Nel 1989, lo stesso sacerdote gli chiese di aggiornare il testo. A causa dei molteplici impegni, però, riuscì a farlo solo nel 1994, quando il sacerdote era ormai scomparso. Il testo fu finalmente pubblicato post mortem, nel 1997. I titoletti sono redazionali.
Sono tomista convinto. L'aspetto della filosofia che più mi interessa è la filosofia della storia. In funzione di essa trovo il punto d'unione tra i due generi di attività ai quali mi sono dedicato durante la mia vita: lo studio e l'azione.
Quest'ultima l'ho esercitata in un campo ben definito: la propaganda dottrinale, realizzata tanto con carattere di dialogo come pure di polemica. Per quanto la nozione e la parola sembrino anacronistiche, mi sento pienamente a mio agio nel fare questa affermazione. Il saggio nel quale condenso l'essenziale del mio pensiero spiega anche il senso della mia azione ideologica. Si tratta del libro Rivoluzione e Contro Rivoluzione.
Civiltà cristiana: in completa consonanza con i princìpi basilari e perenni della Legge naturale e divina.
Passo ad un altro presupposto di Rivoluzione e Contro Rivoluzione. Una concezione cattolica della storia deve tener conto del fatto che la Legge Antica e la Legge Nuova contengono in sé non soltanto i precetti secondo i quali l'uomo deve modellare la sua anima per imitare Cristo, preparandosi in questo modo alla visione beatifica, ma anche le norme fondamentali della condotta umana in conformità con l'ordine naturale delle cose.
Mi esimo dal comprovare le suddette affermazioni riportando le citazioni dai testi di San Tommaso o del Magistero della Chiesa, in quanto sono tanto numerose e così conosciute da coloro che studiano seriamente questi argomenti, che il lavoro risulterebbe allo stesso tempo fastidioso e superfluo. Questa osservazione vale ugualmente per altre considerazioni che appariranno in questa prima parte della presente esposizione.
Le nazioni possono raggiungere la perfetta civiltà soltanto mediante la conformità alla grazia ed alla Fede.
È vero che, benché l'uomo possa conoscere con salda certezza e senza errore ciò che nelle cose divine non è di per sé inaccessibile alla ragione umana, per effetto del peccato originale gli è impossibile praticare durevolmente la Legge di Dio [Denzinger-Schoenmetzer, 33ed, No. 3005]. Vi arriverà soltanto per mezzo della grazia. Anche così, per proteggere l'uomo contro la sua propria cattiveria e la sua propria debolezza, Gesù Cristo dotò la Chiesa di un Magistero infallibile che gli insegnasse, senza errore, non soltanto le verità religiose, ma anche le verità morali necessarie per la salvezza.
Allo stesso modo non contesto il fatto che, in paesi con popolazione a predominanza scismatica od eretica, la civiltà possa contenere importanti tratti di tradizione cristiana. Tuttavia, la pienezza della civiltà cristiana può fiorire soltanto con la Chiesa Cattolica e può conservarsi integralmente soltanto in popoli cattolici.
"Fu già un tempo che la filosofia del Vangelo governava gli Stati..."
Ma qualcuno si chiederà: quando ci fu storicamente questa perfetta civiltà cristiana? È realizzabile la perfezione in questa vita?
Questo giudizio sull'ampiezza dell'influenza della Chiesa nel Medioevo lo troviamo anche nel seguente testo di Paolo VI, riguardo il ruolo del Papato nell'Italia medievale: "Non dimentichiamo i secoli durante i quali il Papato ha vissuto la sua storia [d'Italia], difeso i suoi confini, custodito il suo patrimonio culturale e spirituale, educato a civiltà, a gentilezza, a virtù morale e sociale le sue generazioni, associato alla propria missione universale la sua coscienza romana ed i suoi migliori figli". [Allocuzione al Presidente della Repubblica Italiana, 11 gennaio 1964. Insegnamenti di Paolo VI, Tipografia Poliglotta Vaticana, vol. II, p. 69.]
