martedì 12 giugno 2018

Che cos'è l' "eresia bianca"?


La combattività esige uno spirito eroico. L'eroismo è la caratteristica primaria non solo della cavalleria, ma della santità. Non ci riferiamo solo al grande numero di santi combattenti canonizzati dalla Chiesa, ma alla santità che, in quanto tale, presuppone l'esercizio eroico delle virtù.

Sotto quest'aspetto, afferma Plinio Corrêa de Oliveira, "ogni cavaliere dovrebbe essere un santo, nel vero senso della parola. Se le sue condizioni di vita dovessero cambiare - ad esempio, se capitasse che un cavaliere del re e crociato Baldovino il Lebbroso venisse trasportato attraverso i secoli e nominato Cardinale Segretario di Stato di san Pio X - egli si adopererebbe in favore di quest'ultimo, in quanto cardinale della curia Romana, allo stesso modo del cardinale Merry del Val.

Sta nell'essenza del cavaliere affrontare ostacoli enormi.

Per sconfiggerli: dedizione, amore a Dio, alla Madonna e alla Santa Chiesa; e ancora, generosità e dono di sé. Perciò la persona deve subire due forme di martirio. La prima è quella di condurre una vita che non meriterebbe di essere vissuta, se non ci fosse il desiderio del soprannaturale, a causa della fede. Perché se non avesse la fede, la persona non accetterebbe mai una vita simile. In secondo luogo, è andare avanti fino al martirio, qualora ve ne sia bisogno, con la grazia speciale che Dio concede al martire nell'ora X che non è la stessa grazia che uno ha finché non è giunto quell'esatto momento.
Con ciò è definito il santo".

San Luigi Gonzaga, san Stanislao Kotska e san Giovanni Berchmans furono tre santi in cui brillò in maniera sovreminente la castità. Essi esercitarono in grado eroico questa virtù, che arrivò al punto tale da far dimenticare il loro eroismo. "Ma Dio ha costituito i cavalieri come una famiglia di anime, che sta all'eroismo come i tre santi gesuiti stanno alla purezza, quali personificazioni della purezza. I cavalieri sono simili, e in loro si percepisce l'eroismo come in san Giovanni Berchmans si percepiva la purezza. La Provvidenza ha creato la Cavalleria affinché essa potesse realizzare, in modo super-eccellente, l'opera della glorificazione dell'eroismo; infatti, tutte le altre virtù hanno un così grande valore quando vengono praticate in grado eroico, che ci fanno quasi dimenticare l'eroismo".

Questa concezione militante della vita è, per Plinio, un'espressione dell'amore verso il prossimo. In Paradiso ameremo senza bisogno di immolarci, ma sulla terra la carità presuppone il sacrificio. La combattività è dunque una forma di immolazione. "La combattività ha una forma speciale di bellezza, quella dell'immolazione. Se prendiamo la parola 'immolazione'- non nel senso di colui che si lascia trucidare, ma nel senso di colui che lascia tutto quanto ha di suo, rinuncia a tutto ciò che è suo, per immergersi più interamente nello sforzo della lotta, per amore a qualcosa che va al di là di quello che è suo, e perfino al di là di ciò che è di altri - comprendiamo il motivo per cui, chi è guerriero per intero, è anche un cavaliere".

"La fede capace di ispirare l'eroismo è quella che ha uno spirito militante. Per noi, è sinonimo dell'amore alla croce, perché la nostra croce va portata alla maniera dei cavalieri. La nostra croce sta nell'essere 'cavallereschi'".

Il XIX secolo è stato un'epoca di grande rinascita spirituale, soprattutto in Francia. La nazione che più profondamente era stata colpita dall'uragano della Rivoluzione, vide svilupparsi, come reazione, una nuova atmosfera di devozione e di pietà e un forte movimento di affermazione dei diritti della Chiesa, detto ultramontano.

Agli ultramontani si opposero i cattolici liberali che rifiutavano l'atteggiamento di categorica opposizione alla Rivoluzione e tentavano di stabilire forme di accomodamento con il mondo moderno. Essi erano disposti a rinunciare all'affermazione pubblica dei diritti della Chiesa, pur di mantenere la libertà di culto e di religione.

A questa posizione corrispondeva la tendenza ad una religiosità intima e sentimentale, che faceva prevalere il motivo soggettivo della salvezza della propria anima su quello oggettivo della gloria di Dio e de, soprattutto, rinunciava all'eroismo. Questo atteggiamento spirituale intimistico era la conseguenza della separazione liberale tra ordine religioso e quello temporale. I cattolici erano spinti abbandonare il terreno politico e sociale per rifugiarsi nelle loro pratiche devozionali. Il nostro autore attribuisce una forte responsabilità di questo cambiamento al rettore del seminario di Saint-Sulpice, mons. Emery, di cui analizza il ruolo ambiguo nella Rivoluzione francese.

