mercoledì 12 settembre 2018

L’Unione Europea alla luce della dottrina cattolica


Commentando la fondazione della Comunità europea del carbone e
dell’acciaio, l’embrione dell’attuale Unione Europea,
Plinio Corrêa de Oliveira scrisse l’articolo
La Federazione europea alla luce della dottrina cattolica”,
di cui trascriviamo alcuni brani.


Una delle date più importanti di questo secolo sarà, senza dubbio, il 18 aprile 1951 quando, a Parigi, i rappresentanti di Francia, Italia, Germania Occidentale e dei piccoli paesi dell’area Benelux – Belgio, Olanda e Lussemburgo – hanno firmato un Trattato dando vita alla Comunità europea del carbone e dell’acciaio, nota anche come Federazione europea, un soggetto di diritto internazionale pubblico. Hanno quindi posto le fondamenta di un governo comune che sovrasterebbe i vari governi nazionali.

Prima dell’ultima Guerra mondiale, chi avesse proposto un tale piano per il secolo XXI sarebbe stato tacciato di sognatore, e chi lo avesse ritenuto fattibile per i giorni nostri, sarebbe stato considerato, addirittura, come mentalmente debole. L’Europa bruciava ancora con l’odio franco-tedesco, che aveva già provocato il conflitto del 1914-1918, e che avrebbe contribuito non poco a far scoppiare quello del 1939-1945.

Le nazioni europee, vibranti di vita culturale ed economica propria, ancora segnate dai risentimenti, dalle ambizioni e dalle rivalità ereditate dai tempi moderni, non sembravano per niente predisposte a lasciarsi inglobare in una struttura politica unificata, per quanto fosse vaga e fluida. È stata necessaria la tragedia della Seconda guerra mondiale, col conseguente smantellamento dell’economia delle nazioni europee, perché - esaurite le energie della loro vita culturale, e sotto la costante minaccia di una nuova invasione barbarica venuta dall’Est - le dottrine unitarie trovassero terreno propizio e il progetto della Federazione europea diventasse percorribile.

Portata della fondazione degli Stati Uniti d'Europa
La vera portata della fondazione degli Stati Uniti d’Europa è stata ben definita dal sig. Alcide de Gasperi, presidente del Consiglio dei ministri italiano, che ha paragonato la riunione di Parigi all’atto per il quale le tredici colonie britanniche in America hanno costituito una Federazione, oppure all’atto per il quale i cantoni svizzeri, una volta indipendenti, costituirono uno Stato federale. (…)

Sia nel caso americano sia in quello svizzero, vi è una marcia dall’indipendenza verso la federazione. Stati una volta indipendenti divennero semplicemente autonomi. Alcune loro prerogative furono assorbite dal governo centrale.
È proprio questo che, secondo il Premier italiano, è successo a Parigi. Fra la Francia, Germania, Italia, Olanda ecc., d’ora in poi non ci saranno più gli abissi finora esistenti, ma appena una linea divisoria dei propri interessi, di natura esclusivamente amministrativa, un po’ come quella che c’è, per esempio, tra Ohio e Pennsylvania. Si tratta di un avvenimento immen- so. Sono intere nazioni che, do- po aver riem- pito il mondo e la storia con l’irradiazione della propria gloria, spariscono, lasciando il campo a uno Stato federale il cui futuro non è facile da prevedere.
La Federazione è una novità?

Se ci si domanda se questo progetto di Federazione europea sia una novità, la risposta è negativa. In passato, l’Europa ha già costituito un grande corpo di natura federale.

Nel 476, l’Impero romano d’Occidente cessò di esistere. Il territorio europeo, ricoperto di orde barbariche, non aveva Stati delimitati né confini stabili. C’era uno stato di effervescenza caotica che andò placcandosi solo quando i grandi missionari cominciarono a porre, un po’ dappertutto, il vigoroso seme del Vangelo. L’evangelizzazione rese i costumi meno rudi, la vita meno incerta e vorticosa, l’ignoranza meno diffusa. Si andò costituendo in Europa un grande agglomerato di popoli cristiani che, pur con tutte le loro diversità naturali, erano uniti da profondi legami comuni, nati da un grande amore e da un grande pericolo:

a) Sinceramente, profondamente cristiani, adorando “in spirito e verità” (e non solo a parole e di routine) Nostro Signore Gesù Cristo, amavano e volevano praticare seriamente la Sua legge. Erano altresì convinti che la loro missione fosse di estendere il dominio di questa legge fino agli estremi confini della terra;
b) In conseguenza di questa fede costante e robusta condividevano uno stesso modo di considerare l’uomo, la famiglia, le relazioni sociali, il dolore, la gioia, la gloria, l’umiltà, l’innocenza, il peccato, l’emendamento, il perdono, la ricchezza, il potere, la nobiltà, il coraggio, in una parola, la vita;
c) Donde una forte e sostanziale unità di cultura e di civiltà, nonostante le varianti locali, prodigiosamente ricche, fra le nazioni, le regioni, i feudi e perfino i villaggi;
d) La doppia pressione esterna – i Saraceni dall’Africa e i pagani dall’Est – fece nascere l’idea di una difesa comune, in cui tutti dovevano aiutare tutti per una vittoria comune.


Questi fattori di unità trovarono un catalizzatore in Carlo Magno (742-814), che incarnò agli occhi dei suoi contemporanei il tipo ideale del sovrano cristiano: forte, coraggioso, saggio, giusto, paterno, profondamente amante della pace ma invincibile in guerra, che considerava come la sua più alta missione quella di mettere il potere dello Stato al servizio della Chiesa per mantenere la legge di Cristo nei propri domini, e per difendere il cristianesimo contro i nemici esterni.


