mercoledì 20 giugno 2012

Dottrina e Arte: un nesso che i comunisti percepiscono

Quando Stalin morì, il pittore comunista Picasso ne fece il ritratto che riproduciamo a fianco. L’Humanité, il quotidiano rosso di Parigi, pubblicò l’opera in merito. Mosca però la condannò, poiché secondo i canoni dell’arte comunista un ritratto deve assomigliarsi quanto possibile a una fotografia, evitando così le  interpretazioni personali dell’artista. 

Dette interpretazioni esprimono una mentalità soggettiva e individualista, incompatibile con il collettivismo socialista. Infatti, il viso di Stalin, visto da Picasso, ha molto di soggettivo.

Più reale è la sua fotografia scattata a  Teheran  nel 1943, a fianco di Roosevelt: si direbbe il portiere di un albergo, nella sua nuova livrea domenicale, vantandosi di prendere l’aria fresca per qualche minuto vicino a un ospite distinto, che ha acconsentito di rivolgergli un po’ la parola. I comunisti percepiscono che un vasto sistema di idee filosofiche, sociali ed economiche deve necessariamente fornire all’arte un conio proprio, il quale sarà buono o cattivo conforme sia vero o falso il sistema. E che il collettivismo deve produrre nell’arte un atteggiamento specifico. Nella pagina Ambienti, Costumi, Civiltà abbiamo cercato di evidenziare questo stesso principio riguardo a Catolicismo. La nostra arte non può essere quella del comunismo, né del neopaganesimo occidentale, per il semplice fatto che siamo cattolici. E, tuttavia, questa sezione trova, alla pari di tanti applausi, tanta resistenza contrapposta da menti deformate dal liberalismo. Serva loro di lezione almeno la coerenza dei nostri avversari.

Plinio Corrêa de Oliveira - Catolicismo, novembre 1953

Nessun commento:

Posta un commento