Spunti di Teologia della Storia
Il Centro di tutti i mondi
La santa Grotta illumina vaste regioni nella mente di
Dio e ce le rivela con un misto di simboli e di realtà, che ci offre. Cosa ci
rivela infatti la rossastra lanterna, che il vento fa oscillare tra le mani di
S. Giuseppe? Il centro della santa Grotta è ancora ascoso al nostro sguardo.
Attorno al Verbo incarnato, ma non ancora comparso
alla luce, si concentrano tutte le altre cose. Egli è il centro di tutti i
mondi nella maggior parte invisibili. Le stesse sue creature, perfino la sua
divina Mamma, in quell’istante costituiscono attorno a Lui un ostacolo, che
impedisce di vederlo. Tuttavia, di tanto in tanto, Egli si manifesta come farà
ora a mezzanotte, per restar questa volta visibile, benché oscuramente, per
trentatré anni. Ma anche quando il Verbo resta nascosto Egli è tuttavia
l’attrattiva, l’unità, la vita, il significato, la riuscita e il sublime riposo
di tutti i mondi, di cui è il centro.
D’intorno a Lui, come chiostro del santuario nel quale
abita, vi sono la bellezza e la forza della santità creata, che preservano la
sua ineffabile purezza dal contatto e dalla vicinanza delle comuni creature.
Maria è in preghiera in mezzo alla santa Grotta.
A prima vista, non v’è nulla d’imponente e di
persuasivo nella sua spirituale bellezza. Molte donne betlemite L’avevano vista
passare presso le loro soglie, al pomeriggio, senz’avere notato su di Lei
alcuna caratteristica, che potesse eccitare la loro ammirazione o ridestare
almeno il loro interessamento. Forse esse avevano conosciuto, da qualche
caratteristica del suo atteggiamento o dal linguaggio di S. Giuseppe, ch’Ella
era di Nazareth. Forse l’avevano giudicata troppo giovane per uno sposo così
attempato e guardata con momentanea benevolenza per la sua condizione di
prossima maternità. Ma, prescindendo da queste impressioni, non venne loro in
mente di pensare alla sua ineffabile dignità; che non si accorsero di una luce,
di un’estasi quasi abituale, che brillava nel suo sguardo. Non si effondeva da
Lei alcun profumo, che le avvolgesse di una celeste atmosfera. Nulla c’era in
quelle donne, su cui potessero agire le attrattive dell’imponente santità di
Maria.
Così avviene sempre delle cose di Dio, le quali non
manifestano clamorosamente i loro diritti. Anzi, la loro eloquenza consiste nel
silenzio e la bellezza nella loro misteriosa discrezione. Le cose di Dio non
brillano dinanzi agli occhi per convincere forzatamente; esse toccano il cuore,
lo stemperano, lo dilatano, lo trasformano e quando l’hanno reso, in certa
misura, simile a se stesse, entrano in esso e ne prendono possesso. Esse
esigono studio e questa è una loro caratteristica. La santità è la scienza, il
cui studio dev’essere diretto e accompagnato dalle sue regole, dalla luce delle
sue scoperte e dalla delicatezza dei suoi processi. Quanto più una cosa è
vicina a Dio, tanto maggiormente la luce che la pervade è radiosa e per
conseguenza tanto più dev’essere studiata con paziente assiduità. Ne consegue
che non v’è nulla, che richieda tanto studio come la sacra Umanità di Gesù e,
dopo di lui, come l’eletta Madre della sua Umanità. A Gesù e a Maria si
avvicina di molto la tranquilla magnificenza e grandezza della santità di
S.Giuseppe.
Ecco dunque ciò che occupa il centro della santa
Grotta. La Santità increata e quella creata in una sola Persona e in due
nature, il Verbo incarnato; il Creatore bambino è là, ma ancora invisibile;
tale è l’oggetto della nostra ammirazione, del nostro amore, della nostra
riconoscenza e della nostra più assoluta adorazione. Attorno a Lui e quasi
compresi nella sua luce e bellezza, vi sono due mondi di santità creata,
ambedue vasti, gloriosi e impareggiabili. In uno di quei mondi Gesù stesso abitò
per nove mesi e si degnò di prendere dai relativi materiali gli elementi per
formare il proprio corpo e sangue creato. Egli collocò al suo fianco l’altro di
quei due mondi, appena al di fuori dell’attuale mistero dell’Incarnazione, come
un avamposto per propria difesa, come un satellite destinato al servizio di Se
stesso e di sua Madre, come un’ombra sotto la cui protezione e salvaguardia il
mistero potesse operarsi nel modo più conveniente alle divine perfezioni, come
l’ombra dell’eterno Padre, che lo seguiva dall’alto dei cieli.
La gerarchia dell’incarnazione
Questi tre mondi formano un sistema, che si può
chiamare la gerarchia dell’Incarnazione nel senso più stretto di questa parola;
oppure il nucleo di questa gerarchia, se si vuoi parlar meno strettamente benché
con perfetta esattezza. In questo ultimo caso, gli Apostoli, S. Giovanni
Battista, gli Evangelisti e altri ancora entrano nel sistema e vi partecipano.
I teologi sono abbastanza arditi nel chiamare questi tre mondi di santità con
il nome di trinità terrestre; ma l’uso dei Santi e dei pii scrittori ha ormai
consacrato questo linguaggio riverentemente arrischiato. Così la Grotta di
Betlemme è un’imponente immagine della triplice Maestà del Cielo. Ivi le ombre
divine risultano più chiaramente definite e stampate. Là sono riunite e
concentrate tutte le somiglianze tra il Creatore e la creatura. Cosi la Grotta
di Betlemme è il sacro coro della creazione, essendovi presente il Creatore in
una natura creata.
Visione beatifica terrestre
Essa ci rappresenta una specie di visione beatifica
terrestre, nella quale l’unità, le distinzioni, le relazioni e le processioni
dell’Altissimo sono così meravigliosamente riprodotte, da pervadere di
rapimento e di trepido amore l’anima degli spettatori. Che sono mai, in confronto,
i misteri dell’armonia e della poesia, le meraviglie del firmamento,
l’interessante scienza delle creazioni trascorse ed esumate dalle profonde
caverne, che nascondono pietre mute e secolari; che cosa è l’interessante
studio della materia così mutevole e varia dal ridursi con indefinite e sempre
nuove analisi nei suoi ultimi elementi, dopo i quali il genio scopritore del
chimico deluso sospetta ulteriori decomposizioni e più reconditi rifugi
attualmente irraggiungibili?
Che è mai, al paragone, il gioioso stupore
dell’entusiasta fisiologo il quale, con il microscopio alla mano, segue
pazientemente e in silenzio il principio della vita attraverso il labirinto
delle sue numerose cellule; che sono tutte queste gioie intellettuali se
paragonate al godimento, che ci procura la scienza madre fiorita nel Cielo e
cioè la teologia, la quale c’introduce così nell’interiore santuario della
creazione e ci mostra in un fulgore di luce radiosa la trinità terrestre nella
Grotta di Betlemme?
Pe. Frederick William Faber
(Tratto da “Betlemme”, una delle
note opere di questo autore spirituale inglese)
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