giovedì 12 marzo 2015

Come poté il mondo odiare Colui che fece tanto bene?






L’immagine di questa pagina riproduce una tela di Pflock (secolo XVI), custodita nel Museo di Gand: "L’incoronazione di spine". Intorno al Divino Redentore, con le mani legate e rivestito di una porpora da scherno, si riuniscono cinque figure.
In primo piano, un uomo Gli stende una canna a guisa di scettro, e allo stesso tempo, con un saluto caricaturale, si toglie il copricapo e tira fuori la lingua.
A fianco, un altro spalanca la bocca con un atteggiamento beffardo. Gli altri, sullo sfondo, sono impegnati a conficcare sul capo adorabile del Salvatore, a guisa di corona, una specie di immenso copricapo di spine. Al centro il Figlio di Dio, che esprime il suo dolore fisico, ma soprattutto l’intensa sofferenza morale, la quale supera il tormento del corpo e che permea interamente la Vittima divina. Si direbbe che Gesù soffra del rancore di questi miserabili carnefici, ma che questo odio non è altro che la riva di un immenso oceano di rancore che si estende oltre, sino ai limiti dell’orizzonte. Ed è su questo oceano che si sofferma lo sguardo di Gesù in una dolorosa meditazione.
Il quadro di Pflock focalizza un aspetto importantissimo della Passione: il contrasto tra la santità infinita e l’amore ineffabile del Redentore, e la insondabile bassezza e implacabile odio di coloro che Lo suppliziarono ed uccisero. In questo contrasto si evidenzia l’irriducibile opposizione tra la Luce - "erat lux vera" (Gv.I,9) - e i figli delle tenebre, tra la Verità e l’errore, l’Ordine e il disordine, il Bene e il male.
"Popule meus, quid feci tibi? Aut in quo contristavi te?" "Popolo mio, che male ti feci? In che cosa ti rattristai?" Queste parole, che la Liturgia del Venerdì Santo pone sulle labbra di Nostro Signore, sono proprio al centro del tema che abbiamo enunciato.
Che un uomo odii chi gli fa del male, può essere censurabile, ma non incomprensibile. Però, come può un uomo odiare chi è buono, chi gli fa del bene? Questo problema è vecchio quasi quanto l’umanità. Perché Caino odiò Abele? Perché i giudei perseguitarono e non di rado uccisero i Profeti? Perché i romani perseguitarono i cristiani?
Più recentemente, perché i protestanti sparsero tanto sangue di martiri cattolici, perché la Rivoluzione Francese agì allo stesso modo ed altrettanto fece la Rivoluzione Bolscevica in Russia? Come spiegare l’odio dei comunisti nella guerra civile spagnola, nelle persecuzioni del Messico, dell’Ungheria e della Jugoslavia?
Sappiamo bene che, formulate così, tali domande sembrano a molti un po’ semplicistiche. L’odio dei nemici della Chiesa non sempre fu gratuito. Non mancarono, a volte, anche da parte dei cattolici, provocazioni ed eccessi che generarono delle reazioni. D’altro canto, vi furono in certi casi, equivoci, malintesi ed incomprensioni che diedero luogo a violenze. Vi furono allora dei martiri, non perché la Chiesa fosse debitamente conosciuta e odiata come tale, ma precisamente perché era sconosciuta o ingiustamente deformata.
Non neghiamo nulla di questo. Tuttavia, ridurre a queste cause l’odio delle tenebre contro la Luce, del male contro il Bene sarebbe, questo sì, una singolare esemplificazione del problema.
È quello che nella Passione si evidenzia con solare chiarezza.
Osserviamo preliminarmente che, se i cattolici possono avere dei difetti, Nostro signore non li ebbe. Su questo non può esserci alcun dubbio, sia in merito alla sostanza che alla forma della sua predicazione, sia riguardo al tatto che all’opportunità con cui insegnava, sia ancora per quanto attiene al carattere edificante dei suoi esempi, al valore apologetico dei suoi miracoli, e all’aspetto santissimo e trascinante della sua Persona.
Egli non fornì pretesti a nessuna legittima obiezione, a nessuna fondata recriminazione. Al contrario, fu solo prodigo di occasioni per farsi adorare e seguire.
Tuttavia, anche Lui fu odiato, persino più dei suoi fedeli lungo i secoli. Come si spiega? È perché nei figli delle tenebre c’è un odio che si rivolge precisamente contro la Verità e il Bene. È quindi inutile voler attribuire il tutto ad un mero gioco di equivoci. Questi senz’altro ci furono, ma non servono a risolvere il problema.
Qualcuno forse dirà che questo odio è molto semplice da spiegare. La Legge di Dio è austera. Chi non vuole assoggettarsi ai sacrifici che comporta la sua osservanza, disubbidisce e facilmente si ribella. La ribellione a sua volta genera l’odio, specialmente l’odio contro la Verità ed il Bene. Ed è tutto spiegato.
Non neghiamo che nella generalità dei casi sia qui la radice dell’odio contro Dio. Ma per capire bene il problema, non si devono trarre conclusioni affrettate. Ogni peccato è un’offesa a Dio. Ma ci sono peccatori che serbano una certa tristezza del male che praticano ed una certa ammirazione del bene che non fanno. Perciò, si rammaricano della vita che conducono, consigliano agli altri di non seguire il loro esempio e prestano omaggio a coloro che vivono rettamente. In conseguenza di questo atteggiamento umile, molte volte Nostro Signore concede loro grandi grazie ed essi ritornano al cammino della salvezza.
