venerdì 21 febbraio 2014

"In difesa della A.C." - PRIMA PARTE, Cap. I

IN DIFESA DELL’AZIONE CATTOLICA 



Previsioni del nostro Fondatore
contro gli errori del progressismo
che dilagano sino ad oggi

PRIMA PARTE

Natura Giuridica dell’Azione Cattolica

Capitolo I 

Dottrina sull’A.C. e il mandato della Gerarchia

Origine degli attuali organismi dell’A.C.

La prima questione che dobbiamo esaminare verte sulla natura giuridica dell’A.C. Prima del Pontificato di Pio XI, l’espressione “azione cattolica” era usata per designare genericamente l’apostolato laico, e tutti gli sforzi fatti, in questo campo, per la ricristianizzazione dell’individuo, della famiglia e della società. Così, potevano legittimamente usare il titolo di opere d’azione cattolica tutte le organizzazioni che si dedicassero a questo incarico. Durante il Pontificato di Pio XI, furono istituite organizzazioni con la speciale finalità di promuovere ed articolare sistematicamente  l’apostolato laico, e a queste nuove organizzazioni la Santa Sede diede il nome di Azione Cattolica.
Quindi, un gran numero di trattatisti iniziarono a fare una distinzione tra le nuove organizzazioni chiamate “Azione Cattolica”, le uniche ad avere il diritto a usare questo nobile titolo con le maiuscole, e, l’ “azione cattolica”, come una designazione generica per le attività di apostolato laico anteriori alla fondazione del’A.C., nonché per le organizzazioni di apostolato sopravvissute dopo la fondazione di quest’ultima, le quali continuarono estranee ai suoi quadri fondamentali.


Natura giuridica dell’A.C.: il mandato dell’A.C.

Qual è la natura giuridica [1] delle organizzazioni dell’A.C.?

Si usa affermare che, creando queste nuove ed importantissime organizzazioni di apostolato laico, e convocando tutti i fedeli affinché in esse si iscrivessero, Pio XI formulò un mandato inequivocabile e solenne, che conferì al laicato iscritto all’A.C. una posizione nuova dentro la Chiesa.


Nozioni sul mandato

Spieghiamo meglio questa dottrina. Come si sa, Nostro Signore Gesù Cristo ordinò a Pietro e agli altri Apostoli che continuassero la sua opera predicando a tutti i popoli la Buona Novella, introducendoli, con il Battesimo, nella vita della grazia e governandoli in questa vita sino al possesso dell’eterna beatitudine. L’espressione imperativa della Volontà del Divino Maestro – che costituisce un comandamento, in latino “mandatum” – determinò per i Dodici e per i loro successori un obbligo, un onere, un incarico e nel contempo un potere. Infatti, vincolati dal Divino Maestro a predicare la Verità, a distribuire i Sacramenti e a governare le anime, tutto quanto facevano nell’adempimento di questo incarico, lo facevano per volontà del Redentore, il che li rendeva autentici rappresentanti ed ambasciatori, mandatari investiti di tutta l’autorità che Nostro Signore Gesù Cristo ebbe di diritto, e propriamente, nell’adempiere la sua missione in terra. Dunque questo “comandamento” di fare apostolato è propriamente una delega imperativa che fa degli Apostoli veri “mandatari”.


Senso ecclesiastico e civile del “mandato”

Insistiamo, pertanto, in una differenza degna di nota: mentre le deleghe correntemente utilizzate nella vita civile sono liberamente esercitate dal mandatario [*], che può dimettersi in qualsiasi momento, il mandato dato a San Pietro e agli Apostoli era imperativo e imponeva un doppio obbligo, cioè, quello di accettare la delega e di esercitarla in conformità con la volontà del Divino Maestro. I poteri ricevuti da San Pietro e dagli Apostoli si trasmisero al Sommo Pontefice e alla Gerarchia Ecclesiastica, di secolo in secolo, e fanno degli attuali governanti della Chiesa i legittimi successori dei Dodici.

[*] Mandatario: Persona che agisce per conto del mandante e si impegna a rispettare il mandato da lui ricevuto SIN incaricato, emissario.


