sabato 23 giugno 2018

Dichiarazione dell'Istituto Plinio Corrêa de Oliveira

DI FRONTE AL “CAMBIO DI PARADIGMA”

DI PAPA FRANCESCO:
 RESISTERE COME INSEGNA SAN PAOLO

Quarantaquattro anni fa il pensatore cattolico brasiliano Plinio Corrêa de Oliveira sentì il dovere di prendere posizione pubblicamente di fronte alla détente della Santa Sede con i governi comunisti di allora. Lo fece con una dichiarazione che si intitolava La politica di distensione vaticana verso i governi comunisti: cessare la lotta o resistere?

Era un momento culminante della Guerra Fredda, in cui l’ideologia rossa stava conquistando parti considerevoli del pianeta. Alla luce della Storia, l’innalzarsi di quella voce di rispettosa resistenza all’autorità ecclesiastica costituì un gesto di grande chiaroveggenza.

In questi decenni nessuno ha mai contestato né la legittimità né il diritto che spetta ai fedeli cattolici di assumere una posizione simile, visto che, come recitava all’epoca la menzionata dichiarazione:
     “La Chiesa non è, la Chiesa non è mai stata, la Chiesa non sarà mai un tale carcere per le coscienze. Il vincolo di ubbidienza al Successore di Pietro, che mai romperemo, che amiamo dal più profondo della nostra anima, al quale tributiamo il meglio del nostro amore, questo vincolo noi lo baciamo nel momento in cui, macerati dal dolore, affermiamo la nostra posizione. E in ginocchio, fissando con venerazione la figura di S.S. Papa Paolo VI, noi gli manifestiamo tutta la nostra fedeltà. Con questo atto filiale diciamo al Pastore dei Pastori: la nostra anima è Vostra, la nostra vita è Vostra. Ordinateci ciò che desiderate. Solo non comandateci di incrociare le braccia di fronte al lupo rosso che attacca. A questo si oppone la nostra coscienza”.

Come discepoli del leader cattolico brasiliano che prendono a modello quello stesso spirito filiale allo stesso tempo sincero e leale, i membri dell’Istituto Plinio Corrêa de Oliveira (IPCO) seguono con grande attenzione la vasta gamma di dichiarazioni e di fatti che hanno contraddistinto questi cinque anni di pontificato di Papa Francesco, alcuni dei quali hanno una portata ancor più significativa della Ostpolitik vaticana di quegli anni.

Nel presente contesto, l’IPCO ritiene necessario analizzare e discernere i limiti inerenti ai pronunciamenti non investiti della formula “ex cathedra” o che semplicemente non riguardano direttamente la Missione affidata da Nostro Signore ai suoi apostoli. Già la citata dichiarazione scritta nel 1974 evidenziava che l’assistenza garantita dallo Spirito Santo affinché il Papa possa parlare con il privilegio dell’infallibilità, ha confini ben definiti dal Concilio Vaticano I, fuori dei quali “in certe materie o circostanze  la debolezza cui sono soggetti tutti gli uomini può influenzare e persino determinare (la) attuazione (del Papa)”.

È con questo decisivo presupposto che l’IPCO presenta oggi il libro del suo collaboratore José Antonio Ureta, intitolato “Il ‘cambio di paradigma’ di Papa Francesco. Rottura o continuità nella missione della Chiesa? Bilancio quinquennale del suo pontificato”.

Basato su un ricco apparato di fonti, lo studio constata come, nelle parole dello stesso Pontefice, si vanno facendo largo concetti quali “cambio di paradigma” e “rivoluzione culturale” per definire le profonde innovazioni che si stanno introducendo. Sulla scia di tali espressioni, alcuni teologi e pastori arrivano a sostenere la necessità di tornare a concepire in modo radicalmente nuovo la Chiesa nella sua struttura, nella sua dottrina, nella sua prassi pastorale e nel suo modo di rapportarsi con il mondo contemporaneo.


Ciò costituisce una sfida per la coscienza di un numero crescente di cattolici che intravedono nel “cambiamento di paradigma” una discontinuità con un magistero e una disciplina rimasti immutabili per secoli, il che li porta a domandarsi: È legittimo per i fedeli resistere in determinate circostanze all’autorità ecclesiastica, incluso a quella del Sommo Pontefice? È possibile che oggi ci troviamo in una situazione analoga a quella che portò l’Apostolo San Paolo a resistere al primo Papa (Gal 2,11)? Nelle pagine del libro, insieme ad una visione panoramica di cinque anni di pontificato, il lettore troverà risposte chiare e argomentate a queste domande, nell’ambito della dottrina e in quanto alla condotta da tenere.

Tanto l’autore del libro quanto l’IPCO che lo promuove vorrebbero in ogni caso formulare dette risposte in armonica continuità con le stesse parole che Plinio Corrêa de Oliveira aveva utilizzato nell’anno 1974: “Che fare? (…) Padri della Chiesa, Dottori, moralisti e canonisti - molti dei quali elevati agli onori degli altari - sostengono la legittimità della resistenza. Una resistenza che non è separazione, non è rivolta, non è acrimonia, non è irriverenza. AI contrario, è fedeltà, è unione, è amore, è sottomissione. (…) Nel senso in cui San Paolo resistette, il nostro stato è di resistenza. E in questo trova pace la nostra coscienza”.

San Paolo, Brasile, 23 giugno 2018

Vigilia della Festa di San Giovanni Battista


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