrono della buona morte, perché tutto fa credere che la Madonna e Nostro Signore Gesù Cristo assistettero alla sua morte e lo aiutarono a portare la sua anima, sino l’ultimo momento, a quel pinnacolo di perfezione per il quale era stato creato. In modo tale che San Giuseppe, quando il suo sguardo appannato andava già spegnendosi alla vita, guardando sua Sposa e suo Figlio, colse quel che fu l'estasi di tutta la sua vita: vedere i due salire, salire, salire...E al vederLi salire, anche Lui saliva, saliva, saliva...

Quindi, nell’umile casa di Nazareth c’era una ascensione in grazia e santità delle tre persone eccelse che vi abitavano. Se in quel tempo ci fosse l’orologio capace di fare tic-tac, si direbbe che ad ogni tic-tac, quelle tre persone crescevano in grazia e santità dinanzi a Dio ed agli uomini, sino tutte giunsero a quell’auge che ognuno di loro doveva arrivarci.

Considerando che, tuttavia, quei culmini non erano uguali. Erano tre apici disuguali che si amavano intensamente, si capivano a vicenda intensamente e in cui la gerarchia anche lì voluta da Dio, era una gerarchia  con un ordine ammirevolmente  inverso: colui che era il capo famiglia nel piano umano, era chi rappresentava meno nell’ordine soprannaturale; Colui che era il bambino e che doveva ubbidienza ai due genitori, era Dio. Era una specie  di inversione. Un’inversione che fa amare ancor di più le ricchezze e le complessità di tutto l’ordine veramente gerarchico.

Da un altro lato, Dio volle un altro mistero in queste complessità nobilissime dell’ordine gerarchico. Volle che San Giuseppe fosse il rappresentante della stirpe più augusta che ci fosse mai stata sulla terra, posto che le altre stirpi – i Bragança, gli Hasbourg, ecc. – sono illustri perché in esse nacquero dei re; ma cosa dire della stirpe da cui sarebbe nato un Dio? Ed Egli volle allo stesso tempo che San Giuseppe fosse un falegname, in modo che i due estremi della gerarchia temporale si unissero in lui.

Nostro Signore Gesù Cristo è l’Uomo–Dio. La natura umana e divina sono unite in Lui. 
Nel primo caso, abbiamo  un re–operaio. Nel secondo caso, abbiamo il Creatore–creatura. In entrambi i casi abbiamo l’unione degli elementi intermediari della gerarchia mediante l’unione dei punti estremi.

La gerarchia ci si presenta qui non solo come un insieme di cime talmente alte che la nostra vista fisica e mentale fatica a raggiungere tutto quanto ciò rappresenta; ma rappresenta pure un amplesso gerarchico, disuguale ma affettuoso, dell’intero ordine sociale. In modo che quel che sta più alto abbraccia affettuosamente quel che è più in basso e dice: “Nella natura umana tutti noi siamo parte di un tutto”.


Immaginiamo la Madonna nel periodo in cui San Giuseppe era già morto e Gesù era assente, mentre predicava a Gerusalemme.
Nell’umile casa di Nazareth, con una finestra aperta dalla quale entra il chiar di luna, Lei è seduta tutta sola nell’oscurità, forse neppure una candela accesa, che prega intensamente e ricorda. Che cosa ricorda? Ricorda il passato.
Quindi, gli argomenti estranei a questi ricordi, cioè, prendere conoscenza di un inciucio del villaggio di Nazareth e come era accaduto, quale sarebbe il prossimo funzionario romano che avrebbe governato la provincia, la politica locale - questioncine che, magari per condiscendenza o per bontà, o per attrarre a sé un'anima, Lei ascoltava con attenzione - questi non erano assolutamente i temi che Le interessavano.

Quale era dunque il tema? Il tema era quel salire, salire, salire che la Vergine Santissima vide continuamente. Rifletteva su quei gradi di perfezione minore che erano rimasti indietro, ma che Lei amava tanto e che considerava con un sorriso. Quelle perfezioni in cui il Bambino Gesù era cresciuto e che Lei aveva conosciuto - per così dire, il termine è incorretto - piccoline, forse sorridendo compiaciuta di quell'episodio o di quell'altra circostanza. Quindi quale era stata la reazione di San Giuseppe e come anche lui crebbe. Percorrendo diverse volte nel suo spirito e nel suo cuore quella gamma di perfezioni in cui li aveva visto salire, pensando Lei stessa – è inevitabile – nelle varie perfezioni per le quali Lei era stata innalzata a una perfezione maggiore.

Qual’era il suo atteggiamento dinanzi alla prospettiva delle perfezioni che avrebbe acquisito sino al momento della sua morte?

Infatti, sino al momento della sua morte la Madonna non smise di progredire ed aveva una certa idea di fino a dove sarebbe arrivata. Si trovava, diciamo così, a tre quarti della scalata ed aveva ancora qualcosa da raggiungere. Intanto, alle sue spalle l’ascensione si faceva vertiginosa. L’amore che aveva a tutto ciò che era rimasto indietro era un amore inferiore all’amore che La attirava verso l’alto, perché in alto c’era Dio.

Questa gioia nel ricordare con affetto ciò che era già stato raggiunto, ossia, ciò che era inferiore al grado in cui si trovava in quell’istante - ma un punto inferiore molto simile, armonico ed affine a Lei - indica una forma di slancio, di godimento spirituale e di amor a Dio, con il quale amava Dio in ognuno dei gradi successivi in cui L'aveva fatta salire.

In quest’amore della santità minore verso quella maggiore, in quest’amore dell'eccellenza minore verso quella maggiore c’è un’armonia, una delizia, un’allegria, una forma di rispetto che è il fascino dell’ammirare, venerare e servire ciò che Lei sarebbe divenuta. Il dinamismo proprio del progresso spirituale contiene questo ed avvia ad esso.

Ho scelto l’esempio di San Giuseppe, della Madonna e di Nostro Signore Gesù Cristo affinché capiate questa gerarchia in quel che ha di più puro, di più perfetto, di più limpido, dove non c’è né egoismo né orgoglio, perché c’è questo puro amor di Dio che genera questo amore alle diverse gerarchie senza la preoccupazione di essere, fare o poter tante cose. Nulla di tutto questo. È il puro amor a Dio.

In questa terra, appunto, è così che le anime che hanno il vero senso della gerarchia amano coloro che gli sono superiori.

Plinio Corrêa de Oliveira - 30 Gennaio 1969 




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