Le crisi non nascono dalla mente di alcun pensatore, ma dalle passioni disordinate, istigate dal Potere delle tenebre.
C'è chi immagina che tutte le crisi della cultura e della civiltà nascano necessariamente da qualche pensatore, dalla cui vigorosa mente scaturirebbe sempre la scintilla rischiaratrice -- o distruttrice -- destinata a propagarsi, in primo luogo, negli ambienti di alta cultura, conquistando poi tutto il corpo sociale.
Orgoglio e sensualità: la loro capitale importanza nel processo di ribellione contro la Chiesa.
Due sono le passioni che possono suscitare in special modo la ribellione dell'uomo contro la Morale e la Fede cristiana: l'orgoglio e la sensualità.
Perciò, la tendenza svegliata dall'orgoglio e dalla sensualità punta all'abolizione di ogni disuguaglianza, di ogni autorità e di ogni gerarchia.
Due processi: la Fede invita all'amore per la gerarchia; la corruzione, all'ugualitarismo anarchico.
È chiaro che queste passioni disordinate, anche quando gli uomini capitolano davanti a esse, possono trovare in un'anima o nello spirito di un popolo contrappesi rappresentati da convinzioni, tradizioni, ecc.
Principali elementi dottrinali di Rivoluzione e Contro Rivoluzione.
Detto questo, possiamo riassumere i principali elementi dottrinali sui quali ho basato Rivoluzione e Contro Rivoluzione:
- la missione della Chiesa come l'Unica Maestra, Guida e Fonte di Vita dei popoli sulla via della perfetta civiltà;
- la continua opposizione delle passione disordinate, particolarmente dell'orgoglio e della lussuria, all'influenza della Chiesa;
- l'esistenza, nello spirito umano, di due poli opposti, verso uno dei quali ci si incammina necessariamente: da un lato la Fede cattolica, che invita all'amore, all'austerità e alla gerarchia; e dall'altro lato, le passioni disordinate, che incitano al libertinaggio, alla ribellione contro la legge, contro la gerarchia e contro qualsiasi forma di disuguaglianza e, alla fine, al dubbio ed alla completa negazione della Fede;
- la nozione di un"processo" -- che non toglie l'esercizio del libero arbitrio -- mediante il quale, gradualmente, gli individui ed i popoli, subendo l'attrazione dei suddetti poli contrapposti, si avvicinano ad uno dei due distanziandosi dall'altro;
- l'influenza di questo processo morale sull'elaborazione delle dottrine. Le cattive tendenze inducono all'errore; le buone tendenze, alla verità. Le grandi modificazioni nello spirito dei popoli non sono il mero risultato di dottrine elaborate da piccoli cenacoli di intellettuali che elucubrano serenamente al di fuori della realtà. Affinché una dottrina trovi eco in un popolo è necessario, la maggior parte delle volte, che le tendenze di tale popolo siano affini a questa dottrina. E non è raro che la medesima riflessione effettuata dai dotti, in privato, sia più influenzata di quanto si immagini da queste inclinazioni dell'ambiente in cui vivono.
Alcune definizioni fondamentali: Ordine, Rivoluzione, Controrivoluzione.
In base a tutto ciò è facile definire i concetti di:
- Ordine, che non è semplicemente la disposizione metodica e pratica delle cose materiali ma, secondo il concetto tomista, la giusta disposizione delle cose in base al loro fine prossimo e remoto, fisico e metafisico, naturale e soprannaturale.
- Rivoluzione, che non è essenzialmente un'agitazione di piazza, una sparatoria o una guerra civile, ma ogni sforzo che pretende disporre gli esseri contro l'Ordine.
- Controrivoluzione, ogni sforzo che punti a circoscrivere ed eliminare la Rivoluzione.
