Questa sessione ha trattato molte volte di ambienti in quanto creati da edifici, mobili, paesaggi, ecc. Sarebbe interessante accentuare che l’elemento principale di ogni ambiente è l’uomo stesso. Una verità evidente per quanto riguarda le idee che l’uomo esterna e agli atti che pratica; ma forse meno evidente, a volte, in quel che potremmo denominare gli imponderabili della presenza umana: il portamento, l’atteggiamento, lo sguardo.
Soffermiamoci quindi nell’analisi dello sguardo umano.
Il nostro primo clichè rappresenta una delle personalità più insigne del movimento ultramontano francese del secolo XIX, Dom Prospero Guéranger, O. S. B., fondatore e Abate del famoso Monastero di Solesmes, restauratore della Santa Liturgia, scrittore esimio e grande amico di Louis Veuillot.
La fronte larga e i tratti accentuati e vigorosi, indicano intelligenza e forza di personalità. Ma tutto ciò che questi tratti possono significare è riassunto, condensato e portato alla sua più alta potenza di espressione negli occhi. Occhi grandi e chiari, pieni di luce, nei quali sembra non essersi mai rispecchiata qualsiasi debolezza o bassezza umana. Occhi grandi che sembrano fatti per l’esclusiva considerazione di quel che c’è di più trascendentale in questa vita, nonché per gli immensi orizzonti del Cielo. Ma allo stesso tempo lo sguardo di una invincibile forza perforante riguardo alle cose della terra, capace di trasporre tutte le apparenze, tutti i sofismi, tutti gli artifici degli uomini, immergendo sino al più profondo recondito degli avvenimenti e dei cuori. L’anima di un uomo giusto e contemplativo, che vede in alto e in profondità, perché vive immersa nei chiarori di un pensiero logico, illuminato da una fede impeccabilmente ortodossa.
Dinanzi a un tale sguardo, come non pensare alle belle parole del Santo Padre Pio XII nella sua allocuzione del 12 giugno scorso [1954] ai membri del 1° Congresso Latino di Oftalmologia: “Tutto si riflette negli occhi: non solo il mondo visibile, ma pure le passioni dell’anima. Anche un osservatore superficiale scopre in essi i più svariati sentimenti: collera, paura, odio, affetto, allegria, fiducia o serenità. Il gioco dei diversi muscoli facciali si trova in qualche modo concentrato e ridotto negli occhi, come in uno specchio”.
Dai grandi occhi che Dom Guéranger teneva tanto aperti verso il Cielo e a questa vita, passiamo all’ammirevole espressione degli occhi che la morte chiuse, e che solo si riapriranno solo “in novissimo die”, per contemplare i terribili splendori del Giudizio Universale.
Si tratta dell’ammirevole maschera funeraria di San Filippo Neri, il famoso apostolo di Roma nel secolo XVI. Il vigore sella sua personalità fu tale che la sua maschera mortuaria per così dire ancora risplende di finezza, di forza, di una leggera e soave ironia che sembra sul punto di aprire le labbra in un impercettibile sorriso; ma lo “sguardo” è la nota ancora più espressiva, con una fissità, una lucidità e una forza che traspone non solo le palpebre ma i veli della morte e del tempo, lasciando vedere sino in fondo la coerenza, la robustezza, la santità dell’anima che è già partita. Forza, armonia, logica di un santo che meritò vedere nel Cielo la diafana luce di Dio.
Plinio Corrêa de Oliveira
(Rivista “Catolicismo”, Settembre 1954)
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