lunedì 28 aprile 2008

Christianus alter Christus

La vera pazienza.


L’odio levatosi contro di te è stato tanto forte che l’autorità stessa di Roma, che giudicava il mondo intero, si piegò vigliaccamente, si ritirò e cedette davanti all'odio di quanti ti volevano uccidere senza nessuna ragione. L'alterigia romana, vittoriosa sul Reno, sul Danubio, sul Nilo e sul Mediterraneo, si è annegata nel bacile di Pilato.

"Christianus alter Christus", il cristiano è un altro Cristo. Se fossimo realmente cristiani, cioè realmente cattolici, saremmo altri Cristi. E inevitabilmente dovrebbe soffiare anche contro di noi, con furia, il turbine di odio che si è levato contro di Te. E come soffia, Signore! Abbi compassione, Dio mio, e dà forza al povero ragazzo che, in collegio, è odiato dai suoi compagni perché confessa il tuo nome e rifiuta di profanare l'innocenza delle proprie labbra con parole impure. L'odio, sì. Forse non l'odio nella forma di un'invettiva grossolana e feroce, ma nella forma terribile dello scherno, dell'isolamento, del disprezzo. Dà forza, mio Dio, allo studente che esita a proclamare il tuo nome in piena classe, di fronte a un professore empio e ai compagni che lo deridono. Dà forza, mio Dio, alla ragazza che deve proclamare il tuo nome rifiutando di vestire gli abiti imposti dalla moda, perché per la loro stravaganza o la loro immoralità non si accordano con la dignità di una cattolica autentica. Dà forza, mio Dio, all'intellettuale che vede chiudersi davanti a se le porte della notorietà e della gloria perché predica la tua dottrina e confessa il tuo nome. Dà forza, mio Dio, all'apostolo che subisce l'aggressione impietosa degli avversari della tua Chiesa, e l'ostilità mille volte più penosa di molti che sono figli della luce, solo perché non consente alle diluizioni, alle mutilazioni, alle unilateralità con cui i cosiddetti "prudenti" comprano la tolleranza del mondo per il loro apostolato.

Mio Dio, come sono astuti i tuoi nemici! Sentono che nel linguaggio di questi falsi prudenti si insinua (dice nelle false righe) che Tu non odi né il male, né l'errore, né le tenebre. E allora i tuoi nemici applaudono i prudenti secondo la carne, come ti avrebbero applaudito a Gerusalemme, invece di ucciderti, se ti fossi rivolto a quelli del Sinedrio con lo stesso linguaggio.

Signore, dacci forza, non vogliamo né patteggiare, né battere in ritirata, né transigere, né diluire, né permettere che si scolori sulle nostre labbra la divina integrità della tua dottrina. E se sopra di noi viene ad abbattersi un diluvio di impopolarità, la nostra preghiera sia sempre quella della sacra Scrittura: "Ho scelto di essere abbietto nella casa del mio Dio, piuttosto che abitare nelle tende dei peccatori" (Sal. 83, 11).

Ma per questo, Signore, ci vuole pazienza. Pazienza è la virtù per la quale si soffre in vista di un bene maggiore. Quindi pazienza è la capacità di soffrire per il bene. Dunque, ha bisogno di pazienza il malato che, oppresso da un male incurabile, accetta con rassegnazione il dolore ché gliene deriva. Ha bisogno di pazienza chi si piega sui dolori altrui, per consolarli come consolasti, Signore, quanti venivano a te. Ha bisogno di pazienza chi si dedica all'apostolato con carità invincibile, attirando amorevolmente a Te le anime che vacillano sulle vie dell'errore o nel pantano della concupiscenza. Ha bisogno di pazienza anche il crociato che prende la croce e va a combattere contro i nemici della Santa Chiesa. È una sofferenza prendere l'iniziativa della lotta, formare e sostenere in sé stessi sentimenti di combattività, di energia, di battaglia; vincere l'indifferenza, la mediocrità, la pigrizia, e lanciarsi come un degno discepolo di colui che è il Leone di Giuda sull'empio insolente che minaccia il gregge del nostro Signore Gesù Cristo. Sublime pazienza di quanti lottano, combattono, prendono l'iniziativa, si fanno avanti, parlano, proclamano, consigliano, ammoniscono e sfidano da soli tutta la superbia, tutta la boria, tutta l'arroganza del vizio insolente, del difetto elegante, dell'errore simpatico e popolare!

Tu, Signore, sei stato un modello di pazienza. Tuttavia la tua pazienza non è consistita nel morire schiacciato sotto la croce quando te l'hanno data. Una pia rivelazione racconta che quando ricevesti dalle mani dei carnefici la tua croce, la baciasti amorosamente e, prendendola sulle spalle, con invincibile energia la portasti fin sulla cima del Golgota.

Dacci, Signore, questa capacità di soffrire. Di soffrire molto. Di soffrire tutto. Di soffrire eroicamente, non solo sopportando la sofferenza, ma andandole incontro, cercandola e caricandocene fino al giorno in cui avremo la corona della vittoria eterna.

(Plinio Corrêa de Oliveira)

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