giovedì 17 agosto 2017

Il beato John Henry Newman contro il liberalismo religioso


Nella Storia della Chiesa degli ultimi due secoli, spicca la figura di un uomo, un sacerdote, uno studioso, la cui “intelligenza dell’anima” ha cercato instancabilmente la verità, tra ombre e apparenze, e una volta incontratala, per mezzo della ragione e del cuore, la testimoniò con le sue opere e con la sua vita. John Henry Newman, un inglese vissuto lungo tutto il XIX secolo, fu questo straordinario cercatore e testimone di verità.


Newman, nell’Ottocento positivista e scientista che aveva cominciato a rifiutare Dio, fu un segno di contraddizione che diede una forte scossa all’Inghilterra - sia cattolica sia protestante - e all’Europa tutta. Da anglicano aveva dato vita al Movimento di Oxford, teso ad approfondire la ricerca teologica, specie nel campo della Patristica, che è la teologia del tempo in cui la Chiesa era ancora una e indivisa, e a confrontarsi con le sfide della modernità.

Newman, nel confronto con queste sfide, si affidò alla Grazia come il mezzo più efficace per trasformare totalmente la condizione umana. 
Per questo fu ed è ancora una guida sicura per tutti coloro che sono alla ricerca di un preciso orientamento e di una direzione attraverso le incertezze del mondo moderno, sempre più afflitto dalla follia dell’Ulisse omerico, che consiste nel dimenticare che l’uomo è semplice creatura, ed esaltare la propria intelligenza, al punto di trasformare il desiderio di conoscenza in un’irragionevole negazione dell’esistenza di ogni limite.

La conversione

Newman era approdato al Cattolicesimo dopo un lungo periodo nella Chiesa anglicana, di cui era pastore, oltre che docente universitario a Oxford.
Nel 1839 Newman era già conosciuto ed apprezzato, era uno degli uomini più famosi di Inghilterra. In quell’anno, tuttavia, cominciò ad avere dei dubbi sulla possibilità della cosiddetta “via media” anglicana, riflettendo proprio sul concetto di dogma e di fedeltà.

Avendo riscoperto nei suoi studi i Padri, avendo capito che il dogma è qualcosa che attraversa la vita della Chiesa da sempre, si rese conto che la via anglicana a un certo punto aveva fatto un salto ed era difficilmente sostenibile da un punto di vista dogmatico. Inoltre, da un punto di vista della riflessione concettuale, si prestava molto di più ad un’interpretazione politica, nazionalistica. Infatti, uno degli attributi fondamentali della Chiesa che a Newman sembrava di non riconoscere più nella Chiesa anglicana era la cattolicità, l’universalità.

Nel corso di un suo viaggio sulle orme dei Padri della Chiesa, giunse in Sicilia, dove cadde ammalato e si trovò, presto, sospeso tra la vita e la morte, senza medici e senza cure. Il suo domestico lo invitò a esprimere le sue ultime volontà. Ma egli rispose: “Non morirò: non ho mai peccato contro la Luce. Ho un lavoro da compiere in Inghilterra”. Infatti, inaspettatamente guarì e riprese la via del ritorno.

Durante il viaggio, pregò Dio in modo struggente: “Guidami, Luce gentile; tra le tenebre, guidami Tu. Nera è la notte, lontana la casa: guidami Tu. Amavo scegliere la mia strada, ma ora guidami Tu. Sempre mi benedisse la tua potenza; ancora oggi mi guiderà per paludi e brughiere, finché svanisca la notte e l’alba sorrida sul mio cammino”. 
Rientrato a Oxford, si stabilì, attorno a lui, un gruppo di anglicani che trattavano problemi spinosi: la vera natura della Chiesa, il suo rapporto con la Tradizione dei primi secoli, la sua autorità.

Quando infine si convertì al Cattolicesimo, scrisse una dichiarazione di fede che desta commozione nella profondità, totalità, intensità di adesione alla verità della Fede:

Credo in tutto il dogma rivelato come è stato insegnato dagli apostoli, come è stato affidato dagli apostoli alla Chiesa e come è stato insegnato dalla Chiesa a me. Lo accetto nell’interpretazione infallibile dell’autorità a cui fu affidato, e implicitamente accetto ogni ulteriore interpretazione fatta da quella medesima autorità fino alla fine dei secoli. Accetto, inoltre, le tradizioni della Chiesa universalmente accolte, in cui si trova la materia delle nuove definizioni dogmatiche che vengono fatte di tanto in tanto, e che in ogni tempo accompagnano e illustrano il dogma cattolico già definito. E mi sottometto a tutte le altre decisioni della Santa Sede, in materia teologica e non teologica, attraverso gli organi che essa stessa ha designato e che, senza qui entrare in merito alla loro infallibilità, su di un gradino più basso arrivano fino a me con loro diritto di essere ascoltate e obbedite. Considero inoltre che, a poco a poco, nel corso dei secoli, la ricerca cattolica ha preso certe forme precise, ed ha assunto la veste di una scienza, con un metodo e una terminologia propria, sotto la direzione intellettuale di questi grandi pensatori come sant’Atanasio, sant’Agostino, san Tommaso; e non provo la minima tentazione di distruggere questa grande eredità di pensiero che ci è stata trasmessa fino ai nostri giorni”. 