Carattere gerarchico dell’A.C., dedotto dal mandato

Tracciate queste nozioni preliminari, volgiamo lo sguardo sulla storia del grande e luminoso pontificato di Pio XI. Molti trattatisti dell’A.C. accentuano che l’urgenza delle circostanze in cui la Chiesa viveva allora – e che purtroppo si trovano lungi dall’essere cessate – portò il Pontefice a:

1 – ordinare a tutti i laici di combattere nell’opera dell’apostolato;

2 – fondare un’organizzazione dentro i cui quadri e sotto la cui gerarchia interna tutto questo lavoro doveva essere fatto;

3 – e, implicitamente, assegnare a questa organizzazione lo stesso obbligo, imporre lo stesso compito, incarico od onere imposto a ciascuno dei suoi membri.

Tra questi fatti, così dipinti, e il mandato di Nostro Signore Gesù Cristo alla Gerarchia, furono indicati due punti di contatto:

1 – di analogia: le situazioni erano simili, dato che la Gerarchia aveva proceduto nei confronti dell’Azione Cattolica in un modo che, evidentemente, ricordava l’atteggiamento di Nostro Signore nello stabilire in autorità i Dodici;

2 – di partecipazione: la Gerarchia aveva trasmesso dei poteri all’Azione Cattolica. Quali poteri? Evidentemente, non da un’altra fonte bensì da quella dalla quale li aveva ricevuti. Dunque, i poteri o funzioni trasmessi sarebbero di natura gerarchica, cioè, “partecipavano dell’apostolato gerarchico della Chiesa”, secondo la definizione di Pio XI.


Conseguenze concrete:

Ci perdonino i lettori la monotonia delle enumerazioni che facciamo: non esiste un processo migliore per proiettare luce, quanto possibile, su argomenti di per sé sottili e complessi, e che inducono facilmente gli spiriti alla confusione. Quindi, ora enumeriamo le conseguenze pratiche che decorrerebbero da tutto ciò che è stato esposto:

a) – quanto alle altre organizzazioni del laicato

1 – creando un organismo speciale per l’esercizio di questo mandato, il Santo Padre Pio XI rese ben chiaro che questo mandato non spettava agli organismi di apostolato pre-esistenti, ma soltanto alla struttura giuridica dell’A.C.;

2 – posto questo, solo per mezzo della sua iscrizione in questo organismo, e agendo in unione con esso, il fedele realizza il compito indicato dal Pontefice, e in questo modo solo il membro dell’A. C. possiede il mandato;

3 – e, quindi, non possiede il mandato qualsiasi altra associazione estranea ai denominati “organismi fondamentali” dell’Azione Cattolica, nonché tutti i membri di quelle associazioni i quali non si siano personalmente iscritti in uno dei suddetti “organismi fondamentali”;

4 – dal mandato conferito agli organismi fondamentali dell’A.C. deriverebbe che tutte le altre associazioni preesistenti, ogni qualvolta attuassero una qualunque finalità dell’A.C., si conserverebbero, per sopravvivenza, nel terreno da essa concesso, il che comporta l’affermare che dovrebbero sparire:

5 – e, siccome la Santa Sede ha voluto procedere paternamente non applicando la pena capitale alle istituzioni un tempo benemerite, insinua – mentre elargisce loro ogni tanto degli elogi – che la loro epoca è passata, indicando così ai laici zelanti ed intelligenti, “buoni intenditori per i quali poche parole bastano”, che evitino di iscriversi e di operare in tali associazioni, oggi ormai in stato pre cadaverico;

6 – certuni concedono che potrebbero sopravvivere le associazioni a carattere specificamente pio, dato che, dicono, l’A.C. non si prende cura della pietà; altri intendono che l’A.C. basta a tutto, e che anche queste associazioni sono interamente superflue e devono morire: se “non sunt multiplicanda entia sine necessitate” [Non si devono moltiplicare le cose se non ne sussiste la necessità], per loro è cessata la ragion d’essere;