Come si può ben vedere, l'Ordine, la Rivoluzione e la Controrivoluzione possono esistere: i) nelle tendenze; ii) nelle idee; iii) nelle leggi, nelle strutture, nelle istituzioni e nei costumi.
In questa maniera, chiamo "tendenziale" la Rivoluzione in quanto esistente nelle tendenze. E "sofistica" in quanto si svolge sul terreno delle dottrine, al soffio delle tendenze.
Queste due modalità di Rivoluzione costituiscono un fenomeno eminentemente spirituale, cioè hanno come campo d'azione l'anima umana e la mentalità delle società. Formano un insieme che denomino "Rivoluzione A".
Quando la Rivoluzione passa dalla sfera in interiore homini a quella degli atti, producendo convulsioni, sconvolgendo le leggi, le strutture, le istituzioni, ecc, costituisce ciò che chiamo "Rivoluzione B".
È chiaro che queste nozioni, esposte così sinteticamente, presentano una serie di premesse ed eccezioni trattate in Rivoluzione e Contro Rivoluzione, e su cui non è qui il caso di ritornare.
Mi limito a chiarire che, delineando in queste righe ciò che vi è di più essenziale nella storia, non pretendo che essa si riduca a questo. La più elementare osservazione mostra che innumerevoli fattori -- etnici, geografici, economici, ecc. -- condizionano fortemente il corso della storia.
Le inevitabili obiezioni dell'ugualitario contro la Fede.
Mi resta da dire una parola sul nesso tra l'ugualitarismo metafisico e la Fede. Chi è radicalmente ugualitario ha, inevitabilmente, obiezioni senza fine contro la dottrina cattolica. L'idea di un Dio personale, perfetto ed eterno, che sovrasta infinitamente dall'alto le Sue creature imperfette e contingenti; dell'ordine soprannaturale che trascende il naturale; della Legge promulgata da Dio, alla quale si deve obbedire; della Rivelazione, che comunica alla mente umana verità superiori alla sua naturale capacità di conoscenza; del Magistero infallibile della Chiesa; degli elementi monarchici ed aristocratici nella sua struttura; tutto, infine, compresa la nozione di un Giudizio nel quale i buoni saranno premiati ed i cattivi castigati, irrita l'ugualitario e lo incita alla negazione.
In contrario sensu, il cattolico apprende in San Tommaso (Summa Theologica, I, q. 47, a. 2) che la disuguaglianza è una condizione necessaria per la perfezione dell'ordine creato. E, di conseguenza, le disuguaglianze di potere, scienza, categoria sociale e di fortuna sono intrinsecamente legittime e indispensabili al buon ordine, sempre che non giungano al punto di negare la dignità, la sufficienza e la stabilità di vita alla quale ha diritto ogni persona per la sua condizione di uomo, per il suo lavoro, ecc.
Prima Rivoluzione: Umanesimo, Rinascimento, Protestantesimo.
Così arriviamo al significato profondo della "Rivoluzione A sofistica" e della "Rivoluzione B" che scossero l'Europa nel XV secolo in conseguenza dell'anteriore "Rivoluzione A tendenziale" descritta sopra.
Il declino del Medioevo fu segnato da un'esplosione di orgoglio e sensualità. Questa esplosione generò tendenze ugualitarie e liberali che non fecero che progredire lungo i secoli successivi.