Se in Israele ci fosse stato soltanto questo genere di peccatori, non credo che Gesù sarebbe stato perseguitato, ed ancor meno crocifisso. Se tra questi ci fosse stato Caino, non avrebbe ucciso Abele. Se tutti i peccatori della Storia fossero stati come questi, essa non avrebbe registrato le orrende persecuzioni di cui abbiamo appena parlato.
Come sono, allora, i peccatori che rappresentano quelle anime che si sono dannate a causa delle persecuzioni che hanno mosso contro la Chiesa? E’ questo il problema.
Il peccatore rattristato e vergognoso di cui abbiamo trattato, non può essere chiamato propriamente un empio. Egli scivolerà verso l’empietà se si infangherà nel peccato sino a perdere la tristezza di praticarlo e l’ammirazione per coloro che esercitano la virtù. Ne deriverà, quindi, un primo grado di empietà, che condurrà all’indifferenza per la Religione e la morale.
All’empio di questo genere importano soltanto i suoi interessi personali. Per lui fa lo stesso vivere in un ambiente buono o cattivo: purché guadagni soldi e faccia carriera o si diverta, qualsiasi cosa gli sta bene.
Ovviamente questa empietà è molto censurabile. Ne furono rei tutti coloro che a Gerusalemme assistettero alla Passione come meri curiosi. E quelli che nel corso della storia, sino ad oggi, si ritengono nel diritto di assistere alla lotta tra i figli della luce e i figli delle tenebre senza prendere partito, come una egoistica "terza forza".
Ancora una volta, però, gente di questo tipo, soltanto di suo, non avrebbe praticato il deicidio.
Eppure ci sono anime che vanno oltre. Mosse dalla sensualità, dall’orgoglio, da qualsiasi altro vizio, portano la malizia così lontano, si identificano col peccato in tal modo, che giungono a sentirsi bene solo dove sono lusingate le loro cattive abitudini, e non sopportano nulla che costituisca una censura e nemmeno un mero disaccordo nei loro riguardi. Ne deriva un odio verso i buoni e verso il Bene, verso i paladini della Verità e alla Verità stessa, che fornisce loro una sorta di ideale negativo. Voltaire lo espresse molto bene nel suo motto "écraser l’infâme", cioè, "schiacciare l’infame" (l’"infâme" sarebbe stato il Verbo Incarnato!). Farne l’anelito di tutti i momenti, oppure "l’ideale" di una vita, ecco dove sta la quintessenza dell’empietà.
Gente così, ha tutti i requisiti per pianificare, ordire e compiere la persecuzione. Se in Israele non ci fosse stata gente così, Nostro Signore non sarebbe stato crocifisso.
Dio non nega la sua grazia a nessuno. Anche gli empi come questi possono convertirsi, e di tutto cuore. Tuttavia, è doveroso aggiungere che, finché non lo fanno, portano già in questa terra la più rilevante caratteristica dei condannati all’inferno.
In effetti, in generale si pensa che i dannati, se potessero, fuggirebbero tutti verso il Cielo. Non è vero. Essi odiano tanto Dio che se anche potessero liberarsi dal fuoco eterno in cui sono prigionieri, non lo farebbero se ciò comportasse di prestare a Dio un atto di amore e di ubbidienza.
Tale è la forza di quest’odio; ed è sotto questa luce che si capisce bene colui che potremmo soprannominare empio di secondo grado.
Fu questa accurata empietà, la forza motrice che animò la Sinagoga nella ribellione contro il Messia. Fu essa a suscitare la lotta degli empi contro la Chiesa, contro i buoni cattolici, nel corso dei secoli.
I figli delle tenebre, sono proprio questi gli empi.
Il principe delle tenebre è proprio Satana. Quale relazione esiste tra gli uni e gli altri? Giuda era un figlio delle tenebre. Il Vangelo ci dice che il demonio entrò in lui (cfr. Lc. XXII, 3). Per fede sappiamo che gli spiriti maligni "vagano per il mondo per la perdizione delle anime".
Quando il demonio riesce a compiere in un’anima il suo completo operato, la conduce sino a questo stato di empietà. A sua volta, una tale anima è un campo aperto alle tentazioni del demonio. È facile, dunque, riconoscere in questi empi i migliori ausiliari dell’inferno nella lotta contro la Chiesa.
Signore, in questo momento di misericordia in cui consideriamo il tuo sacrosanto Corpo mentre versa da ogni parte il tuo Sangue redentore, Ti preghiamo per i meriti infiniti di questo stesso preziosissimo Sangue, e per le lacrime della vostra e nostra Madre, di mantenerci molto ma molto lontani da qualsiasi empietà: "Non permettere che ci separiamo da Te", di tutto cuore Te lo imploriamo.
Ovunque gli empi perseguitano i figli della luce, e specialmente nella Chiesa del Silenzio, sii la forza dei perseguitati, non solo perché non si scoraggino, ma affinché si innalzino, si organizzino e sbaraglino il tuo avversario. Te lo supplichiamo per il Cuore Immacolato di Maria.
E poiché all’ultimo momento promettesti il Paradiso ad uno scellerato, Signore, per i meriti della tua agonia Ti supplichiamo, in unione a Maria, che la tua misericordia scenda sino agli antri occulti dell’empietà, al fine di invitare alle vie della virtù persino i tuoi peggiori avversari.
E ancora per misericordia, Signore, confondi, umilia, e riduci all’intera impotenza coloro che, rifiutando i più estremi appelli del tuo amore, persistono nell’intento di distruggere ciò che resta della Civiltà Cristiana e perfino – se fosse possibile – la vostra Sposa mistica, la Santa Chiesa.

 Plinio Corrêa de Oliveira

(Catolicismo, Aprile 1960)


 










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