7 – pertanto, gli uni e gli altri pensano che l’apostolato debba essere svolto dalla sola A.C., e che, finché non finiscono di morire, le altre associazioni  di apostolato devono esercitare attività modeste, smorzate e senza rilievo, le uniche compatibili con il processo involutivo di chi si appresta a essere sepolto;

8 – c’è chi non va tanto lontano e intende che difatti le associazioni preesistenti agli attuali quadri giuridici dell’A.C. non devono morire, né abbandonare l’apostolato, ma devono occupare con le loro opere e lavori una posizione interamente secondaria, visto che, non esercitando un apostolato “mandato”, devono soltanto mietere le rare spighe che la falce dei mietitori accreditati ha ancora lasciato, per eccesso di lavoro, nel campo del Padre di famiglia.

b) quanto alla Gerarchia

Queste sono le conseguenze concrete che, logicamente o illogicamente, derivano dalle dottrine che abbiamo esposto, per quel che si riferisce ai rapporti dell’A.C. con le altre associazioni cattoliche. Tuttavia, sono ancor più  importanti gli effetti che ne derivano nel campo dei rapporti dell’A.C. con la Gerarchia:

1 – Alcuni intendono che la parola “partecipazione” deve essere presa nel suo senso più esatto e stretto, e che il mandato concesso dal Santo Padre Pio XI ha incorporato i membri dell’A.C. alla Gerarchia della Chiesa;

2 – Altri intendono che i membri dell’A. C. non partecipano alla Gerarchia ma all’apostolato della Gerarchia, oppure che, in altri termini, senza appartenere alla Gerarchia esercitano funzioni di carattere gerarchico, così come, ad esempio, il sacerdote che riceve il potere di cresimare esercita funzioni episcopali, senza tuttavia, essere Vescovo;

3 – Su entrambe le opinioni si sono basati molti commentatori per sostenere che l’A. C. è stata investita di una tale autorità, che i laici ad essa affiliati dipendono direttamente dai Vescovi, da cui hanno ricevuto il mandato, e in nessun modo dai Parroci od Assistenti Ecclesiastici, i quali non hanno il potere di conferire incarichi gerarchici. In Italia vi è stato chi ha sostenuto che, concesso il mandato dal Sommo Pontefice, i membri dell’A. C. dipendevano solo da lui e non dall’Episcopato, nonché ricevevano i suoi ordini attraverso la Giunta Centrale Romana, la quale funziona sotto la diretta autorità del Santo Padre.

Insistiamo ancora su due altre conseguenze importanti che da ciò vengono  solitamente tratte:

c) – quanto all’organizzazione e ai metodi di apostolato dell’A.C.

1 – il mandato conferisce all’apostolato dell’A.C. una fecondità irresistibile, non nel senso figurato e letterario del termine, ma nel suo senso proprio ed etimologico;

2 – dotata così di invincibili risorse per la santificazione dei propri membri, come pure per attrarre i fedeli ad essa estranei, o persino gli infedeli, l’A.C. deve avere dei metodi di organizzazione interna e di apostolato esterno totalmente diversi di quanto fin qua è stato praticato.

Lasciando per i capitoli ulteriori queste due ultime questioni, così come il problema dei rapporti dell’A.C. con le altre organizzazioni, incominciamo col trattare dell’essenza giuridica dell’A.C. e dei suoi rapporti con la Gerarchia Ecclesiastica.


Osservazioni importanti

Non vorremmo, pertanto, chiudere  questo capitolo senza accentuare che è estremamente difficile qualsiasi schematizzazione degli errori esistenti nell’A.C.. Dato che sono frequentemente frutti di passioni ora più, ora meno vivaci, vi è una grande molteplicità di posizioni intermedie che possono essere prese. Perciò, cerchiamo di indicare soltanto, e d'altronde in maniera tanto completa quanto possibile, le posizioni più caratteristiche; confutate queste, le intermedie cadono da sé.

[1] Ogni qualvolta usiamo l’espressione “natura giuridica”, lo facciamo nel senso di “costitutivo formale”.

[continua]

(Traduzione a cura di Umberto Braccesi)







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