Nell'Umanesimo e nel Rinascimento si rivela l'ostilità al soprannaturale, al Magistero della Chiesa, così come all'austerità dei costumi. Nel Protestantesimo si trovano il libero esame, il minimalismo davanti al soprannaturale, l'impulso al divorzio, l'abolizione dello stato religioso, dell'austerità e della sottomissione espressa nei voti di povertà, castità e obbedienza, e l'eliminazione virtuale della gerarchia ecclesiastica. Effettivamente, in quasi tutte le sette protestanti esiste lo stato ecclesiastico. Ma la differenza limpida e profonda tra l'ecclesiastico ed il secolare, esistente nella Chiesa Cattolica, rimane in esse offuscata in virtù del modo in cui viene inteso il sacerdozio. Inoltre, la struttura gerarchica dello stato ecclesiastico, così come è istituita nella Chiesa, fu anche profondamente mutilata nelle sette protestanti con la negazione dell'elemento monarchico, che è il Papato. Se tra gli anglicani la tendenza ugualitaria non arrivò a sopprimere la dignità episcopale, tra i presbiteriani non vi sono più dignitari con il titolo di vescovo, ma soltanto preti. In altre sette il soffio dell'ugualitarismo giunse fino al punto di abolire perfino lo status sacerdotale.
È chiaro che mettendo in risalto l'importanza del fattore liberale ed ugualitario nell'Umanesimo, nel Rinascimento e nel Protestantesimo, non pretendo negare che abbiano concorso altre cause nella loro genesi e espansione. Dico solamente che, all'origine, nella psicologia, nelle dottrine, in quello che oggi si chiamerebbe successo propagandistico, e nelle attività concrete di queste movimenti, la "Rivoluzione A tendenziale", di significato radicalmente anarchico ed ugualitario, svolse il ruolo di forza trainante.
Neppure pretendo affermare che questa forza trainante abbia operato soltanto nelle nazioni che si separarono dalla Chiesa. Il Rinascimento e l'Umanesimo soffiarono con la massima intensità anche nei paesi che si mantennero nominalmente cattolici. E, benché la "Rivoluzione A tendenziale" non fosse arrivata a provocare una rottura esplicita con la Chiesa, svegliò tuttavia forme latenti di protestantesimo, delle quali la principale fu il giansenismo. Questo produsse un progressivo raffreddamento religioso che culminò nello scetticismo. Un attento studio dell'assolutismo monarchico, che in nessun paese protestante assunse forme più radicali che nella Francia cattolica, mostra come la politica dei monarchi assoluti, in tutto ciò che non colpiva la loro propria autorità, era contrassegnata da un certo spirito ugualitario. La riduzione dei privilegi del clero e della nobiltà, progressivamente attuata dai monarchi assoluti, tendeva all'equiparazione politica di tutti i cittadini, ugualmente sottomessi al potere del re. Il continuo appoggio dei re alla parte più attiva e sviluppata delle plebe, cioè alla borghesia, contribuì ancor più all'uguaglianza politica.
La corruzione dei costumi, che andava crescendo verso la fine del Medioevo, raggiunse nel XVIII secolo un grado tale da allarmare persino qualcuno dei suoi corifei.
La società francese, infiammata dai fattori che nei paesi nordici avevano prodotto il protestantesimo, si avviava, attraverso l'Enciclopedismo e l'Assolutismo, ad una profonda convulsione, la quale non sarebbe stata altro che la proiezione, nella sfera politica, sociale ed economica, e con nuovi sviluppi nel campo religioso e filosofico, di quella che era stata l'essenza del protestantesimo.
Così, quando quest'ultimo, alla fine del XVIII secolo, vecchio e stanco, mostrava di non avere più forza d'espansione, minato interiormente dai progressi crescenti del dubbio e dello scetticismo, conservando alcuni residui di vita grazie principalmente al sostegno dello Stato, le tendenze liberali ed ugualitarie raggiunsero l'apice in Francia. L'Umanesimo ed il Rinascimento erano morti da molto tempo. Nel Protestantesimo, come si è detto, tutto si era logorato. Ma ciò che questi tre movimenti avevano di più dinamico e fondamentale -- lo spirito che li aveva suscitati -- gli sopravvisse, risultando più forte che mai. Detto spirito doveva gettare la Francia, e poi tutta l'Europa, in un cataclisma liberale ed ugualitario.