(J. H. Newman, Apologia pro vita sua, Jaca Book, p. 268).

Cardinale di Santa Romana Chiesa

Nella primavera del 1879 Leone XIII creò cardinale John Henry Newman. Il Pontefice lo accolse a Roma con grande affetto e affabilità. Lo chiamò “il mio cardinale”.

Il concistoro avvenne il 13 maggio. I testimoni di quell’evento riportarono le impressioni e i commenti che la figura diafana di Newman suscitava, dai capelli bianchi e dal marcato profilo, avvolta nella porpora, un vecchio “pallido ma bellissimo”.

Come cardinale diacono gli era stato assegnato il titolo di San Giorgio al Velabro, una chiesa antichissima che era stata innalzata alla dignità di diaconia cardinalizia da papa Gregorio Magno, il papa degli “angli o angeli?”, il pontefice dell’evangelizzazione dell’antica Inghilterra.

Il cardinalato e l’accoglienza di Leone XIII, oltre che una riparazione per la diffidenza che per anni aveva circondato la vita e l’opera di Newman, erano soprattutto il riconoscimento del valore del suo ampio e lungo magistero. Ed è molto significativo che “L’Osservatore Romano” del 14 maggio, la vigilia del concistoro pubblico, pubblicasse in prima pagina il discorso pronunziato da Newman dopo la consegna del Biglietto di nomina, il 12 maggio, dove faceva un rapido bilancio della sua vita e dove trattava di un tema che appare ancora di impressionante attualità: quello del liberalismo religioso.

Una dichiarazione dai contenuti straordinariamente attuali ancora oggi. Una dichiarazione che partiva da un’analisi profonda e accurata del male più pericoloso che minaccia il cattolicesimo. Newman dunque scriveva: “Godo nel dire che a un gran male mi sono opposto fin dal principio. Per trenta, quaranta, cinquant’anni anni ho resistito, con tutte le mie forze, allo spirito del liberalismo religioso, e mai la Chiesa ebbe come oggi più urgentemente bisogno di oppositori contro di esso, mentre, ahimè, questo errore si stende come una rete su tutta la terra”.

E qui Newman precisò mirabilmente cosa dovesse intendersi per “liberalismo religioso”, termine oggi caduto in disuso, anche se il problema indicato da Newman è ancora assolutamente attuale. Benedetto XVI lo ha chiamato “relativismo etico”.

Diceva Newman:

Il liberalismo religioso è la dottrina secondo la quale non esiste nessuna verità positiva in campo religioso, ma che qualsiasi credo è buono come qualunque altro; e questa è la dottrina che, di giorno in giorno, acquista consistenza e vigore. Questa posizione è incompatibile con ogni riconoscimento di una religione come vera. Esso insegna che tutte sono da tollerare, in quanto sono tutte materia di opinione. La religione rivelata non è verità, ma sentimento e gusto, non fatto obiettivo (...) Ogni individuo ha diritto a interpretarla a modo suo (...) Si può andare nelle chiese protestanti e in quelle cattoliche; si può ristorare lo spirito in ambedue e non appartenere a nessuna. Si può fraternizzare insieme in pensieri e affari spirituali, senza avere dottrina comune o vederne la necessità. Poiché la religione è un fatto personale e un bene esclusivamente privato, la dobbiamo ignorare nei rapporti reciproci”.

Newman così concluse: “La bella struttura della società che è l’opera del cristianesimo, sta ripudiando il cristianesimo”; “Filosofi e politici vorrebbero surrogare anzitutto un’educazione universale, affatto secolare (che) provvede le ampie verità etiche fondamentali di giustizia, benevolenza, veracità e simili”; sennonché - osserva Newman - un tale progetto è diretto “a rimuovere e ad escludere la religione”.

Nelle sue parole quasi profetiche Newman sembrava avere intravisto per tempo la grande sfida che attende oggi i cattolici fedeli.

Paolo Gulisano


(Rivista Tradizione, Famiglia, Proprietà, Giugno 2017)

(I grassetti sono nostri)

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