Quando Leone III, nell’anno 800, lo incoronò Imperatore romano d’Occidente, si costituì un grande impero, che abbracciava tutta l’Europa cristiana, un impero destinato prima di tutto a mantenere, spandere e difendere la fede.

Questo Impero durò fino al 911. Nel 962, l’imperatore Ottone il Grande lo risuscitò, dando origine al Sacro Impero Romano Germanico. Con vicissitudini alterne, di cui la più terribile è stata la tragica rottura del protestantesimo e l’irrompere delle tendenze nazionaliste nel secolo XVI, questa grande istituzione è rimasta in piedi, almeno teoricamente, fino al 1806 quando Napoleone Bonaparte costrinse l’ultimo Imperatore romano germanico, Francesco II, ad accettare l’estinzione del Sacro Romano Impero e ad assumere il titolo di imperatore d’Austria con il nome di Francesco I.

Nonostante alcuni periodi di crisi, il Sacro Impero ebbe grandi epoche di gloria. La sua struttura servì per esprimere l’ideale cristiano di una grande famiglia di popoli, uniti all’ombra materna della Chiesa, per mantenere la pace, la fede e la morale, per difendere il cristianesimo, e per sostenere in tutto il mondo la libera predicazione del Vangelo.
Che pensare della Federazione europea?
In principio, la Chiesa non solo accetta ma, anzi, favorisce di cuore la formazione di sovrastrutture internazionali, premesso che abbiano un fine lecito. Di per sé, l’idea di aggruppare politicamente i popoli europei è degna di lode. Le circostanze del momento, poi, sembrano incoraggiare questo corso d’azione. Di fronte a un nemico esterno comune, alle prese con una crisi economica internazionale, è giusto e raccomandabile che tutte le nazioni europee libere convergano per combattere e vincere insieme.

Un verso, però, è approvare in principio un’idea. Un altro verso è approvarla senza riserve, qualunque siano le sue applicazioni pratiche.

Viviamo in un’epoca di brutale statalismo. Tutto si centralizza, si pianifica, si artificializza, si tirannizza. Se la Federazione europea prenderà questa strada, essa devierà dai saggi precetti enunciati da Papa Pio XII nella sua allocuzione del 6 aprile 1951, ai dirigenti del Movimento universale per una Federazione mondiale.

Abiti tipici della Scozia...

Innanzitutto, dobbiamo affermare che la Chiesa è contraria alla scomparsa delle nazioni. All’interno di un organismo sovranazionale, ogni nazione può e deve rimanere come una struttura viva, definita, con i suoi confini, il suo territorio, il suo governo, la sua lingua, i suoi costumi, le sue leggi, il suo carattere.

La Germania è una nazione, un’altra è la Francia o l’Italia. Se qualcuno volesse fondere in un crogiolo gioielli di altissimo valore per trasformarli in un enorme lingotto d’oro, inespressivo, squadrato, volgare, di certo non agirebbe secondo la visione di Dio. Dio ha creato un ordine naturale in cui ogni nazione deve essere una realtà indistruttibile.

...dell'Alto Adige...

Se la Federazione europea prenderà il cammino del centralismo, farà più male che bene. La Federazione dovrebbe essere la protettrice delle identità nazionali, non il mostro che le divora. Le autorità federali esistono per agevolare l’azione dei governi nazionali in alcune questioni di interesse sovranazionale, mai per cancellarli. La Federazione non può mai essere finalizzata alla soppressione delle caratteristiche nazionali di anima e di cultura, ma piuttosto, per quanto possibile, dovrebbe sorreggerle e irrobustirle. Proprio come nel Sacro Romano Impero, in cui ogni nazione poteva svilupparsi, nell’orbita degli interessi legittimi e comuni del cristianesimo, secondo la sua peculiare natura, le sue capacità, le sue condizioni, la sua storia e via dicendo.


D’altro canto, la struttura economica non deve raggiungere un livello di centralismo tale da implicare una super-socializzazione. Se il socialismo è un male, la sua trasposizione sul piano internazionale è un male ancor maggiore. Il Sacro Romano Impero era fondato sul feudalesimo, sul sano regionalismo, sulle autonomie comunali, sulle corporazioni, sulle università e via dicendo. Il pericolo della socializzazione cominciò a insinuarsi soltanto con i legisti che posero il seme dell’attuale socialismo. I legisti, però, erano un’escrescenza del cristianesimo. L’inizio della loro influenza coincide col declino del vero ideale di Stato cristiano.

Infine, mi sia permesso di fare un’affermazione molto franca. Nessuna società, sia famigliare, professionale, ricreativa o politica, sia essa una realtà nazionale o una federazione internazionale, è in grado di produrre frutti stabili e durevoli se ignora ufficialmente l’Uomo-Dio, la Redenzione, il Vangelo, la legge di Dio, la Santa Chiesa e il Papato. Occasionalmente potrà produrre qualche frutto buono, che tenderà, però, a dissolversi mentre i frutti cattivi rimarranno.

Se la Federazione europea si mette all’ombra della Chiesa e si lascia da Essa ispirare, animare e vivificare, possiamo sperare tutto. Se, però, ignora il Corpo mistico di Cristo, cosa possiamo aspettarci? Qualche frutto buono, senza dubbio. Ma, soprattutto, quanti frutti cattivi! Questi saranno amarissimi, e ci approssimeranno a quella Repubblica universale da sempre sognata dalla massoneria.

Plinio Corrêa de Oliveira

(Tratto dalla rivista "Catolicismo", Febbraio 1952)

(I grassetti sono nostri)







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