La Rivoluzione francese era in tal modo marcata dallo spirito protestante che la Chiesa Costituzionale, da essa creata, non era altro che un mal dissimulato strumento per instaurare in Francia un vero protestantesimo. Il sentimento ugualitario, antimonarchico e anti-aristocratico della Rivoluzione francese è la proiezione, nella sfera civile, della tendenza ugualitaria che aveva portato il Protestantesimo a respingere gli elementi aristocratici e monarchici nella gerarchia ecclesiastica. Il fermento comunista, che lavorava all'estrema sinistra della Rivoluzione e che finì per esprimersi in movimenti come quello di Babeuf, non era altro che la versione laica dei movimenti radicali, come quello dei Fratelli Moravi, che germogliarono da ciò che si poteva chiamare l'estrema sinistra protestante. La completa laicizzazione dello Stato, la parodia greco-romana, la continua evocazione delle repubbliche del paganesimo classico, mostravano l'effetto dell'Umanesimo, del Rinascimento e dell'Enciclopedismo sulla Rivoluzione Francese.
Dobbiamo insistere. Il Protestantesimo, l'Umanesimo, il Rinascimento non furono altro che aspetti che lo spirito anarchico e ugualitario adottò nella sua lunga traiettoria storica. Questi aspetti si estinsero in parte perché lo spirito che li aveva suscitati, distruttore per eccellenza, li annichilì per andare sempre più avanti. La Rivoluzione francese non fu se non un nuovo aspetto, ancora più energico, di questo stesso spirito.
La Rivoluzione francese si propagò in tutta l'Europa sulla punta delle baionette napoleoniche.
Attraverso vicissitudini storiche ben conosciute, la Rivoluzione francese, apparentemente conclusa con l'instaurazione dell'Impero, si propagò in tutta l'Europa sulla punta delle baionette napoleoniche. Le guerre e le rivoluzioni che contrassegnarono il periodo dal 1814 al 1918, cioè dalla caduta di Napoleone fino alla caduta degli Asburgo, dei Romanov e degli Hohenzollern, formano un complesso di convulsioni nel corso delle quali l'intera Europa si trasformò secondo lo spirito della Rivoluzione francese. I risultati della II Guerra Mondiale non fecero che accentuare ancor di più questa metamorfosi. Attualmente, resta soltanto una mezza dozzina delle antiche monarchie europee e tutte così timide e docili nel lasciarsi modellare sempre di più dallo spirito repubblicano, da dare l'impressione di scusarsi costantemente se sono ancora in vita.
Nell'esporre queste osservazioni, non voglio negare in alcun modo che nelle strutture distrutte esistessero veri abusi, i quali richiedevano di essere corretti. Neppure voglio dire che l'adozione di una forma di governo elettiva e popolare possa essere solo il risultato dello spirito ugualitario e liberale che sto analizzando. Ciò non sarebbe la verità a livello dottrinale e neppure si giustificherebbe di fronte alla storia. Il Medioevo conobbe diverse strutture politiche aristocratiche, anche se non monarchiche, come la Repubblica di Venezia, e varie strutture senza carattere monarchico né aristocratico, come certi cantoni elvetici e città libere tedesche. Tutte queste forme di governo convivevano pacificamente tra di loro, poiché appariva chiara la legittimità delle diverse forme di governo secondo i tempi, i luoghi e le altre circostanze.
La Rivoluzione che scoppiò alla fine del Medioevo era animata da uno spirito completamente differente da quello che portò alla formazione degli Stati aristocratici o borghesi dell'Europa medievale. Questo spirito comportava l'affermazione della libertà assoluta e anarchica e dell'uguaglianza completa come unica regola di ordine e di giustizia, valide per tutti i tempi e luoghi.
Da parte sua, detto spirito minò la società borghese, politicamente ugualitaria, a cui diede origine. E passò, alla fine, a manifestare la più audace delle sue affermazioni nella terza grande Rivoluzione dell'Occidente, che è il comunismo.
