venerdì 28 marzo 2008

Analogie tra il regime feudale giapponese e quello occidentale

In Giappone fiorì un regime feudale molto sviluppato. È persino una delle glorie di questa nazione l’aver intuito i princìpi di sapienza che presiedettero le fondamenta del feudalesimo medievale; l’averlo intuito in modo tale che, facendo il paragone tra il regime medievale giapponese e il regime medievale occidentale si constatano tratti di somiglianza.

Una delle caratteristiche inerenti al regime feudale è un certo senso patriarcale della grandezza del signore feudale, come padre e come protettore di coloro che sono i suoi vassalli. Nella concezione feudale – cosa raccapricciante per l’udito dei cattolici progressisti – i termini padre e signore si assomigliano. Il padre è il signore dei suoi figli. Il signore è padre dei suoi vassalli. Il signore assume la piena protezione dei vassalli e li difende dai nemici esterni. Tale difesa dei vassalli incombe più al signore che al re.

Da cui decorre che certi particolari presenti nelle costruzioni feudali del Medioevo sono fattori di sicurezza, di solidità e di stabilità. Simultaneamente, però, questi dettagli riflettono una certa fierezza, una certa sfida, una certa audacia come attributi di un potere che è continuamente in guerra. Una guerra portata, non poche volte, sino all’esagerazione, anche contro il potere del re. Questo potere giunse ad un enorme indebolimento in Giappone, in parte per causa del feudalesimo, esattamente come accadde, ad un certo momento del Medioevo, in Francia.

Benché i daimyo, che erano i grandi signori feudali giapponesi, fossero stati uomini molto guerrieri - i dipinti e le porcellane giapponesi li rappresentano come uomini terribili in combattimento - fu soprattutto la nobiltà inferiore dei samurai che divenne leggendaria dovuto al loro straordinario coraggio. Chi parla di samurai  si riporta naturalmente al guerriero.

Pertanto c’è una nota distintiva del samurai nei confronti del guerriero europeo medievale. Questi continuava ad essere guerriero sino alla radice dei capelli, anche quando riposava. Il giapponese, evidentemente, quando era in guerra combatteva come un leone; ma nell’ora del riposo, il combattimento era posto da parte e la sua mente imboccava un’altra via.

C’è un altro aspetto che rende difficile, per noi occidentali, capire la mentalità dei daymyo: nel Giappone odierno questi divennero, in buona parte, direttori di aziende.

Una mia conoscenza che si trovava in Giappone, entrando in un ufficio per trattare di affari, rimase sbigottito al vedere come il direttore dell’azienda veniva considerato. Infatti, quando i segretari od altri impiegati dell’azienda entravano nella sala, facevano profonde riverenze. Colpito dalla stranezza, chiese il perché di quell’atteggiamento. Allora gli dissero che, in generale, i direttori aziendali  in Giappone appartengono all’alta nobiltà e vengono trattati, sino ad oggi [1970], con tutto il rispetto con cui il plebeo si relazionava con la nobiltà nell’epoca feudale.

 Purtroppo, salvate le onorevoli eccezioni, l’alta nobiltà occidentale perse il suo status nella società attuale. In Giappone, invece, la nobiltà non ha perso il suo status e continua a dirigere il mondo aziendale. È la nobiltà che, rimanendo al comando delle aziende, è un importante fattore di propulsione economica del paese.

(Plinio Correa de Oliveira - trascritto da “Catolicismo”, n. 628, Aprile 2003, www.catolicismo.com.br)

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