Gli eventi celebrati oggi [Domenica delle Palme], e in tutta la settimana entrante, offrono ai cattolici, nei giorni tempestosi che viviamo, lo spunto per una utilissima meditazione politica. Vi sono errori molto dannosi che non di rado dilagano tra i cattolici brasiliani, e la Settimana Santa è una straordinaria occasione di smascherarli. Come capita sovente, questi errori non provengono da premesse false, ma da quelle incomplete. Sono errori causati da una visione parziale e gretta delle cose. Solo una meditazione accurata, fatta alla luce di considerazioni naturali o di argomenti ispirati a motivi soprannaturali, può evidenziare il cattivo germe che in essi si cela.
Il primo di questi errori consiste nel qualificare di inefficiente l’azione della Chiesa quanto alla soluzione della crisi contemporanea. Si va dicendo, in certi ambienti cosidetti cattolici – che non per questo sono tali – nonché in un certo settore che crede o afferma di essere vicino ai cattolici, che la Chiesa non è più sufficiente per affrontare il comunismo. (…)
Il Santo Padre Leone XIII - e, dopo di lui, tutti i Pontefici lo hanno ripetuto - dice che il comunismo è un male dall’origine eminentemente morale. Non sono tanto i fattori economici o politici che generano il movimento comunista. Sopra ogni cosa, più di tutto, è stato il crollo morale della civiltà odierna a causare il comunismo. Questa crisi morale generò le crisi economiche, sociali o politiche. E soltanto quando questa sarà risolta, verranno risolti i problemi riguardanti le finanze, l’organizzazione politica e la vita sociale dei popoli contemporanei.
Inoltre, la soluzione di questo problema morale si trova soltanto nell’azione della Chiesa, perché solo il Cattolicesimo, armato con le sue risorse soprannaturali e naturali, possiede il meraviglioso dono di produrre nelle anime i frutti di virtù indispensabili perché fiorisca la civiltà cattolica.
Quel che stiamo dicendo è direttamente preso dalle Encicliche. Basta aprirle per trovare ciò che abbiamo appena affermato.
Quindi, una delle due: o i Papi si sono sbagliati, oppure dobbiamo riconoscere che solo il Cattolicesimo salverà il mondo dalla crisi in cui è sommerso. (…) Se è vero che soltanto la Chiesa può portare rimedio ai mali contemporanei, è solo nelle sue schiere che dobbiamo cercare di combattere per eliminarli. C’interessa poco se altri non fanno il loro dovere. Noi facciamo il nostro. E, quando avremo fatto tutto il possibile, non saremo responsabili se la valanga scenderà a valle. Perché, quand’anche perissero il Brasile e il mondo intero, quand’anche la Chiesa fosse devastata dai lupi dell’eresia, la Chiesa è immortale. Riemergerà intatta dalle acque torbide del diluvio. Ed è dal suo sacro seno che dopo la tempesta usciranno, come Noè dall’arca, gli uomini che potranno fondare la civiltà di domani.
Ma è questa la battaglia che certi cattolici non vogliono combattere. Come i giudei, a loro Gesù Cristo piace solo quando è sul suo trono di gloria, soltanto Gli sono fedeli nei giorni simili alla Domenica delle Palme, quando la folla lo acclama e copre il suo cammino con le proprie vesti. Poiché per loro Cristo dev’essere un re terreno e sperano che domini su tutto il mondo. E se, per qualche tempo, l’empietà degli uomini lo riduce da Re a Crocefisso, da Sovrano a Vittima, non ne vogliono più sapere di Lui.
Tuttavia Cristo volle passare per tutti gli obbrobri, tutte le vessazioni, tutte le umiliazioni, mostrando in anticipo che anche la storia della Chiesa avrà i suoi calvari, le sue umiliazioni, le sue sconfitte e che la fedeltà era ed è molto più meritoria sul Golgota che sul Tabor.
Fu per impartire una lezione a una gente così che Nostro Signore si sottomise sul Calvario a tutte le umiliazioni.
Però, fu per insegnare a una gente differente che Egli volle la gloria della Domenica delle Palme.
Infatti, ci sono persone dotate di una mentalità detestabile che giudicano assolutamente naturale che il Redentore soffra, che la Chiesa sia vessata, umiliata, perseguitata. È gente che fa i propri comodi, “cujus deus venter est” – “che hanno per dio il proprio ventre” Dicono: “È la Passione di Cristo che si ripete”. Ma, mentre questa Passione si ripete, continuano con la loro vita grassa e comoda, con le orge, con le impudicizie, con l’esacerbare tutti i sensi e praticare tutti i peccati.
Proprio per questi individui fu preparata la frusta con cui i mercanti furono scacciati dal Tempio.
Non è affatto vero che dobbiamo incrociare le braccia di fronte agli assalti dei nemici della Chiesa. Non è affatto vero che dobbiamo dormire mentre la Passione si rinnova. Lo stesso Signore raccomandò che gli apostoli vegliassero e pregassero. E, se è vero che dobbiamo accettare la sofferenza della Chiesa con la stessa rassegnazione con cui Nostra Signora accettò i patimenti di suo Figlio, non è meno esatto che sarebbe per noi un motivo di condanna eterna se ci ponessimo di fronte ai dolori del Salvatore con la sonnolenza, l’indifferenza e la codardia dei discepoli infedeli.
La verità è questa: dobbiamo stare sempre con la Chiesa “perché solo lei ha parole di vita eterna”. Se è attaccata, lottiamo per lei. Lottiamo come martiri, pronti a combattere fino all’effusione del sangue, fino all’ultima possibilità della nostra energia e intelligenza. Se nonostante tutto questo sforzo la Chiesa continua a essere oppressa, allora soffriamo con lei come San Giovanni Evangelista ai piedi della Croce. E siamo certi che, in questo mondo o nell’altro, Gesù Misericordioso non ci priverà di quello splendido premio che consisterà nell’assistere alla sua gloria divina e suprema.
(Plinio Corrêa de Oliveira, estratti di un articolo pubblicato sul “Legionario”, nº 236, 21 Marzo 1937)
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