La concezione ugualitaria si espresse nella "Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo" -- magna charta della Rivoluzione francese e dell'era che inaugurò -- in tutta la sua crudezza: "Gli uomini nascono e permangono liberi ed uguali nei loro diritti". È chiaro che questo principio è suscettibile di una corretta interpretazione. Fondamentalmente, cioè considerati nella loro natura, tutti gli uomini sono realmente uguali. Sono disuguali soltanto per le loro caratteristiche accidentali. D'altra parte, per essere dotati di un'anima spirituale e quindi di intelligenza e di volontà, sono fondamentalmente liberi. I limiti di questa libertà si trovano soltanto nella legge naturale e divina e nel potere delle diverse autorità spirituali e temporali alle quali devono sottostare gli uomini.
Nessuno può negare che in ogni tempo siano esistite autorità che violarono la fondamentale uguaglianza e la fondamentale libertà dell'uomo, ed è evidente che nel corso della storia vi furono, di contro, successivi movimenti di difesa contro gli eccessi dell'autorità per cercare di contenerla nei suoi giusti limiti. Ed è ugualmente indiscutibile che tali movimenti, in quanto circoscritti a questo obiettivo, meritino soltanto plauso. L'uguaglianza e la libertà -- rettamente intese -- potevano utilmente essere riproposte nel XVIII secolo come in qualsiasi altra epoca.
È certo che, nel 1789, tra i rivoluzionari della prima ora, c'erano persone che non desideravano che un giusto argine al potere pubblico, ed intendevano l'uguaglianza e la libertà promulgate dalla "Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo" nella sua interpretazione più accettabile.
Ma il testo della famosa dichiarazione era troppo generico: affermava l'uguaglianza e la libertà senza porre loro alcuna restrizione, favorendo un'interpretazione elastica e inaccettabile, e quindi un'uguaglianza ed una libertà assoluta e senza freni.
Ovviamente, questa interpretazione era quella che corrispondeva allo spirito della Rivoluzione nascente. Lungo il suo corso si sbarazzò di tutti quei suoi seguaci che non si adeguavano a questo spirito. La caccia ai nobili ed ai chierici fu seguita dalla caccia ai borghesi. Doveva soltanto sopravvivere il lavoratore manuale.
Dopo la caduta del Terrore, la borghesia europea, desiderosa di eliminare le antiche classi privilegiate, continuò ad affermare gli "immortali princìpi" del 1789. Lo faceva in modo ambiguo e imprudente al fine di ottenere l'appoggio delle masse popolari contro il potere del re, dell'aristocrazia e del clero, incurante del fatto che avrebbe suscitato in loro la tendenza verso l'uguaglianza e la libertà complete.
Questa imprudenza facilitò in ampia misura la nascita del movimento che avrebbe sfidato il potere della borghesia.
Se tutti gli uomini sono liberi ed uguali, con quale diritto esistono i ricchi? Con quale diritto i figli ereditano, senza lavorare, i beni dei loro genitori?
Una burla l'uguaglianza politica senza quella sociale ed economica, proclamò il comunismo utopistico.
Prima che l'industrializzazione formasse le grandi concentrazioni di sottoproletari affamati, il comunismo utopistico denunciava già come una burla la mera uguaglianza politica istituita dalla borghesia ed esigeva l'assoluta uguaglianza sociale ed economica. L'anarchia, che sognava una società senza autorità, guadagnava terreno. Questi princìpi radicali, che ebbero un numero ristretto di militanti nella fase del comunismo utopistico, raggiunsero più tardi una prodigiosa diffusione in Occidente. A poco a poco minarono anche la mentalità di non pochi monarchi, potenti ed altre personalità civili ed ecclesiastiche. Istillarono così, in ampie frange dei beneficiari dell'ordine allora vigente, una certa simpatia per la "generosità" degli ideali libertari ed ugualitari, nonché un "rimorso" riguardo la legittimità dei poteri dei quali erano investiti.
