lunedì 16 ottobre 2017

È condannabile l'immoralità, anche se artistica?

Nel nome della libertà di espressione,
oggi si pretende sciogliere le briglie ad ogni tipo di spettacolo
immorale e persino blasfemo.

 Il Vicario di Cristo, Pio XII tratta di questo argomento
in questi termini:


"Parimenti non può essere accettata la teoria di coloro che, nonostante le evidenti rovine morali e materiali causate da simili dottrine nel passato, sostengono la più assoluta libertà di espressione e di diffusione: non sarebbe, questa, la giusta libertà, da noi sopra indicata, ma una sfrenata licenza di comunicare ad altri, senza alcun controllo, tutto ciò che si vuole, anche se immorale e gravemente pericoloso per le anime.

"Ma la Chiesa, che protegge ed appoggia quanto influisce a sviluppare i veri valori spirituali - tanto le scienze quanto le arti - l'hanno sempre avuta come Patrona e Madre, non può permettere che si attenti ai valori che ordinano l'uomo verso Dio, suo ultimo fine. Nessuno si deve, quindi, meravigliare se anche in una materia così delicata essa si muova con vigilante prudenza, in conformità alla raccomandazione dell'apostolo: "Tutto esaminate, ritenete il bene, da ogni specie di male astenetevi" (1 Ts 5, 2122).

"Sono, pertanto, certamente da condannarsi quanti affermano che devono essere favorite ed esaltate certe forme di diffusione, purché abbiano pregi artistici e tecnici, anche se offendono gravemente l'ordine morale.

"E vero che all'arte - come abbiamo ricordato in occasione del V centenario della morte dell'Angelico - per esser tale, non è richiesta una esplicita missione etica o religiosa". Ma "se il linguaggio artistico si adeguasse, con le sue parole e cadenze, a spiriti falsi, vuoti e torbidi, cioè non conformi al disegno del Creatore, se, anziché elevare la mente e il cuore a nobili sentimenti, eccitasse le più volgari passioni, troverebbe spesso eco e accoglienza, anche solo in virtù della novità, che non è sempre un valore, e della esigua parte di reale che ogni linguaggio contiene; ma una tale arte degraderebbe sé stessa, rinnegando il primordiale ed essenziale suo aspetto, né sarebbe universale-perenne, come lo spirito umano, a cui si rivolge".

Dalla Lettera Enciclica Miranda prorsus





(I grassetti sono nostri)

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