...e
sistematica impunità del male!
Senza contestare che nella legge della grazia c’è stata difatti un'effusione molto più abbondante della misericordia divina, vogliamo dimostrare che a volte si attribuisce a questo fatto tanto gradito una portata maggiore di quanto ha nella sua realtà.
Grazie a Dio, non c’è nessun cattolico che, per quanto poco istruito nei Santi Vangeli non si ricordi del fatto narrato da San Luca, che esprime in maniera ammirevole il regno della misericordia, più ampio, più costante e più splendente nel Nuovo Testamento che nel Vecchio. Come si ricorda, il Salvatore fu oggetto di un affronto in una città della Samaria. E “visto ciò, i suoi discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda fuoco dal cielo e li consumi, come fece anche Elia?». Ma egli si voltò verso di loro e li sgridò, dicendo: «Voi non sapete di quale spirito siete; poiché il Figlio dell'uomo non è venuto per distruggere le anime degli uomini, ma per salvarle». Poi andarono in un altro villaggio" (S. Luca IX, 54-56).
Che ammirevole lezione di benignità! E con quale consolatrice e grande frequenza Nostro Signore ha ripetuto lezioni come questa!
Conserviamole incise nel fondo dei nostri cuori, ma incidiamole in modo tale da lasciare spazio ad altre lezioni del Divino Maestro, non meno importanti. Infatti, egli certamente predicò la misericordia, ma non predicò l’impunità sistematica del male. Se, nel Santo Vangelo, Egli ci appare molte volte perdonando, ci appare anche più di una volta punendo e minacciando. Impariamo da Lui che ci sono circostanze in cui bisogna perdonare, e in cui sarebbe meno perfetto punire; ma anche circostanze in cui è necessario punire, e sarebbe meno perfetto perdonare. Non cadiamo in un unilateralismo di cui l’adorabile esempio del Salvatore è una condanna espressa, posto che Egli ha saputo fare, ora una ora l’altra cosa.
Non dimentichiamoci mai del memorabile fatto che San Luca narra nel testo sopra menzionato. Ma non dimentichiamoci pure di quest’altro, simmetrico al primo, e che costituisce una lezione di severità che si adegua armonicamente alla benignità divina, costituendo un tutto perfetto; ascoltiamo cosa disse il Signore di Corazin e di Betsàida, e impariamo da Lui, non solo la divina arte del perdonare, ma l’arte non meno divina del minacciare e punire: “Guai a te, Corazìn! Guai a te, Betsàida! Perché, se a Tiro e a Sidone fossero avvenuti i prodigi che ci sono stati in mezzo a voi, già da tempo esse, vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite. Ebbene, io vi dico: nel giorno del giudizio, Tiro e Sidone saranno trattate meno duramente di voi. E tu, Cafàrnao, sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai! Perché, se a Sòdoma fossero avvenuti i prodigi che ci sono stati in mezzo a te, oggi essa esisterebbe ancora! Ebbene, io vi dico: nel giorno del giudizio, la terra di Sòdoma sarà trattata meno duramente di te!" (S. Mat., XI, 21-23).
Osserviamo bene: lo stesso Maestro che non ha voluto fare scendere fuoco sul villaggio di cui parlavamo prima, profetizzò per Corazin e Betsàida disgrazie maggiori di quelle per Sòdoma! Quindi, non strappiamo dal Santo Evangelo nessuna pagina, e rileviamo elementi di edificazione e di imitazione tanto nelle pagine severe come in quelle luminose, perché tanto queste quanto quelle sono molto efficaci doni di Dio.
Se nel Nuovo Testamento la Misericordia ampliò l’effusione delle grazie, da un altro canto la giustizia riscontra nella respinta delle grazie maggiori, crimini maggiori da punire. Intrecciate intimamente, ambedue le virtù continuano a sostenersi reciprocamente nel governo divino del mondo. Dunque, non è esatto affermare che nel Nuovo Testamento ci sia posto soltanto per il perdono, e non per il castigo.
Plinio Corrêa de Oliveira
("In difesa dell'Azione Cattolica", Cap. V)
(I grassetti sono nostri)
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