La grande realizzazione di Carlo Marx non fu, a mio parere, l'elaborazione del cosiddetto comunismo scientifico, dottrina confusa e indigesta che pochi conoscono. Il marxismo è tanto ignorato dalle basi comuniste e dall'opinione pubblica dei nostri giorni quanto le elucubrazioni di Plotino o Averroè. Marx riuscì, questo è vero, a scatenare l'offensiva comunista mondiale collegando gli adepti di una tendenza radicalmente ugualitaria e anarchica, ispirata al comunismo utopistico.
In altre parole, se i leader marxisti sono imbevuti di Marx in maggiore o minore misura, i soldati da loro comandati ordinariamente non sono in grado di apprendere la dottrina. Ciò che li porta a seguire i capi sono vaghi aneliti di uguaglianza e di giustizia ispirati al socialismo utopistico. E se i marxisti trovano in certi settori dell'opinione publica un'aureola di simpatia, lo devono in fondo all'irradiazione quasi universale dei princìpi ugualitari della Rivoluzione francese e del sentimentalismo romantico inerente al socialismo utopistico.
Un sostrato ugualitario e anarchico continua ad influire profondamente sull'opinione pubblica.
Da tutte queste considerazioni risalta con chiarezza il fattore che è la causa principale del caos nel quale va sprofondando l'Occidente e verso il quale sta trascinando il resto del mondo. Questo fattore consiste nell'accettazione assai generalizzata delle tendenze e dottrine di sostrato ugualitario e anarchico che, sebbene interamente démodées nei circoli propriamente intellettuali, continuano tuttavia ad influire profondamente sull'opinione pubblica. E così servono da esca ai comunisti per trascinare dietro di loro, in determinate congiunture politiche, le moltitudini con le quali intendono demolire le ultime vestigia di sacralità e gerarchia della civiltà cristiana ancora esistenti.
Questo non vuol dire che il pensiero di Proudhon e dei suoi correligionari costituisca il grande motore ideologico degli avvenimenti contemporanei. Gli utopisti sono morti e quasi nessuno si ricorda di loro. Essi non furono che una tappa nella grande traiettoria cominciata con i movimenti ideologici e culturali del XV secolo. Contribuirono a universalizzare le aspirazioni di livellamento economico-sociale che la Rivoluzione francese conteneva soltanto in germe. Dette aspirazioni di totale uguaglianza economica e sociale, di cui gli utopisti furono solo i portavoce, raggiunsero un'eco diffusa in tutto il mondo. Questa eco prosegue lungo la storia molto dopo che sono caduti nel dimenticatoio sia loro che le loro opere.
Se vogliamo, quindi, fermare il cammino verso la nuova catastrofe che incombe, bisogna principalmente eliminare il tragico errore dottrinale che identifica l'uguaglianza assoluta con la giustizia assoluta, e la vera libertà -- alla quale la Verità e il Bene assoluto hanno diritto -- con il via libera e anche il sostegno a tutti gli errori e a tutti i disordini.
Tutto questo ci conduce a pensare alla Controrivoluzione.
La Controrivoluzione deve segnalare gli errori metafisici fondamentali della Rivoluzione.
Nel corso degli ultimi secoli molti movimenti si sono levati contro il processo rivoluzionario. Tuttavia il loro successo fu effimero e, a volte, addirittura nullo. Non che a questi movimenti mancasse l'appoggio di brillanti talenti, né di persone collocate in posizioni elevate, né di ampi settori popolari. Ma questi movimenti si limitarono, la maggior parte delle volte, a combattere contro l'una o l'altra delle espressioni religiose, politiche, sociali ed economiche della Rivoluzione. Sebbene di tanto in tanto indicassero gli errori rivoluzionari più profondi e di portata metafisica, non insistevano sufficientemente su di loro. Di conseguenza la Rivoluzione continuava imperterrita il suo corso.
