Il mondo di oggi ha bisogno di sacerdoti che lo siano fino in fondo. Benedetto XVI ribadisce che in un’epoca “incline a sfumare ogni tipo di concezione identitaria, da molti ritenuta contraria alla libertà e alla democrazia”, bisogna avere ben chiara “la peculiarità teologica del Ministero ordinato”.
E ciò “per non cedere alla tentazione di ridurlo alle categorie culturali dominanti”: “In un contesto di diffusa secolarizzazione, che esclude progressivamente Dio dalla sfera pubblica, e, tendenzialmente, anche dalla coscienza sociale condivisa, spesso il sacerdote appare 'estraneo' al sentire comune, proprio per gli aspetti più fondamentali del suo ministero, come quelli di essere uomo del sacro, sottratto al mondo per intercedere a favore del mondo, costituito, in tale missione, da Dio e non dagli uomini”.
E avverte che “è importante superare pericolosi riduzionismi” che, nei decenni passati, “hanno presentato il sacerdote quasi come un ‘operatore sociale’ rischiando di tradire lo stesso Sacerdozio di Cristo”. Bisogna invece “riaffermare, anche ai nostri giorni il valore del sacro celibato”.[…] appare necessaria un’ermeneutica che potremmo definire “della continuità sacerdotale”, la quale, partendo da Gesù di Nazaret, Signore e Cristo, e passando attraverso i duemila anni della storia di grandezza e di santità, di cultura e di pietà, che il Sacerdozio ha scritto nel mondo, giunga fino ai nostri giorni”. […] “C’è grande bisogno di sacerdoti che parlino di Dio al mondo e che presentino a Dio il mondo; uomini non soggetti ad effimere mode culturali, ma capaci di vivere autenticamente quella libertà che solo la certezza dell’appartenenza a Dio è in grado di donare”. […]
Infatti, è la sua riflessione, “il sacerdote non appartiene più a se stesso, ma, è ‘proprietà’ di Dio”. E questo suo “essere di un Altro”, soggiunge il Papa, “deve diventare riconoscibile da tutti, attraverso una limpida testimonianza”: “Nel modo di pensare, di parlare, di giudicare i fatti del mondo, di servire e amare, di relazionarsi con le persone, anche nell’abito, il sacerdote deve trarre forza profetica dalla sua appartenenza sacramentale, dal suo essere profondo. Di conseguenza, deve porre ogni cura nel sottrarsi alla mentalità dominante, che tende ad associare il valore del ministro non al suo essere, ma alla sua funzione, misconoscendo, così, l’opera di Dio, che incide nell’identità profonda della persona del sacerdote, configurandolo a Sé in modo definitivo”. […]
“Carissimi sacerdoti, gli uomini e le donne del nostro tempo ci chiedono soltanto di essere fino in fondo sacerdoti e nient’altro".
(Radio Vaticana, 12 Marzo 2010)
Seminaristi nordamericani controcorrente: "Il celibato, un dono da mantenere"
Sono stati 556 i seminaristi americani che hanno firmato una lettera indirizzata alla Conferenza episcopale statunitense, in cui hanno definito "il celibato dei sacerdoti un dono divino" e chiedendo che venga difeso. Promotori dell’iniziativa i due seminaristi Gary J. Kasel, dell’arcidiocesi di Saint Paul e Minneapolis, e Franz S. Klein, della diocesi di La Crosse, nel Wisconsin. Secondo i due lo scritto è nato dalla volontà di rispondere a una petizione sottoscritta l’anno scorso da un gruppo di preti di Milwaukee. I sacerdoti americani si erano rivolti ai vescovi chiedendo loro di ammettere tra i candidati all’ordine anche uomini sposati.
"Scriviamo oggi per affermare il nostro sostegno alla Chiesa – hanno dichiarato i seminaristi americani nella lettera spedita a Wilton D. Gregory, vescovo di Belleville, nell’Illinois, e presidente della Conferenza episcopale –, che ci insegna il significato del celibato nel presbiterato. A noi è stato fatto il dono prezioso della grazia divina di vivere nel celibato". Infine i seminaristi hanno dichiarato di voler "offrire questo celibato a Dio, con cuore indiviso, a servizio della sua Chiesa". Inoltre hanno chiarito che il loro sostegno va al celibato obbligatorio per i preti "come vuole il rito cattolico latino". I due seminaristi americani si sono incontrati l’anno scorso, mentre stavano terminando i loro studi di filosofia presso il seminario del Collegio di San Giovanni Maria Vianney, a Saint Paul, dove hanno scritto la lettera. Da qui poi il testo ha cominciato a circolare. Il contenuto dello scritto è stato messo a punto con l’aiuto del rettore del seminario, padre William J. Baer.
(Avvenire, 28 agosto 2004)
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