Molti cristiani, nel 1792, affrontarono il martirio, e sono oggi canonizzati, per aver rifiutato quel giuramento "liberté-egalité" che Emery consigliò di prestare.

Egli non fu un adepto della Rivoluzione francese, ma fu il progenitore di quel "terzo partito" che cercava di trovare un punto di incontro, più pratico che ideologico, tra la Chiesa e la Rivoluzione. A mons. Emery risale quello spirito di conciliazione e di concessioni che tende a subordinare la Chiesa al mondo, nella convinzione che il mondo non possa essere pienamente convertito dalla Chiesa.

Ma se contro il liberalismo cattolico vi fu una vigorosa reazione, che ebbe il suo manifesto nel Sillabo di Pio IX, non avvenne un'analoga controffensiva contro questo atteggiamento spirituale. Plinio definì questa tendenza al compromesso dello spirito "eresia bianca", allo "stesso modo in cui dom Chautard parla di 'eresia delle opere", intendendo con questo termine non un'eresia dottrinale, ma "una forma di religiosità o di azione in cui la virtù viene concepita come qualcosa di estraneo all'eroismo, o eroica ma soltanto su una rotaia".

L'eresia bianca si oppone diametralmente allo spirito di sant'Ignazio e delle crociate. "Il crociato medievale aveva spesso lidi che la guerra era solo quella che aveva luogo sul campo di battaglia.. Sant'Ignazio di Loyola amplificò la nozione, estendendola alla vita intera: tutto diventò lotta. Poi, è arrivata l'eresia bianca, e ha dichiarato: tutto è non-lotta, eccetto la guerra. È una regressione, poiché sant'Ignazio aveva esteso il concetto; e noi dobbiamo ampliarlo ancor di più, in questo senso: tutto nella vita è soprattutto lotta. Non affermiamo che 'tutto è lotta', ma 'tutto è soprattutto lotta, il senso principale di ogni cosa è la lotta".

Oggi all'eroismo rischia di sostituirsi uno spirito di accomodamento con il mondo, al primato della gloria di Dio quello della salvezza della propria anima. In realtà, come ben sottolinea dom Pollien, ciò che di più elevato dobbiamo vedere nella religione non è la nostra salvezza, ma la gloria di Dio. La religione consiste infatti più nel rispettare i diritti di Dio che nel salvare le proprie speranze; più nel glorificare Dio, che nel render beato sé stesso. L'essenziale della religione è l'onore di Dio; l'accessorio è la felicità dell'uomo che segue necessariamente l'onore di Dio.

Caratteristica dell'eresia bianca è l'estinzione delle passioni più nobili che possono guidare un cristiano: l'amore alla giustizia in quanto tale, l'odio al peccato, la volontà di sterminare il male.
Nasce perciò un nuovo tipo di cattolici, privi di grandi idee e orizzonti dottrinali, ma anche privi di grandi passioni, a cominciare dalla capacità di odio, di indignazione e di collera.

La dissociazione tra virtù ed eroismo è l'inizio di una decadenza spirituale, che Plinio riassume in questi tratti:

"A partire dal momento in cui è cominciato il declino dell'ideale della cavalleria, i sofismi subconsci apparsi all'interno della pietà dei fedeli sono i seguenti:

1º - L'eroismo e la santità sono due cose distinte; si può essere eroe senza essere santo, e perciò, quando veneriamo un santo, stiamo venerando delle virtù distinte dall'eroismo. Ad esempio: la purezza di san Luigi di Gonzaga o la sapienza di san Tommaso di Aquino. Risultato: un santo non ha bisogno di essere eroico.

2° - L'eroismo, per sua natura, è più aderente alla sfera laica che non a quella religiosa. Il sacerdote non è un eroe, nel senso comune della parola. Un sacerdote, divenuto più tardi vescovo, mi disse che il sacerdote è un essere intermedio fra uomo e donna. I sacerdoti non hanno familiarità con l'idea dell'eroismo quale era inculcata dalla Cavalleria, cioè, quell'eroismo che può pervadere tutte le forme della virtù della fortezza.

3° - L'eroe, a guardarlo bene, è un uomo sbagliato, allo stesso modo in cui il poeta, a guardarlo bene, è un pazzo. Si dice allora che è uno che ha uno spirito unilaterale, o senza viscere, o senza cuore, ma sempre e comunque è un essere sbagliato.

4º - La vita umana trova la pienezza del suo significato e della propria realizzazione senza che ci sia bisogno di combattimento. Dunque, meglio che non vi siano combattimenti. Ogni infortunio, ogni difficoltà che ci obblighi alla lotta è una sventura. Il quieto vivere diventa l'essenza della vita".

Tratto dal libro "Plinio Corrêa de Oliveira, Apostolo di Fatima e Profeta del Regno di Maria", di Roberto de Mattei - Edizioni Fiducia 2017, con Prefazione di S.E. mons. Athanasius Schneider.




San Luigi IX di Francia, Re e Crociato, all'assalto di Damietta, in Egitto




(I grassetti sono nostri)


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