Altri giudicavano più abile usare il suo linguaggio e le sue tecniche per fermarla e scagliarsi contro qualcuno degli innegabili abusi che la stessa Rivoluzione denunciava. In questo modo cercavano di "toglierle i pretesti"Certo, combattere gli abusi è sempre meritorio. Ma quanta ingenuità c'era nell'immaginare che la forza della Rivoluzione avesse le radici soprattutto nell'indignazione causata da certi abusi contro i quali si scagliava! La storia ha provato quanto fosse fallace questa tattica. Alcuni abusi, che esistevano alcuni decenni or sono, furono corretti così efficacemente in Europa che Pio XII potè dire ai cattolici riuniti a Vienna per il Katholikentag:
"La Chiesa guarda oggi indietro alla prima epoca delle lotte sociali contemporanee. Al centro dominava la questione operaia: la miseria del proletariato e il dovere di elevare questa classe, consegnata senza difesa alle incertezze della congiuntura economica, alla dignità delle altre classi dotate di diritti concreti. Questo problema può essere oggigiorno considerato risolto, almeno nella sua essenza, e il mondo cattolico ha contribuito in modo leale ed efficace a questa soluzione". [Radiomessaggio del 14 settembre 1952. Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, Tipografia Poliglotta Vaticana, vol. XIV, p. 313.] E tuttavia, la Rivoluzione continua a ruggire più minacciosa che mai.
Così, senza negare il carattere meritorio di tanti movimenti di valenza controrivoluzionaria nel passato o nel presente, senza neppure negare ciò che vi è di benemerito nella lotta contro le ingiustizie insite nell'attuale ordine di cose, mi sembra che la grande necessità dei nostri giorni consista nel segnalare gli errori metafisici fondamentali della Rivoluzione e l'intimo nesso esistente tra queste tre grandi ondate che si rovesciarono contro la Cristianità occidentale: in una prima tappa l'Umanesimo, il Rinascimento e la Pseudo-Riforma protestante (prima Rivoluzione); più tardi la Rivoluzione francese (seconda Rivoluzione); ed infine il Comunismo (terza Rivoluzione).
Nel campo delle idee non esistono soltanto l'antico ed il nuovo ma, soprattutto, il vero e l'eterno.
Nel leggere questo "autoritratto filosofico" sarà venuta in mente a molti, fin da principio, un'obiezione: tutto questo è anacronistico e incapace di attecchire nel mondo in cui viviamo.
I fatti parlano in senso contrario. Nel campo delle idee non esiste soltanto l'antico ed il nuovo come vogliono gli evoluzionisti. Esiste, soprattutto, il vero, il buono, il bello ed il perenne, in irriconciliabile contrapposizione con l'errore, il male ed il mostruoso. E di fronte al verum, bonum e pulchrum significativi settori della gioventù moderna non solo non rimangono insensibili, ma si schierano risolutamente a favore della sua espansione.
La tradizione del perenne non è morte, ma vita. Vita di oggi e vita di domani. Non si spiegherebbe in altro modo l'influsso delle diverse TFP tra i più giovani.
Non pretendo tanto difendere solamente il passato, quanto collaborare -- assieme ad altre forze vive -- per influire sul presente e preparare il futuro. Sono sicuro che i princìpi ai quali ho consacrato la mia vita sono oggi più attuali che mai e indicano il cammino che il mondo seguirà nei prossimi secoli.
Gli scettici potranno sorridere, ma il sorriso degli scettici non è mai riuscito a fermare la marcia vittoriosa di coloro che hanno Fede.
(Plinio Corrêa de Oliveira. Testo tratto da "Il Pensiero di Plinio Corrêa de Oliveira", supplemento a Tradizione Famiglia Proprietà, Anno 3, N. 7, Marzo 1997)
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