venerdì 8 giugno 2012

Un'incontenibile sete di splendore

Riflessioni su due recenti celebrazioni


Domenica 3 giugno 2012. Stesso giorno, stesso orario. Un milione di persone per il Papa a Milano. Un milione di persone per la Regina a Londra.
A Milano, la folla si era riunita, festante e compatta, nel Parco di Bresso per assistere alla Messa pontificia di chiusura del VII Incontro Mondiale delle Famiglie. Nessuna fotografia, nemmeno quelle scattate da un aereo, è riuscita ad abbracciare la folla sterminata. Il palco aveva quasi le dimensioni del Duomo. Eppure, per chi lo vedeva dall’altro lato del parco, sembrava un punto nell’orizzonte. E, in mezzo, la folla immensa che copriva ogni spazio. I mezzi di comunicazione hanno parlato di un milione di persone. Per chi vi ha partecipato, sembravano anche di più.


Moltissime le giovani famiglie con figli piccoli. Tantissimi i ragazzi. Anzi, predominavano proprio loro, dando all’evento un’aria allegra e, allo stesso tempo, raccolta. Alle iniziali esplosioni di gioia e di festa quando è arrivato Benedetto XVI in “papamobile”, è seguito un lungo periodo di religioso silenzio per tutta la durata della Santa Messa. Queste persone erano lì per pregare e per acclamare il Successore di Pietro.
Mentre a Milano il popolo italiano acclamava il Sovrano Pontefice, a 1.300 chilometri di distanza, sulle rive del Tamigi, il popolo britannico acclamava S.M. la Regina Elisabetta II. E anche qui le cronache giornalistiche hanno parlato di un milione di persone. Numero eccezionale, visto che è piovuto fortemente durante l’intera giornata. Bagnati o meno, i sudditi di Sua Graziosa Maestà hanno voluto renderLe omaggio in occasione del suo Giubileo di Diamante.


Al centro delle celebrazioni, una regata sul Tamigi, alla quale hanno preso parte più di mille barche addobbate a festa. Insieme alla Reale Famiglia, tutti in abiti di gala, la Regina vi ha partecipato a bordo del Royal Barge, una sfavillante imbarcazione che rammenta il Bucintoro dei Doge della Serenissima. Lungo il fiume, più di un milione di persone hanno urlato a squarciagola God save the Queen! sbandierando la Union Jack.


Cosa hanno in comune queste due celebrazioni, oltre alla loro coincidenza temporale? Anzitutto il fatto che ambedue i personaggi acclamati — il Sovrano Pontefice e la Regina Elisabetta — sono Capo di Stato di due monarchie, elettiva la prima, ereditaria la seconda. Il popolo era lì, sì, per acclamare Joseph Ratzinger ed Elizabeth Windsor, ma soprattutto per rendere omaggio al Successore di Pietro e alla Regina del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord. Mentre nel parco di Bresso il coro cantava “Tu es Petrus”, e invocava “Summo Pontifice et universali patri pax, vita et salus perpetua”, i sudditi britannici impetravano “God save our Gracious Queen, long live our noble Queen”.

Hanno, poi, in comune il fatto che, nonostante fortissime spinte in senso contrario, ambedue le monarchie hanno conservato un certo tonus. Nonostante l’ambiente sempre più scialbo e ugualitario del mondo moderno, la Regina Elisabetta ha saputo mantenere molte delle gloriose tradizioni che nei secoli hanno contraddistinto la monarchia britannica. Da parte sua, nonostante la terribile Rivoluzione in atto Papa Benedetto XVI ha saputo mantenere — e in alcuni casi restaurare — molte delle bellezze liturgiche e protocollari che nei secoli hanno contraddistinto la Santa Sede.

Aveva ragione un noto diplomatico quando, qualche anno fa, dichiarava: “Le due ultime monarchie sulla terra sono quella britannica e quella pontificia”. Giudizio condiviso e, anzi, approfondito dal prof. Plinio Corrêa de Oliveira, che vedeva in queste due monarchie — ognuna nel proprio campo — colonne dell’Ordine tradizionale, punti di riferimento ai quali l’uomo contemporaneo può guardare con sollievo in mezzo al crollo generale. Con la differenza fondamentale che, mentre la monarchia britannica è una realtà temporale e, quindi, di per sé peritura, la monarchia papale è una realtà spirituale che gode della promessa divina della perennità.


Le celebrazioni di Milano e Londra hanno anche un’altra cosa in comune: secondo una certa logica storica, nessuna di esse sarebbe pensabile nel 2012.

Chi non ricorda gli spasimi utopistici di certi teologi sessantottini che volevano per il Duemila un Papa in jeans e tennis? Si parlava di vendere il Vaticano per aiutare i poveri. Si parlava di trasferire la Santa Sede in Terra Santa, in condizioni talmente precarie che ricordassero quelle della Chiesa primitiva. Si parlava di riformare la liturgia per renderla sempre più volgare, cioè vicina al “popolo”. Si parlava di abolire il protocollo pontificio, democratizzando la Santa Sede.

Non diversamente ci furono voci che, all’epoca della coronazione di Elisabetta II, nel 1953, davano alla monarchia britannica pochi anni di vita. La rivoluzione culturale già allora visibile all’insegna di un certo americanismo trionfante, e poi portata al parossismo col ‘68, non poteva non intaccare le istituzioni che per secoli avevano retto il sistema monarchico nel Regno Unito, portandolo rapidamente alla rovina. Eppure, arriviamo al 2012 e, mentre un milione di persone acclamavano a Milano un Papa da molti visto come “tradizionalista”, un milione di persone applaudivano la Regina che si ostina a non piegarsi alle esigenze d’una certa modernità.

Questo la dice lunga su almeno un aspetto dell’uomo moderno. “Chassez le naturel et il réviendra au galop — dicono i francesi — cacciate via il naturale, ed esso ritornerà al galoppo”. La sete di splendore è insita nell’anima umana. Di tutti i nostri bisogni, quello più forte, più fondamentale, più intrinseco alla nostra natura è quello di conoscere Dio. L’uomo, però, conosce attraverso i sensi. “Nihil est in intellectu quod prius non fuerit in sensu”, sentenziava S. Tommaso. Ora, Dio non è direttamente accessibile ai nostri sensi.

Perciò, nella Sua sapienza, Dio ha disposto che nell’universo vi siano oggetti materiali che, per analogia, per somiglianza, consentono di conoscere le cose dello spirito e, in ultima analisi, Dio stesso. Questi sono i simboli. Per la contemplazione della bellezza riflettuta in tante realtà materiali, noi possiamo risalire alla contemplazione della Bellezza assoluta.


Volgarizzando tutto, la Rivoluzione ha voluto toglierci la possibilità di contemplare le bellezze nel creato. La conseguenza è che, in questo inizio di Terzo Millennio, la sete di splendore sta dando segni di voler ritornare al galoppo.

Tratto dalla Newsletter Tradizione Famiglia Proprietà - Giugno 2012

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